
Tra tutti i grandi Maestri contemporanei cui va riconosciuto un impegno fortemente orientato alla salvaguardia e difesa dell’essenza dello Yoga, un ruolo di primo piano è quello di Svāmī Gitananda Giri.
Il suoi saggi sugli Yogasūtra di Patañjali rappresentano una pietra miliare d’importanza fondamentale per tutti i sinceri ricercatori della Tradizione UNA.
La sintetica chiarezza espositiva di cui sono profusi, illumina in modo esemplare tutti gli aspetti basilari della Tradizione, consentendo di identificare con certosina precisione le distorsioni ed alterazioni di cui lo Yoga classico è fatto oggetto nella nostra epoca.
Per questo lo riteniamo uno strumento indispensabile sia per i neofiti (che potranno in tal modo essere edotti sui rischi di un approccio adulterato e corrotto alla scienza dello Yoga) sia per i ricercatori più esperti che hanno già intrapreso la Sādhana (che potranno trovare conferma dei dubbi sull’effettiva ortodossia iniziatica di gran parte dei presunti maestri e delle organizzazioni da essi create).
Se il compito fondamentale per ogni sincero ricercatore è rappresentato dalla salvaguardia dei principi essenziali della Tradizione, operando un’accurata discriminazione rispetto a tutti gli inquinamenti contro-iniziatici, allora l’Opera di Svāmī Gitananda Giri potrà costituire una fonte preziosa di Significati anagogici ed indicazioni operative utili sia a ‘togliere’ gran parte dei veli che ostacolano il cammino, sia ad evitare accuratamente i ‘falsi sentieri’ che conducono nell’abisso.
Nei confronti di Svāmī Gitananda Giri, abbiamo un rispetto ed un Dovere esistenziale analogo a quello verso Śrī Svāmī Cidananda e Śrī Svāmī Sivananda: far conoscere il loro insegnamento e la loro eredità. Tra tutti i grandi Maestri contemporanei, a loro va riconosciuto un impegno fortemente orientato alla salvaguardia e difesa dell’essenza dello Yoga. Svāmī Gitananda Giri, “con il suo travolgente carattere e carisma, i suoi discorsi incisivi, talvolta avveniristici, altre volte provocatori….. già negli anni ’60 additava i problemi di ecologia, metteva in guardia sull’assuefazione ai mezzi tecnologici, sul pragmatismo esasperato e, ancora, sugli svantaggi della tecnocrazia”[1]
Forse più che ad ogni altro dobbiamo a Svāmī Gitananda Giri il sistematico richiamo all’integralità dello Yoga, di cui sottolinea ed evidenzia in continuazione il carattere ‘globale’, non riducibile a comode versioni che ne storpiano e vanificano il Significato.
Non a caso, nell’introdurre i saggi di Svāmī Gitananda Giri sugli Yogasūtra di Patañjali, Yogacharini Meenakshi Devi Bhavanani pone l’accento sul fatto che:
“Gli studenti di Yoga dell’era moderna Sono soliti lamentarsi della poca chiarezza e dell’oscurità proprie degli Yogasūtra di Patañjali. In quest’epoca di gratificazioni immediate, in cui si bramano i frutti della conoscenza e della spiritualità senza però volersi sottoporre allo sforzo di una pratica disciplinata, sādhanā, questo atteggiamento è comprensibile ma di certo non tollerabile. Tali idea fallace si addice probabilmente ai moderni ‘pop guru’ che, nella loro avidità di accumulare imperi spirituali, animati da folle di allievi, e corredati di tenute e ricchezze, producono molte impressioni sbagliate nella mente di coloro che si avvicinano alla veneranda scienza dell’ aṣṭāṅga yoga.”[2]
Senza dimenticare l’altro elemento fuorviante che caratterizza l’azione della contro-iniziazione nella nostra epoca:
“Negli ambienti spirituali contemporanei circola un’idea molto fuorviante secondo la quale è possibile imparare lo yoga sui libri, senza l’aiuto di un maestro. Esistono centinaia, se non migliaia di libri sullo ‘yoga fai da te’ che promettono, se non proprio l’illuminazione istantanea, qualcosa di molto simile, senza pretendere altro se non il tempo necessario per leggere il testo. Coloro che hanno un sincero desiderio di approfondire i principi dello yoga, quando si rivolgono alle antiche scritture a esso relative rimangono delusi; essi si scontrano, infatti, contro un muro, dal momento che buona parte dei testi antichi appare oscura, se non incomprensibile, ai ‘non iniziati’. La parola chiave è proprio ‘non iniziati’.“[3]
Queste lucide e incisive osservazioni ci portano ad affrontare l’essenza stessa del problema, ovvero le regole e il metodo della trasmissione della Sapienza nell’ambito della Tradizione:
“….I concetti spirituali ed esoterici dello yoga non sono mai stati trasmessi tramite la scrittura, bensì in forma orale. La conoscenza veniva tramandata esclusivamente all’interno della Tradizione dei Maestri, paramparayā, ovvero dalla bocca del Maestro all’orecchio dell’ allievo.”[4]
Solo ponendosi nella corretta prospettiva, conforme alla Tradizione, è possibile comprendere il Significato e lo scopo degli Yogasūtra di Patañjali. E’ e resta un dato in confutabile che:
“Gli antichi testi indiani dello yoga non sono mai stati concepiti come manuali atti a sviscerare la conoscenza sacra a chiunque fosse capace di leggerli! Essi erano redatti deliberatamente in un linguaggio oscuro , simbolico e criptico, comprensibile solo a chi fosse stato iniziato ai suoi segreti.“[5]
Occorre, a questo punto, focalizzare l’attenzione sul fattore altamente critico e pregno di esiti potenzialmente nefasti costituiti dalla diffusione indiscriminata dei testi della Sapienza tradizionale. Diffusione che accomuna lo yoga a quasi tutte le altre forme in cui la Tradizione UNA si manifesta. Il mantenere segreti i testi sapienziali era motivato dalla loro tutela:
“Ciò avveniva per proteggere gli insegnamenti, affinché non cadessero nelle mani di chi avrebbe potuto utilizzarli a sproposito o, addirittura, profanarli. I testi antichi come gli Yogasūtra trovavano una forma scritta solamente nella funzione di promemoria, per richiamare alla mente la conoscenza già acquisita attraverso la relazione Guru-celā [Maestro-apprendista].“[6]
Dovrebbe risultare chiaro, a questo punto, che:
“Gli Yogasūtra non furono trascritti per insegnare lo yoga al lettore, ma per aiutare l’aspirante a ricordare e riorganizzare i concetti che aveva già appreso in precedenza. Colui che ha avuto la fortuna di essere iniziato ad una paramparayā, a una tradizione riconosciuta, e di aver studiato ai piedi di un Maestro, troverà gli aforismi di Patañjali limpidi e chiari come la luce del giorno, poiché ha già assimilato il loro senso più profondo appena accennato nel testo.”[7]
Dopo queste necessarie premesse utili ad inquadrare il pensiero di questo Maestro possiamo proporre il suo richiamo a Patañjali, alla struttura in otto parti degli Yogasūtra e all’essenza esoterica dello Yoga:
“Questo Yoga [Yogasūtra di Patañjali], meglio conosciuto come Aṣṭāṅga Yoga, yoga dagli otto stadi, rappresenta una delle formulazioni più complete e raffinate sulla scienza dello yoga giunto dal lontano passato.”[8]
“Gli Yogasūtra non vogliono essere un manuale di yoga quanto, piuttosto, una sorta di codice segreto relativo a concetti spirituali ed esoterici che può essere decodificato solo da qualcuno che vi sia stato previamente iniziato.”[9]
Affermazioni non superflue, tenuto conto delle distorsioni e degenerazioni di vario ordine che rischiano di far perdere l’originaria purezza ed integralità dello Yoga; distorsioni e degenerazioni che non risparmiano Yama e Niyama, ovvero le basi fondanti dell’intero sistema:
“I traduttori di Patañjali continuano, a tutt’oggi, ad attribuirgli pensieri e concetti che rispondono al loro volere, ma che non sono fedeli all’idea originale del testo.
Ciò è assolutamente sbagliato; Patañjali tratta, infatti, la ‘scienza delle scienze’, chiamata yoga.
Non si possono alterare e modificare a proprio piacimento i termini di una scienza senza distruggerne la costruzione d’insieme.
Non si può credere che togliendo o aggiungendo dei dettagli la cornice globale rimanga intatta….Il lettore non ha alcun diritto di adulterare o manipolare tale sistema soltanto per capriccio, per rimediare alle proprie lacune nella conoscenza dello yoga o per trovare un alibi al proprio stile di vita non yogico…… Patañjali ha elaborato uno yoga completo nella prospettiva di un sistema a trecentosessanta gradi, in cui sono incorporati diversi yoga.
In tale ottica risulta, invero, assurdo e sbagliato tagliare o ignorare completamente alcun rami, āṅga, dell’Aṣṭāṅga Yoga, perché non si adattano al proprio stile di vita.
Nei tempi moderni purtroppo si osserva la tendenza, oramai molto diffusa tra coloro che praticano yoga, a dedicarsi agli āsana e ai prāṇāyāma tralasciando totalmente l’osservanza degli Yama e dei Niyama, i prerequisiti di etica e moralità, basilari per una vita ispirata allo yoga.”[10]
L’importanza di Yama e Niyama emerge ancora più chiaramente nella lucida analisi degli stravolgimenti cui è fatto oggetto lo Yoga nei nostri tempi, con riferimento al Kriyā Yoga, argomento del secondo pāda:
“La sādhanā è lo yoga nella sua corretta interpretazione. Si noti che il kriyā-yoga di Patañjali include gli ultimi tre niyama, le regole etiche del secondo stadio dell’aṣṭāṅgayoga.
Il completo rispetto delle cinque astensioni, pañca-yama, e delle cinque osservanze etiche, pañca-niyama, è presentato come la vetta più alta del kriyā-yoga da almeno due commentatori dei sūtra.
Il termine kriyā-yoga usato da Patañjali non dovrebbe essere associato a quei sistemi fittizi di yoga propinati attualmente a chi si avvicina con entusiasmo e ingenuità a tale disciplina.
Alcune delle pratiche insegnate nei suddetti ‘sistemi’ non sono altro che esercizi fisici o, al massimo, kriyā attinte allo hatha-yoga; prāṇa-kriyā, modificazioni del respiro, o qualche deformazione di kriyā del laya-yoga o di kuṇḍalinī-kriyā. Deve risultare ovvio che nessun insegnante o Maestro autentico di yoga insegnerebbe il kriyā-yoga a nessun altro se non a dei discepoli altamente qualificati, adhikārin.
Un simile ‘falso’ kriyā-yoga viene spacciato per vero in tutto il mondo a una moltitudine inimmaginabile di bhogin, gaudenti, e di rogin, malati. Il kriyā-yoga autentico esiste effettivamente e lo si trova perfettamente illustrato negli insegnamenti di Mahaṛṣi Patañjali nei suoi pregevoli yogasūtra.”[11]
Con Svāmī Gitananda Giri ci troviamo di fronte ad una manifestazione che ha una caratteristica peculiare, se non esclusiva: l’essere una dimostrazione vivente della validità ed attualità del potente strumento di liberazione ed illuminazione costituito dagli Yogasūtra di Patañjali nella loro originaria ed incorrotta globalità. Non a caso, nel tributare omaggio a Svāmī Gitananda Giri, Sundram Iyengar abbia utilizzato queste parole:
“Maharishi Svāmī Gitananda Giri esprime un amore, un rispetto e una comprensione intuitiva dell’essenza dell’ Aṣṭāṅga Yoga di Patañjali davvero impareggiabili……Un grande pioniere con uno spirito audace e avventuroso….. attento a sottolineare che il vecchio deve essere rivitalizzato ed integrato con la corsa precipitosa di una cultura in rapida evoluzione.
La sua storia personale yoghica così come quella dei suoi insegnamenti, sebbene saldamente radicata nell’antica saggezza dei ṛṣi, costituisce una lunga e illuminante narrazione di una vita originale, traboccante di personalità, freschezza, spontaneità ed eccezionalità.
La sua vita è uno splendido esempio vivente dell’affermazione della Bhagavadgītā ”Yogaḥ karmasu kauśalam”, ossia ‘ lo yoga è abilità nell’agire”.[12]
Per questo riteniamo di raccogliere e rendere disponibile a tutti i sinceri ricercatori la sua constatazione:
“Sconvolgente è scoprire che molti praticanti avanzati e insegnanti di yoga hanno una conoscenza limitata o inesistente dell’opera più importante di Patañjali.
Si deve constatare, tuttavia, la grande difficoltà esistente nel rintracciare una buona traduzione degli Yogasūtra. Non è facile raccomandare un opera singola, è preferibile compiere uno studio approfondito di molti autori su questo tema.”[13]
Sicuramente, tra i testi da studiare e meditare, per poi passare all’azione, La voce del re serpente. Saggi sull’Ashtanga Yoga di Patañjali, ha un posto di rilievo.
Coerentemente con il suo pensiero, non si tratta di un ennesimo commentario agli Yogasūtra, bensì di una serie di saggi che traboccano di Sapienza allo stato puro.
La disponibilità di un’ottima traduzione in italiano dell’originale è ulteriore motivo per proporne la lettura e meditazione integrale. [Come curatore, resta solo il rammarico che un’opera di tale importanza e spessore sia scarsamente conosciuta e, fatto ancor più grave, non sia presente negli scaffali delle principali librerie, (dove la sezione Yoga, spesso e volentieri, trabocca delle tante pubblicazioni inutili o peggio contro-iniziatiche accumunate dal comune obiettivo di ‘fare cassetta’).]
Alla trattazione di Yama e Niyama, ricorrente in tutta l’Opera, è dedicato il terzo saggio “Yoga-sādhanā: la disciplina dello yoga lungo l’ottuplice sentiero”[14]. Nel consigliarne la lettura integrale acquisendo il testo, ci limitiamo a citare le definizioni sintetiche tratte dal quarto saggio[15]:
“I pañca-yama sono le cinque astensioni morali che devono governare la vita di una persona che intraprende la pratica del Rāja-Yoga. Essi garantiscono il mantenimento del livello evolutivo nel quale si trova l’essere umano alla nascita; diversamente, se non si osservano tali principi, si regredisce alla natura animale o, ancora peggio, a quella sub-umana di rākṣa, demoni.
Ahiṃsā significa vivere una vita di non violenza da tutti i punti di vista, fisico, emotivo e mentale, permettendo soltanto alla spinta spirituale di agire verso l’esterno, inibendo così qualsiasi forza negativa.
Satya è l’aderenza alla verità e l’eliminazione di tutto ciò che è falso..
Asteya rappresenta l’attitudine di accettare solamente ciò che è stato guadagnato in armonia con la legge karmica secondo cui si raccolgono i frutti seminati. In senso strettamente letterale significa non rubare.
Brahmācarya presuppone la purezza fisica ed emotiva; è il controllo delle passioni e dei sensi. Implica anche, in un’accezione estrema, la castità.
Aparigraha comporta il non possedere più di quello che si può utilizzare, significa inibire l’avidità della propria natura inferiore.
I pañca-niyama sono le cinque regole etiche nobili alle quali l’allievo deve aspirare. Essi lo conducono da una natura bassa di tipo tamasico alla condizione rajasica del vīra, quindi alla natura pura o sattvica del divya. Si si anela alla condizione suprema si deve inevitabilmente sublimare la natura inferiore simile a quella di un animale e, con un comportamento fedele ai niyama, elevarsi a uno stato in cui le pratiche superiori dello yoga acquisiscono un valore duraturo.
Śauca, il primo dei cinque niyama, riguarda la pulizia interiore ed esteriore con ciò si intende mondare corpo, abiti, ambiente, emozioni e mente.
Saṃtoṣa è una condizione mentale tranquilla, pacifica e serena.
Tapas comprende l’austerità della dieta, la regolarità del sonno, l’astensione dal cibo e persino dal parlare, mauna, il silenzio. Tapas inoltre include tutte le altre discipline dello yoga.
Praṇidhāna o ātma-prasad è l’attenzione agli aspetti interiori della mente, il rivolgersi verso il Sé.”[16]
Concludendo questa presentazione con l’esortazione contenuta nella frase di chiusura; esortazione nella quale riecheggiano potentemente i Significati più profondi ben noti a coloro che camminano nel solco della Tradizione UNA.
“Nel corso di eoni, le guide spirituali hanno mostrato chiaramente il sentiero…..Si deve avere l’accortezza di percorrerlo con calma, cura e sensibile consapevolezza se non si vuole cadere nelle in innumerevoli trappole che attanagliano, a ogni passo, il praticante cercando di farlo scivolare dal filo del rasoio lungo il quale si procede.”[17]
Per coloro che desiderano approfondire l’insegnamento di questo grande Adepto:
- Yogamaharishi Dr. Svāmī Gitananda Giri, La voce del re serpente. Saggi sull’Ashtanga Yoga di Patañjali, Lakṣmī, ISBN: 978-88-96642-08-5
- Yogamaharishi Dr. Svāmī Gitananda Giri, YOGA. Teoria e pratica dello HAṬHA, Lakṣmi, ISBN: 9788896642436
- -Yogamaharishi Dr. Svāmī Gitananda Giri, Prāṇāyāma. La quarta perla dell’Ashtanga Yoga, Lakṣmi, ISBN: 978-88-96642-00-9
- Yogamaharishi Dr. Svāmī Gitananda Giri, Perfezioni nella PRATICA dello YOGA e del TANTRA, Lakṣmi, ISBN: 978-88-96642-41-2
- Yogamaharishi Dr. Svāmī Gitananda Giri, The Ashtanga Yoga of Patañjali, Satya Press, 1999
- Yogamaharishi Dr. Svāmī Gitananda Giri, Sūrya Namaskāra, Revised and Edited: Yogacharya Dr. Ananda Balayogi Bhavanani, Divyananda Creations, 2011
- www.gitananda-yoga.it

[1]Cfr. Yogamaharishi Dr. Svami Gitananda Giri, La voce del re serpente. Saggi sull’Ashtanga Yoga di Patanjali, Lakṣmī, ISBN: 978-88-96642-08-5, pg. 9
[2]Ibidem pg.12
[3]Ibidem
[4]Ibidem, pg 13
[5]Ibidem
[6]Ibidem
[7]Ibidem
[8]Ibidem, pg 23
[9]Ibidem, pg. 25
[10]Ibidem, pgg. 25-26
[11]Ibidem, pg.28
[12]Ibidem, pgg. 15-17
[13]Ibidem, pg. 34
[14]Ibidem pgg. 45 sgg.
[15]Ibidem, “Rāja-yoga: il sentiero regale della realizzazione spirituale”, pgg.59-61
[16]Ibidem, pgg. 59-61
[17]Ibidem, pg. 56