Nell’Ayurveda sono descritti:
- la dietetica (ahara)
- il modo di essere (vihara)
- la gestione del mentale e dei pensieri (manovyapara).
Il concetto di salute e benessere (svastha) è costituito dall’equilibrio globale dell’organismo (una coscienza integrata e forte) che si basa sul corretto funzionamento dei dosha, di agni, dei dathu, gli srotas, mala e ojas. Esso riguarda l’intera persona, sia sotto l’aspetto biologico, sia sotto quello psicologico e spirituale (la dimensione metafisica del concetto di salute è insita nell’antica tradizione vedica).
La terapeutica ayurvedica è molto complessa, sia perché si avvale di numerosi farmaci e procedimenti, sia perché è flessibile in rapporto a una quantità notevole di variabili (luogo, tempo, costituzione del paziente, etc.), sia, infine, per il fatto di essere contemporaneamente fondata su due diverse concezioni della malattia[2]:
- quella derivata dal Samkhya, dove l’alterazione patologica è uno squilibrio che compromette un equilibrio preesistente;
- quella mutuata dal Vaisesika, che riconosce alcuni “elementi”, tra cui i dosha, come fattori eziologici da riportare alla normalità con determinate terapie[3].
La presenza simultanea di questi due punti di vista implica che la concezione della malattia come squilibrio elimina ogni distinzione netta fra medicina preventiva e terapia; anche se la salute è un equilibrio legato all‘eredità familiare, la dieta e il regime di vita quotidiani possono o salvarlo o comprometterlo; per tale motivo gli autori classici dedicano perciò molta cura alla descrizione del modo migliore per nutrirsi e organizzare la propria giornata.
Una volta che la malattia si è manifestata, la terapia, non ha soltanto il compito di eliminarla con sostanze, qualità e azioni opposte a essa, ma anche quello di riportare all’equilibrio l‘insieme di corpo e mente. A ciò è legata la cura mirata ad evitare eccessi terapeutici per prevenire effetti collaterali e squilibri ulteriori[4]
A. La dietetica
Chi mangia una volta al giorno diventa Yoghi (persona spirituale).
Chi mangia due volte al giorno diventa Boghi (persona felice).
Chi mangia tre volte al giorno diventa Roghi (persona malata)[5]
(antico proverbio indiano).
Elemento fondamentale della vita è considerata la nutrizione, suddivisa in dietetica e alimentazione.
Non c’é nulla nel mondo che, in condizioni e situazioni
appropriate, non abbia utilizzo terapeutico.
Charaka Samhita, Sutrasthana, XXVI, 12
Sostanze dietetiche sono quelle che contribuiscono al generale nutrimento, rifornendo di energia l’organismo e reintegrando le risorse utilizzate;
- alimenti: sono cibi e spezie che si consumano quotidianamente, in cui predomina il gusto o rasa e servono a reintegrare gli elementi primari (i 5 elementi) per mantenere l’equilibrio dei dosha;
- farmaci: sono sostanze medicinali quali erbe e minerali che, in caso di malattia, ristabiliscono l’equilibrio dei dosha, distruggono l’ama e risanano i tessuti grazie alla loro efficacia terapeutica superiore a quella degli alimenti “comuni”.
Il principio fondamentale della dieta ayurvedica è espresso da Charaka: “mātrāśī syāt” (si mangi in quantità adeguata)[6], dove con le parole quantità adeguata ci si riferisce al risultato dell’attenta valutazione del medico basata su molte variabili, fra le quali la stagione, il tipo di cibo, la capacità di digerire e l’età[7].
…..I cibi leggeri come il riso, se presi in eccesso, sono meno dannosi di quelli pesanti; cibi come il pesce e lo yoghurt non devono essere consumati abitualmente; altri, come il sale, il meno possibile; altri ancora, come gli alimenti incompatibili fra loro o la carne degli animali morti di malattia, sono da evitare in ogni caso. La capacità di digerire (agnibala, o forza del fuoco) può essere accresciuta facendo esercizio fisico; l’ideale è consumare un pasto al giorno, tuttavia ne sono permessi anche due; il cibo dev’essere vario, ben condito, dotato di tutti e sei i sapori e gradevole agli organi di senso[8].
In Occidente sia Ippocrate (medico greco del 400 a.C. ca.: il cibo sia la tua sola medicina) sia Avicenna (medico arabo del Medioevo) consideravano fondamentale il ruolo dell’alimentazione per una buona salute.
L’Ayurveda descrive in dettaglio ciò che si deve mangiare o evitare secondo la natura individuale e secondo le circostanze e l’ambiente della persona inteso in senso ampio ( età, relazioni, stagione, disponibilità di risorse etc.).
I bisogni nutrizionali infatti possono cambiare anche ogni giorno a causa di molteplici fattori interni ed esterni: il dispendio energetico e l’impiego dei nutrienti per le necessità dell’organismo, l’eliminazione delle scorie, le variazioni della propria attività e quelle ambientali, interne ed esterne.
Nella dietetica (ahara) sono descritte le sostanze adatte ad una salutare alimentazione o alla cura delle malattie basandosi non sul contenuto in carboidrati, proteine, grassi, zuccheri e micronutrienti essenziali o calorie (considerati secondari dall’ayurveda), ma sulle caratteristiche, valore, funzione del cibo e suoi effetti sull’organismo secondo il sapore (rasa), l’energia (virya), l’effetto post digestivo (vipaka), l’effetto particolare o eccezionale (prabhava) e le qualità specifiche della sostanza (guna).
Per stabilire l’effetto del cibo ci si basa in particolar modo sul sapore, mentre guna, virya, vipaka e prabhava sono considerati soprattutto quando si usano le erbe per i rimedi o farmaci ayurvedici.
L’ayurveda insegna come gli alimenti sono influenzati dalle caratteristiche dell’ambiente in cui sono coltivati: la luce del sole, le piogge, l’inquinamento, il trattamento del terreno e le sue qualità, le coltivazioni vicine in caso di vegetali e il foraggio degli animali.
I germogli hanno un grande potenziale energetico e in essi prevale l’elemento Etere insieme all’aria; gli alimenti maturi sono ricchi di energia solare; i tuberi e le radici o rizomi hanno assimilato l’energia della Terra.
Le carni e i pesci portano in sé la natura dell’animale da cui provengono che dipende dal tipo di alimentazione in relazione alla natura dell’animale (carnivoro od erbivoro), da come è vissuto (ad esempio la qualità sarà pesante se l’animale è un bovino sedentario che rumina, più leggera se è un volatile che si muove), dalle condizioni di allevamento, dal modo in cui sono stati uccisi. Il terrore vissuto dall’animale provoca la produzione e l’immissione in circolo di ormoni quali l’adrenalina che “passano” a chi la mangia.
Il nutrimento inoltre si “impregna” in una certa misura anche dello stato d’animo di coloro che coltivano o allevano e di coloro che cucinano.
A tale ultimo proposito, si racconta che, in India, in casa, la donna più anziana decide l’uso delle spezie e del cibo, in relazione allo stato di salute dei membri della famiglia[9] .
La corretta e sana alimentazione è costituita da un’equilibrata assunzione dei 5 elementi e delle loro essenze energetiche sottili, in relazione alle necessità della propria costituzione (prakruti).
Rasa o Gusto
Per l’ayurveda è importante l’esperienza soggettiva del gusto dipendente dal continuo contatto che ogni individuo ha con il mondo esterno. Rasa, il sapore, il gusto, l’essenza che percepiamo nel cibo, si manifesta nel momento in cui introduciamo in bocca un alimento.
Esso è in un certo senso la manifestazione della sua essenza, il risultato dell’unione dei suoi elementi primari, dei guna e dei maha Guna. La parte o natura materiale del cibo deriva dalla combinazione dei 5 elementi e alimenta il corpo fisico; la sua essenza sottile composta dalle parti sottili dei 5 elementi (tanmatra) nutre i dosha e l’intelletto.
Il sapore del cibo appena viene a contatto con la lingua esercita un effetto immediato: si mescola alla saliva per dare avvio al processo della digestione che trasforma -grazie ad agni- gli elementi esterni in modo che essi possano essere assimilati per portare nutrimento all’organismo (dathu).
Sia gli alimenti sia le erbe (considerati come farmaci) sono classificati sulla base del loro sapore; in ogni sostanza predomina uno o più dei 6 sapori fondamentali definiti dall’ayurveda (oggi si tende a riconoscere un altro sapore, identificato ai primi del ’900 in Giappone: umami o saporito, il sapore del glutammato). Ogni sapore a sua volta contiene una specifica composizione degli elementi primari o maha-guna e delle 10 coppie di qualità di opposti (gurvasi guna).
Il gusto ha un “azione terapeutica” sui dosha che aumentano per effetto di quei cibi in cui l’elemento predominante è lo stesso del dosha: è per questo che si consiglia nelle scelte alimentari di tener presente qual è il proprio dosha costituzionalmente dominante.
Inoltre tutti dovrebbero preferire i cibi collegati al dosha predominante nei diversi periodi dell’anno. Lo squilibrio di un dosha si può verificare se un sapore è usato in eccesso per un certo periodo.
Nella Charaka Samitha si legge che per alleviare vata, pitta e kapha si usano rispettivamente olio, ghee e miele, poiché ognuna di queste sostanze ha natura opposta al dosha sul quale esplica attività benefica:
- olio: pesante, untuoso e caldo bilancia il leggero, freddo e secco vata
- ghee o burro chiarificato (senza caseina) è dolce, freddo e lento e bilancia il piccante, energico, caldo pitta
- miele energetico, secco e penetrante bilancia il lento, untuoso, apatico kapha
I sei gusti descritti dall’ayurveda sono: dolce, acido, salato, piccante, amaro, astringente; tutti diversamente contenuti negli alimenti.
Essi sono sempre elencati in quest’ordine: da quello che dà maggiore forza al corpo (sapore dolce) a quello che gliene dà di meno, il sapore astringente.
I sapori vengono anche divisi in 2 gruppi principali con effetti opposti:
- riscaldanti/rinfrescanti
- secchi/untuosi
Virya
È l’energia o potenza di una sostanza; è determinata dalle sue qualità abbinate per opposti: leggera-pesante, fredda-calda, untuosa-secca, inerte-penetrante. Le più importanti sono considerate calda-fredda (ad es.: peperoncino è riscaldante, mentre la banana è rinfrescante).
Vipaka
È l’effetto o sapore post digestivo.
Ogni cibo ha uno specifico sapore in bocca durante la masticazione e un sapore post digestivo (che dura a lungo, circa 12 ore) che può essere anche diverso. Quest’ultimo sapore non è percepito dalla lingua ed il suo effetto si deduce dai mutamenti a livello fisiologico[10].
L’ayurveda distingue 3 tipi di vipaka:
- dolce, caratteristico delle sostanze con rasa dolce e salato; la loro qualità è pesante e dunque accrescono kapha; il loro effetto è ammorbidente e fluidificante (feci e urine) e aumenta il fluido riproduttivo;
- acido, caratteristico delle sostanze con rasa acido; la loro qualità è leggera e accrescono pitta, hanno effetto ammorbidente e fluidificante (feci, urina) e diminuiscono il fluido riproduttivo;
- piccante, caratteristico delle sostanze con rasa piccante, amaro e astringente; hanno qualità leggera e aumentano vata, riducono feci, urina e fluidi riproduttivi.
Prabhava
Indica le eccezioni, i casi in cui alcune sostanze hanno effetti imprevedibili rispetto alle loro caratteristiche o diversi, pur avendo la stessa natura (nel caso cioè di identici rasa, varya e vipaka)[11].
Alcuni esempi:
- il prabhava del limone verde è dolce e non acido, quello dello zenzero è fresco e dolce con una punta di piccante,
- quello della banana acido, mentre il suo gusto di partenza è dolce;
- il basilico ha un energia riscaldante e un effetto rinfrescante (ottimo in caso di febbre);
- lo psyllium (isabgol), un’erba addensante di cui si usano i semi ridotti in sottili scaglie, preso con abbondante acqua -meglio se calda- serve ad attivare l’intestino, preso senz’acqua è usato in caso di diarrea.
Gli effetti di alcune erbe sono diversi anche a seconda della sostanza veicolante utilizzata.
L’aloe aiuta in genere tutte le sostanze ad entrare nell’organismo e ad agire più in profondità[12].
Guna
Secondo i Veda le sostanze nutritive hanno delle qualità intrinseche, derivanti dai 3 Guna (sattva, rajas e tamas) prevalenti in esse e dagli effetti che hanno sul funzionamento dell’organismo. Si tratta di 20 qualità accoppiate per opposti:
- pesante/leggero
- freddo/caldo
- untuoso/secco
- lento, inerte/ penetrante, acuto
- fermo/mobile
- morbido/duro
- chiaro, fluido/opaco, vischioso
- liscio/ruvido
- grossolano/sottile
- denso/liquido
Ad esempio, sono considerati:
- alimenti sattvici o vitali: frutti freschi e disidratati, grani germogliati, verdure. Apportano nutrienti preziosi (soprattutto se consumati crudi), leggerezza e purezza (poiché contribuiscono alla disintossicazione dell’organismo), forza, coscienza e calma.
- alimenti rajasici o energetici: cereali non raffinati, carboidrati in genere, legumi, grassi benefici. Apportano energia, resistenza, movimento.
- alimenti tamasici o strutturali: alimenti proteici, zuccheri ed alimenti raffinati, carni, cibi cucinati a fuoco troppo alto. Se scelti in certe categorie (proteine vegetali, pesci piccoli, uova non fecondate) apportano stabilità e contribuiscono alla formazione e mantenimento della struttura. Altrimenti prevalgono le qualità negative: pesantezza, perdita di vitalità, pigrizia e immobilità.

Bibliografia
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Sebastian Pole, Una vita autentica, Macroedizioni
Alessandra Loffredo, guidaIndia.com

[1]R. Sciuto, Corso Superiore di Formazione Yoga, ISFY; Anatomia, la digestione, Novembre 2015
[2]R. Sciuto, Corso Superiore di Formazione Yoga, ISFY; Anatomia, la digestione, Novembre 2015
[3]A. Comba, Scienza indiana: periodo classico. La medicina ayurvedica- Storia della Scienza (2001)
[4]A. Comba, Scienza indiana: periodo classico. La medicina ayurvedica- Storia della Scienza (2001)
[5]G. Geloso, Dal concepimento alla senescenza nella tradizione Ayurvedica, Ayurveda la scienza della vita – Il concetto di nutrizione in ayurveda , Università di Palermo, 2009, in cesmipalermo
[6]Carakasaṃhitā, Sūtrasthāna, V, 3
[7]A. Comba Scienza indiana: periodo classico. La medicina ayurvedica (Storia della Scienza 2001); La medicina ayurvedica, in treccani
[8]A. Comba Scienza indiana: periodo classico. La medicina ayurvedica (Storia della Scienza 2001) , La medicina ayurvedica, in treccani XXVI, 54-72
[9]M. Garbo, dalla sua vita in India, ayurveda-torino
[10]Questo concetto -insieme a quello del prabhava o eccezionalità- ricorda la differenza che oggi viene fatta nel campo della scienza della nutrizione Occidentale tra alimento acido e acidificante; basico e alcalinizzante.
Le qualità acido e basico sono proprie dell’alimento, mentre l‘acidificazione o l’alcalinizzazione sono riferite agli effetti sull’organismo dopo l‘ingestione. Questi effetti sono rilevati dalle ceneri che si depositano al termine del metabolismo. Un esempio: gli agrumi sono acidi , ma vengono considerati alcalinizzanti.
[11]F.J.Ninivaggi, Ayurveda, una medicina con una tradizione antica seimila anni, Ubaldini 2002,pg 140 e ss.
[12]giardinidichiara.weebly.com; benessere.com