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Sāṃkhyakārikā Īśvarakṛṣṇa

Il Sāṃkhya, così come lo Yoga e il Vedānta, rappresentano ‘visioni’ che fanno riferimento alla stessa fonte: Sruti e Smṛti, che costituiscono le fondamenta del Sanātana Dharma.
Qualunque sincero ricercatore, seriamente interessato allo Yoga che ha intrapreso la Sādhanā, non può esimersi dal prendere in considerazione i seguenti assiomi che, dal basso verso l’altro, ristabiliscono il corpus Tradizionale di cui lo Yoga è parte integrante:

  • Non esistono ‘gli yoga xxx’, esiste l’unico Yoga della Tradizione.
  • Il testo di riferimento dello Yoga, universalmente riconosciuto, è rappresentato dagli Yogasūtra di Patañjali.
  • Gli Yogasūtra sono parte integrante delle sei Darśana (visioni, puti di vista) ortodosse: Sāṃkhya – Yoga; Vedānta -Mīmāmsā; Nyāya – Vaiśeṣika.
  • Le sei Darśana fanno tutte riferimento in primo luogo alla Sruti, in secondo luogo alla Smṛti, di cui sono parte integrante.
  • Sruti e Smṛti, nella loro complessità, rappresentano il corpus della Tradizione Vedica, nota anche come tradizione Hindū, ovvero del Sanātana Dharma.
  • Il Sanātana Dharma non è una semplice filosofia astratta, avulsa dalla realtà, ma una Sapienza che indica la Via per la trasmutazione dell’Essere attraverso la conoscenza.
  • La Conoscenza del Sanātana Dharma è possibile solo mediante un coinvolgimento totale dell’Essere, su tutti i piani, dove il progresso nella Sapienza è inscindibilmente legato alla trasmutazione derivante dalla purificazione individuale.
  • La trasmissione della Sapienza del Sanātana Dharma, di cui lo Yoga è parte integrante, è vincolata dalla trasmissione diretta da Maestro (Adhikāra) realizzato a discepolo qualificato (Adhikāri); ovvero secondo l’ininterrotta catena della trasmissione iniziatica (DīkṣāSampradāyaParamparā).[1]

Da cui derivano due postulati:

  • Ogni sincero ricercatore che si avvicina allo Yoga, prima o poi, dovrà operare la scelta di apprendere e mettere in pratica (Sadhana), con la guida di un Guru (Maestro qualificato), gli Yogasūtra di Patañjali.
  • La comprensione dei Significati della Darśana Yoga, codificata negli Yogasūtra ha come complemento le sei Darśana in generale e quella Sāṃkhya in particolare, di cui il testo di riferimento è Sāṃkhyakārikā. Entrambe le Darśana, essendo āstika ovvero sistemi ortodossi, condividono le radici in Sruti e Smṛti, ovvero nel Sanātana Dharma.

La Darśana Vedānta costituisce insieme a Yoga e Sāṃkhya la triade di colonne portanti, punto di partenza del sentiero della Tradizione percorribile nell’epoca del Kali-yoga.

Immagine relativa a sanatana dharma

Sei Darśana

La parola darśana deriva dalla radice √dṛś che significa “visione” o “strumento di visione”. Rappresenta la visione diretta, immediata e intuitiva della verità. Ciò da cui troviamo la vera conoscenza è noto come darśana. Il Significato del termine è difficilmente esprimibile con una traduzione; come approssimazione, utilizzando termini propri della cultura occidentale, possiamo dire che darśana o visione della verità, corrisponde al Significato originario di Filosofia.  L’origine della filosofia indiana, darśana, si trova nei Veda, principalmente il Ṛgveda. Le sei darśana:

  • Sāṃkhya-Yoga
  • Nyāya-Vaiśeṣika
  • Mīmāṃsā-Vedānta

sono conosciute come āstika o sistemi ortodossi poiché accettano l’autorità dei Veda. Altri sistemi, che non accettano l’autorità vedica, sono definiti nāstika o sistemi eterodossi.

Sāṃkhya e Yoga

L’approfondimento della relazione tra le due darśana, tematica oltremodo complessa. Ci limitiamo pertanto ad un breve citazione da Dasgupta[2], di cui forniamo la traduzione:

“Il Sāṃkhya è attribuito al mitico Kapila, ma le prime opere sull’argomento sono probabilmente andate perdute. Il sistema Yoga è attribuito a Patañjali,  i sūtra originali sono chiamati Pātañjala Yogasūtra. La posizione metafisica generale di questi due sistemi rispetto all’anima, alla natura, alla cosmologia e all’obiettivo finale è quasi la stessa; la differenza sta nel fatto che il sistema Yoga riconosce un dio (Īśvara) come distinto dall’Ātman e dà molta importanza a alcune pratiche mistiche (comunemente note come pratiche Yoga) per il raggiungimento della liberazione, mentre il Sāṃkhya nega l’esistenza di Īśvara e pensa che il pensiero e la cultura filosofici siano sufficienti per produrre la vera consapevolezza della verità,  quindi di realizzare la liberazione. È probabile che il sistema di Sāṃkhya associato a Kapila e il sistema di Yoga associato a Patañjali non siano che due modifiche divergenti di una scuola Sāṃkhya originale, di cui ora abbiamo solo riferimenti sparsi. Questi sistemi quindi, sebbene generalmente contati come due, dovrebbero più propriamente essere considerati come due diverse scuole dello stesso sistema Sāṃkhya: una può essere chiamata Kapila Sāṃkhya e l’altra Pātañjala Sāṃkhya “.

Per quanto riguarda il presunto ‘ateismo’ del Sāṃkhyakārikā, una semplice notazione: l’autore ha scelto il nome di Īśvarakṛṣṇa, ovvero Īśvara più Kṛṣṇa.

Sāṃkhyakārikā

L’approfondimento della relazione tra le due darśana, tematica oltremodo complessa. Ci limitiamo pertanto ad un breve citazione da Dasgupta[1], di cui forniamo la traduzione:

“Il Sāṃkhya è attribuito al mitico Kapila, ma le prime opere sull’argomento sono probabilmente andate perdute. Il sistema Yoga è attribuito a Patañjali,  i sūtra originali sono chiamati Pātañjala Yogasūtra. La posizione metafisica generale di questi due sistemi rispetto all’anima, alla natura, alla cosmologia e all’obiettivo finale è quasi la stessa; la differenza sta nel fatto che il sistema Yoga riconosce un dio (Īśvara) come distinto dall’Ātman e dà molta importanza a alcune pratiche mistiche (comunemente note come pratiche Yoga) per il raggiungimento della liberazione, mentre il Sāṃkhya nega l’esistenza di Īśvara e pensa che il pensiero e la cultura filosofici siano sufficienti per produrre la vera consapevolezza della verità,  quindi di realizzare la liberazione. È probabile che il sistema di Sāṃkhya associato a Kapila e il sistema di Yoga associato a Patañjali non siano che due modifiche divergenti di una scuola Sāṃkhya originale, di cui ora abbiamo solo riferimenti sparsi. Questi sistemi quindi, sebbene generalmente contati come due, dovrebbero più propriamente essere considerati come due diverse scuole dello stesso sistema Sāṃkhya: una può essere chiamata Kapila Sāṃkhya e l’altra Pātañjala Sāṃkhya “.

Per quanto riguarda il presunto ‘ateismo’ del Sāṃkhyakārikā, una semplice notazione: l’autore ha scelto il nome di Īśvarakṛṣṇa, ovvero Īśvara più Kṛṣṇa.

Āryā 1:  
दुःखत्रयाभिघाताज् जिज्ञासा तदप घातके हेतौ ।
दृष्टे सापार्था चेन् नैकान्तात्यन्ततोऽभावात् ॥ १॥
A causa della tribolazione derivante dalla triplice sofferenza sorge il desiderio di conoscere gli strumenti
della sua rimozione. Se si sostiene  che questa indagine è inutile perché i mezzi di rimozione sono evidenti,
rispondiamo che non è questo il caso, avendo questi ultimi strumenti un valore relativo, non essendo ultimativi.

Āryā 2:  
दृष्टवदानुश्रविकः स ह्यविशुद्धि क्षयातिशययुक्तः ।
तद्विपरीतः श्रेयान् व्यक्ताव्यक्तज्ञविज्ञानात् ॥ २॥
I mezzi rivelati sono come quelli evidenti; essi difatti implicano impurità, esaurimento ed eccesso. Superiore ai mezzi rivelati è quel mezzo, da essi differente, che si acquisisce grazie alla Sapienza discriminativa del manifestato, del non manifestato e di colui che conosce.

Āryā 3: 
मूलप्रकृतिरविकृतिर्महदाद्याः प्रकृतिविकृतयः सप्त ।
षोडशकस्तु विकारो न प्रकृतिर्न विकृतिः पुरुषः ॥ ३॥
Prakṛti non è prodotta; i sette principi susseguenti, ovvero la mente e gli altri, sono contemporaneamente prodotti e produttivi, viceversa gli altri sedici sono esclusivamente prodotti. Infine, Puruṣa non è prodotto né produttivo.

Āryā 4: 
दृष्टमनुमानमाप्तवचनं च सर्वप्रमाणसिद्धत्वात् ।
त्रिविधं प्रमाणमिष्टं प्रमेयसिद्धिः प्रमाणाद्धि ॥ ४॥
I tre strumenti di retta Sapienza sono la percezione, l’inferenza e la parola degna di fede; questi includono tutti gli altri possibili strumenti di retta conoscenza; il conoscibile è stabilito è in forza di tali strumenti.

Āryā 5: 
प्रतिविषयाध्यवसायो दृष्टं त्रि विधमनुमानमाख्यातम्।
तल्लिङ्गलिङ्गि पूर्वकमाप्तश्रुतिराप्तवचनं तु ॥ ५॥
La percezione consiste nella determinazione dei vari oggetti attraverso i sensi. L’inferenza, che è triplice, dev’essere preceduta dal segno caratterizzante e dall’oggetto caratterizzato. La parola degna di fede è rappresentata dalla rivelazione.

Āryā 6:
सामान्यतस्तु दृष्टादतीन्द्रियाणां प्रतीतिर१नुमानात् ।
तस्मादपिचासिद्धं परोऽक्षमाप्तागमात् सिद्धं ॥ ६॥
Il sovrasensibile è dimostrato mediante l’inferenza basata sull’osservazione generale; ciò che sfugge anche a tale tipologia d’inferenza e non è direttamente visibile, si afferma grazie alla rivelazione degna di fede.

Āryā 7: 
अतिदूरात् सामीप्यादिन्द्रियघातान् मनोऽनवस्थानात् ।
सौक्ष्म्याद् व्यवधानादभिभवात् समानाभिहारच्च ॥ ७॥
Eccessiva distanza, eccessiva vicinanza, deficienza dei sensi, distrazione, sottigliezza, interposizione, soppressione e commistione con oggetti omogenei.

Āryā 8: 
सौक्ष्म्यात् तदनुपलब्धिर्नाभावात् कार्यतस्तदुपलब्धिः ।
महदादि तच्च कार्यं प्रकृतिविरूपं सरूपं च ॥ ८॥
Non perché la Natura non esista,  malgrado non riusciamo a percepirla a causa della sua sottigliezza. Comunque possiamo percepirla attraverso i suoi effetti, costituiti dalla serie dei vari principi, iniziando dalla mente: questi, rispetto  alla  Natura, sono conformi e difformi.

Āryā 9: 
असदकरणादुपादानग्रहणात् सर्वसम्भवाभावात् ।
शक्तस्य शक्यकरणात् कारणभावाच्च सत्कार्यम् ॥ ९॥
asat-akaraṇāt-upādãnagrahaṇāt sarva-saṃbhavā-abhāvāt |
śaktasya śakyakaraṇāt kāraṇabhāvāt-ca satkāryam || 9 ||
Affermiamo che l’effetto è pre-esistente nella causa in quanto: inesistente non può essere prodotto, il materiale [causa] è selezionato, un determinato oggetto non può essere prodotto da un qualsiasi altro oggetto, una cosa può essere fatta esclusivamente da chi ha la capacità di farla, l’effetto è della stessa natura coessenziale alla causa.

Āryā 10:
हेतुमदनित्यमव्यापि सक्रियमनेकमाश्रितं लिङ्गम् ।
सावयवं परतन्त्रं व्यक्तं विपरीतमव्यक्तम् ॥ १०॥
La manifestazione è causata, non eterna, non pervadente, attiva, molteplice, fondata, dissolubile, costituita da parti, dipendente. Il non manifestato è l’opposto.

Āryā 11: 
त्रिगुणमविवेकि विषयः सामान्यमचेतनं प्रसवधर्मि ।
व्यक्तं तथा प्रधानं तद्विपरीतस्तथा च पुमान् ॥ ११॥
Ciò che è manifestato è naturato dei tre elementi costitutivi, indiscriminato, oggettivo, generale, non senziente, produttivo. Anche la Natura [pradhāna] ha tali caratteristiche. L’anima, a sua volta, da un lato è l’opposto di ciò, dall’altro lato è conforme.

Āryā 12: 
प्रीत्यप्रीतिविषादात्मकाः प्रकाशप्रवृत्ति नियमार्थाः ।
अन्योऽन्याभिभवाश्रय जननमिथुनवृत्तयश्च गुणाः ॥ १२
I tre elementi costitutivi [guṇa] possiedono come propria Natura, rispettivamente: il piacere, la sofferenza e l’offuscamento; hanno il potere di illuminare, attivare e limitare.  Vicendevolmente, si sopraffanno, si sostengono si producono vicendevolmente si accoppiano, esistono l’uno in funzione dell’altro.

Āryā 13:
सत्त्वं लघु प्रकाशकमिष्टमुपष्टम्भकं चलं च रजः ।
गुरु वरणकमेव तमः प्रदीपवच्चार्थतो वृत्तिः ॥ १३॥
Sattva è illuminante e leggero; rajas è mobile e stimolante; tamas è ostruttivo e pesante. Il loro funzionamento è ordinato rispetto a un  fine, analogamente a quanto accade per la lampada.

Āryā 14: 
अविवेक्यादि हि सिद्धं त्रैगुण्यात् तद्विपर्यया२भावात् ।
कारणगुणात्मकत्वात् कार्यस्याव्यक्तमपि सिद्धम् ॥ १४॥
La non discriminazione e le altre proprietà del manifestato sono dimostrate dall’esistenza dei tre elementi costitutivi [Sattva, Rajas, Tamas]. Il non manifestato, a sua volta, è dimostrato [sia] in quanto effetto coessenziale alla causa e [sia] per la non-esistenza di quanto risulti contrario.

Āryā 15: 
भेदानां परिमाणात् समन्वयाच्छक्तितः प्रवृत्तेश्च ।
कारणकार्यविभागादविभागाद् वैश्वरूपस्य ||१५॥
[La causa non manifesta esiste] a causa della finitezza degli oggetti specifici, a causa del pariṇāma, a causa dell’attività che dipende dall’efficienza, a causa della distinzione tra causa ed effetto ed a causa della fusione di questo diverso [evoluto].

Āryā 16: 
कारणमस्त्यव्यक्तं प्रवर्तते त्रिगुणतः समुदयाच्च ।
परिणामतः सलिलवत् प्रतिप्रति३गुणाश्रय४विशेषात् ॥ १६॥
Il non-manifestato esiste come causa; esso si sviluppa mediante i tre elementi costitutivi [guṇa] mediante combinazione ed evoluzione [modificazione] dovuta alle differenze inerenti a ciascuno degli elementi costitutivi, [in modo] simile all’acqua.
Il non manifesto come causa esiste. Funziona attraverso i tre Attributi combinando e modificando, come l’acqua, a causa delle particolari caratteristiche della dimora di ciascuno degli Attributi.

Āryā 17: 
सङ्घातपरार्थत्वात् त्रिगुणादिविपर्ययादधिष्ठानात् ।
पुरुषोऽस्ति भोक्तृभावात् कैवल्यार्थं प्रवृत्तेश्च ॥ १७॥
Deduciamo l’esistenza del puruṣa dal fatto che gli oggetti composti esistono in funzione di un altro, perché deve esserci il contrario dei tre elementi costitutivi [guṇa] ed il resto, perché deve esistere un Ente che controlla, perché deve esserci un soggetto fruitore e perché si constata  l’attività  tendente al kaivalya.

Āryā 18: 
जनन१मरणकरणानां प्रतिनियमादयुगपत् प्रवृत्तेश्च ।
पुरुषबहुत्वं सिद्धं त्रैगुण्य२विपर्ययाच्चैव ॥ १८॥
La pluralità dei Puruṣa [Spiriti, Anime] è dimostrata: perché nascita, morte e organi sono assegnati separatamente; perché non c’è attività contemporanea e perché ci sono diverse modifiche e diversità  dovute  ai tre guṇa [elementi costitutivi].

Āryā 19: 
तस्माच्च विपर्यासात् सिद्धं साक्षित्वमस्य पुरुषस्य ।
कैवल्यं माध्यस्थ्यं द्रष्टृत्वमकर्तृभावश्च  ॥ १९॥
Dal contrasto consegue che Puruṣa [Spirito, Anima] è testimone, isolato, indifferente, che percipiènte, non- agente.

Āryā 20: 
तस्मात् तत्संयोगादचेतनं चेतनावदिव लिङ्गम् ।
गुण१कर्तृत्वे च तथा कर्तेव भवत्यु३दासीनः ॥ २०॥
Pertanto, il non senziente [liṅga], diviene come se fosse senziente a causa dell’unione con quello [Puruṣa]; sebbene l’attività appartenga agli attributi, tuttavia l’indifferente [Puruṣa] appare come se fosse agente.

Āryā 21: 
पुरुषस्य दर्शनार्थं कैवल्यार्थं तथा प्रधानस्य ।
पङ्ग्वन्धवदुभयोरपि संयोगस्तत्कृतः सर्गः ॥ २१॥
L’unione dell’anima [puruṣa] con la Natura [pradhāna] ha per· scopo la visione, mentre l’unione della natura con l’anima è diretta all’isolamento. La loro congiunzione è paragonabile a quella di uno zoppo con un cieco; tale unione è poi causa del processo creativo.

Āryā 22: 
प्रकृतेर्महांस्ततोऽहङ्कारस्तस्माद् गणश्च१ षोडशकः ।
तस्मादपि षोडशकात् पञ्चभ्यः पञ्च भूतानि ॥ २२॥
Dalla Natura procede l’intelletto [mahat]; da qui l’ego [ahaṃkāra], da lì il gruppo dei sedici, e da cinque di questo gruppo di sedici, i cinque elementi grossolani.

Āryā 23:
अध्यवसायो बुद्धिर्धर्मो ज्ञानं विरागाइश्वर्यम् ।
सात्त्विकमेतद्रूपं तामसमस्माद् विपर्यस्तम् ॥ २३ ॥
adhyavasāyo buddhirdharmo jñānaṃ virāgāiśvaryam |
sāttvikametadrūpaṃ tāmasamasmād viparyastam || 23 ||
L’intelletto è determinazione, Virtù. Con sattva prevalente la sua natura  è costituita da Sapienza, non attaccamento e forza. L’opposto con tamas prevalente.

Āryā 24:
अभिमानोऽहङ्कारस्तस्माद् द्विविधः प्रवर्तते सर्गः ।
एकादशकश्च गणस्त१न्मात्रः पञ्चकश्चैव३ ॥ २४॥
L’ego è autocoscienza. [Da esso] derivano due tipi di emanazioni, ovvero il gruppo degli undici e i quintuplici elementi sottili.

Āryā 25: 
सात्त्विकैकादशकः प्रवर्तते वैकृतादहङ्कारात् ।
भूतादेस्तन्१मात्रः स तामसस्तैजसादुभयम् ॥ २५॥
Dal principio d’individuazione vaikṛta procede [emana] il gruppo di undici, caratterizzato da sattva. Dal principio d’individuazione bhūtādi procede [emana] il gruppo di elementi sottili che è tamas. Dal principio d’individuazione taijasa procedono [emanano] entrambi.

Āryā 26: 
बुद्धीन्द्रियाणि चक्षुः श्रोत्रघ्राणरसन त्वगाख्यानि ।
वाक्पाणिपादपायूपस्थान् कर्मेन्द्रियान्याहुः ॥ २६॥
I sensi mentali sono: occhi, orecchie, naso, lingua  e  pelle. I sensi d’azione: voce, mani, piedi, ano e genitali.

Āryā 27:
उभयात्मकमत्र मनः सङ्कल्पकमिन्द्रियं च साधर्म्यात् ।
गुणपरिणामविशेषान् नानात्वं बाह्य२भेदाच्च ॥ २७॥
Il senso interno partecipa della Natura di entrambi; è organizzatore. È poi da considerarsi alla stregua di un senso in forza dell’affinità. Infine, tanto le varietà dei sensi quanto le varietà degli oggetti esterni dipendono da particolari modificazioni dei tre elementi costitutivi.

Āryā 28: 
शब्दादिषु पञ्चानामालोचनमात्रमिष्यते वृत्तिः ।
वचनादानविहरणोत्सर्गानन्दाश्च पञ्चानाम् ॥ २८॥
Qui, la mente è della natura di entrambi (organi di senso e azione). È determinante ed è anche un organo, in ragione della somiglianza. Questa diversità (degli organi) e la diversità delle cose esterne, derivano dalle modificazioni specifiche degli attributi.

Āryā 29: 
स्वालक्षण्यं वृत्तिस्त्रयस्य सैषा भवत्यसामान्या ।
सामान्यकरणवृत्तिः प्राणाद्या वायवः पञ्च ॥ २९॥
La funzione dei tre consiste nelle loro caratteristiche e non è comune. La funzione comune ai sensi è rappresentata dai cinque soffi vitali, cioè il soffio ascendente e gli altri.

Āryā 30:
युगपच्चतुष्टयस्य तु वृत्तिः क्रमशश्च तस्य निर्दिष्टा ।
दृष्टे तथाप्यदृष्टे त्रयस्य तत्पूर्विका वृत्तिः ॥ ३०॥
La funzione dei quattro rispetto al percepibile è sia istantanea sia graduale. La funzione dei tre nei riguardi di ciò che non è oggetto di percezione diretta deve essere preceduta da quella.

Āryā 31:
स्वां स्वां प्रतिपद्यन्ते परस्पराकूतहेतुकां वृत्तिम् ।
पुरुषार्थैव हेतुर्न केनचित् कार्यते करणम् ॥ ३१॥
Essi compiono ciascuno la propria funzione, la quale è causata da un impulso che essi esercitano uno sull’altro. Il fine dell’anima è unica causa d’azione. Un senso non può essere mosso ad agire da nessuno.

Āryā 32:
करणं त्रयोदशविधं तदाहरण धारणप्रकाशकरम् ।
कार्यं च तस्य दशधाहार्यं धार्यं प्रकाश्यं च ॥ ३२॥
I sensi sono tredici; loro funzioni sono: afferrare,  ritenere, manifestare. I loro oggetti sono  dieci, rappresentati da ciò  che  è  preso,  ciò  che  è da ritenuto e ciò che  manifestato.

Āryā 33:
अन्तःकरणं त्रिविधं दशधा बाह्यं त्रयस्य विषयाख्यम् ।
साम्प्रतकालं बाह्यं त्रिकालमाभ्य१न्तरं करणम् ॥ ३३॥
I sensi interni sono tre; quelli esterni, che costituiscono gli oggetti dei primi tre, sono dieci. I sensi esterni operano nel presente, mentre gli interni operano in tutti e tre i  tempi [passato, presente, futuro].

Āryā 34: 
बुद्धीन्द्रियाणि तेषां पञ्च विशेषाविशेषविषयाणि ।
वाग्भवति शब्दविषया शेषाणि तु पञ्चविषयाणि ॥ ३४॥
Di questi [dieci], i cinque organi di senso apprendono oggetti sia specifici sia non specifici.  La voce ha come oggetto solamente il suono; gli altri, invece, hanno cinque oggetti.

Āryā 35: 
सान्तःकरणा बुद्धिः सर्वं विषयमवगाहते यस्मात् ।
तस्मात् त्रिविधं करणं द्वारि द्वाराणि शेषाणि ॥ ३५॥
Poiché l’intelletto, insieme agli organi interni, apprende tutti gli oggetti, questi tre organi interni sono i custodi delle porte; gli altri sono le porte.

Āryā 36:
एते प्रदीपकल्पाः परस्परविलक्षणा गुणविशेषाः ।
कृत्स्नं पुरुषस्यार्थं प्रकाश्य बुद्धौ प्रयच्छन्ति ॥ ३६॥
Questi sensi, [ovvero] differenti modificazioni degli elementi costitutivi diversi l’un dall’altro, avendo reso manifesto l’insieme degli interessi dell’anima, li presentano alla mente in modo simile a una lampada,.

Āryā 37: 
सर्वं प्रत्युपभोगं यस्मात् पुरुषस्य साधयति बुद्धिः ।
सैव च विशिनष्टि पुनः प्रधानपुरुषान्तरं सूक्ष्मम् ॥ ३७॥
Dal momento che tutto ciò che procura la mente, lo procura perché l’anima ne possa fruire, è lei stessa, la mente, che distingue la sottile differenza tra natura e anima.

Āryā 38:
तन्मात्राण्यविशेषास्तेभ्यो भूतानि पञ्च पञ्चभ्यः ।
एते स्मृता विशेषाः शान्ता घोराश्च मूढाश्च ॥ ३८॥
Gli elementi sottili sono a-specifici; da questi cinque sono prodotti i cinque elementi grossolani. Questi [ultimi] sono chiamati specifici e sono calmi, agitati e ottenebranti.

Āryā 39: 
सूक्ष्मा मातापितृजाः सह प्रभूतैस्त्रिधा विशेषाः स्युः ।
सूक्ष्मास्तेषां नियता मातापितृजा निवर्तन्ते ॥ ३९॥
Gli elementi sottili sono quelli nati da genitori,  gli elementi grossolani sono i triplici oggetti specifici. Di questi, i sottili sono permanenti, mentre quelli nati da genitori sono caduchi.

Āryā 40: 
पूर्वोत्पन्नमसक्तं नियतं महदादिसूक्ष्मपर्यन्तम् ।
संसरति निरुपभोगं भावैरधि वासितं लिङ्गम् ॥ ४०॥
Il corpo sottile – formatosi in principio, distaccato e fisso, composto dalla mente e il resto fino agli elementi sottili, incapace di fruizioni, – trasmigra. Esso è impregnato dei modi di essere.

Āryā 41: 
चित्रं यथाश्रयमृते स्थाण्वा दिभ्यो विना यथा छाया ।
तद्वद् विना विशेषैर्न तिष्ठति निराश्रयं लिङ्गम् ॥ ४१॥
Così come una pittura non può esistere senza un sub strato, o un’ombra senza un palo o altro, analogamente il dissolubile non può esistere senza un supporto, ovvero privo del non specifico.

Āryā 42: 
पुरुषार्थहेतुकमिदं निमित्तनैमित्तिकप्रसङ्गेन ।
प्रकृतेर्विभुत्वयोगान् नटवद् व्यवतिष्ठते लिङ्गम् ॥ ४२॥
Ai fini dello Spirito, il corpo sottile [liṅga] agisce come un attore, mediante la sua connessione con gli strumenti, i loro risultati e con l’aiuto della potenza della Natura.

Āryā 43: 
सांसिद्धिकाश्च भावाः प्राकृतिका वैकृताश्च धर्माद्याः ।
दृष्टाः करणाश्रयिणः कार्याश्रयिणश्च कललाद्याः ॥ ४३॥
I modi di essere, ovvero la Virtù e gli altri, sono innati, naturali e prodotti; essi risiedono nello strumento [il senso dell’intelletto]. L’embrione e il resto risiedono nell’ effetto [il corpo].

Āryā 44: 
र्मेण गमनमूर्ध्वं गमनमधस्ताद् भवत्यधर्मेण ।
ज्ञानेन चापवर्गो विपर्ययादिष्यते बन्धः ॥ ४४॥
Dalla Virtù l’elevazione verso l’alto [gli stati sottili dell’Essere], dalla non virtù il degrado verso il basso; dalla Sapienza l’emancipazione, dal suo opposto il legame.

Āryā 45: 
वैराग्यात् प्रकृतिलयः संसारो भवति राजसाद् रागात् ।
ऐश्वर्यादविघातो विपर्ययात् तद्विपर्यासः ॥ ४५॥
Dal distacco la fusione nella Natura; dall’attaccamento alle passioni la trasmigrazione; dalla Potenza l’assenza di ostacoli; dal suo contrario l’effetto opposto.

Āryā 46: 
एष प्रत्ययसर्गो विपर्ययाशक्तितुष्टिसिद्ध्याख्यः ।
गुणवैषम्य विमर्दात् तस्य च भेदास्तु पञ्चाशत् ॥ ४६॥
Questa è creazione dell’Intelletto [la Sapienza] ed è distinta in impedimento, incapacità, contentamento e ottenimento. A causa poi del conflitto che nasce tra gli elementi costitutivi [causato del loro reciproco squilibrio], le differenti forme della creazione diventano cinquanta.

Āryā 47: 
पञ्च विपर्ययभेदा भवन्त्यशक्तेश्च करणवैकल्यात् ।
अष्टाविंशतिभेदास्तु ष्टिर्नवधाष्टधा सिद्धिः ॥ ४७॥
aṣṭāviṃśatibhedāstu ṣṭirnavadhāṣṭadhā siddhiḥ || 47 ||
L’impedimento a cinque forme, l’incapacità ventotto, dovute a deficienze dei sensi; il contentamento è di nove tipi; il conseguimento, infine, è ottuplice.

Āryā 48: 
भेदस्तमसोऽष्टविधो मोहस्य च दशविधो महामोहः ।
१तामिस्रोऽष्टा दशधा तथा भवत्यन्धतामिस्रः ॥ ४८॥
Le forme delle tenebre e dell’offuscamento sono otto; del grande offuscamento dieci; infine, dell’oscurità e dell’oscurità assoluta vi sono diciotto tipi.

Āryā 49: 
एकादशेन्द्रियवधाः सह बुद्धिवधैरशक्तिरुद्दिष्टा ।
सप्तदश वधा बुद्धेर्वि४पर्ययात् तुष्टिसिद्धीनाम् ॥ ४९॥
Le lesioni degli undici organi insieme a quelle dell’intelletto sono definite incapacità.
Le diciassette ferite dell’intelletto risultano dall’inverso di contentezza e realizzazione.

Āryā 50: 
आध्यात्मिकाश्चतस्रः प्रकृत्युपादानकालभाग्या ख्याः ।
बाह्या विषयोपरमाच्च पञ्च नव तुष्टयोऽभिमताः ॥ ५०॥
È affermato che la contentezza sia di nove tipi; quattro interni, vale a dire: la Natura [Prakṛti], i mezzi [upādāna],  il Tempo [kāla] e la fortuna [bhāgya] e cinque esterni, vale a dire, quelli dovuti all’avversione rispetto agli oggetti dei sensi.

Āryā 51: 
ऊहः शब्दोऽध्ययनं दुःखविघातास्त्रयः सुहृत्प्राप्तिः ।
दानं च सिद्धयोऽष्टौ सिद्धेः पूर्वोऽङ्कुशस्त्रिविधः ॥ ५१॥
Gli otto ottenimenti sono il ragionamento, l’istruzione orale, lo studio, la triplice soppressione del dolore, l’acquisizione di amici e la generosità. I precedenti (impedimento, incapacità e contentamento) sono il triplice uncino rispetto all’ottenimento.

Āryā 52: 
न विना भावैर्लिङ्गं न विना लिङ्गेन भाव निर्वृत्तिः ।
लिङ्गाख्यो भावाख्यस्तस्माद् द्विविधाः प्रवर्तते सर्गः ॥ ५२॥
Non esserci corpo sottile senza modi di essere; né può esserci sviluppo dei modi di essere senza corpo sottile. Due creazioni si manifestano in questo modo: l’una detta del corpo sottile; l’altra detta dei modi di essere.

Āryā 53: 
अष्टविकल्पो दैवस्त१इर्यग्योनश्च पञ्चधा भवति ।
मानुष्य श्चैक५विधः समासतो भौतिकः सर्गः ॥ ५३॥
Ottuplice è la creazione divina, la creazione animale è di cinque tipi, unica quella umana. Tale è, in sintesi, la creazione.

Āryā 54: 
ऊर्ध्वं सत्त्वविशालस्तमोविशालश्च मूलतः सर्गः ।
मध्ये रजोविशालो ब्रह्मादि स्तम्बपर्यन्तः ॥ ५४॥
In alto predomina Sattva; in basso la creazione è dominata da Tamas; nel mondo intermedio prevale Rajas: in questo modo, da Brahma fino agli esseri immobili.

Āryā 55: 
तत्र जरामरणकृतं दुःखं प्राप्नोति चेतनः पुरुषः ।
लिङ्गस्यावि निवृत्तेस्तस्माद् दुःखं स्वभावेन ॥ ५५॥
In tal modo l’Anima senziente patisce il dolore prodotto da vecchiaia e morte, fino al venir meno del corpo sottile; da questo, per sua natura, si manifesta il dolore.

Āryā 56:
इत्येष प्रकृतिकृतो महदादिवि शेष भूतपर्यन्तः ।
प्रतिपुरुषविमोक्षार्थं स्वार्थैव परार्था४रम्भः ॥ ५६॥
Quindi, questo sforzo fatto dalla Natura, iniziando dall’Intelletto fino agli specifici elementi grossolani, è compiuto per la liberazione di ogni singola anima; pur sembrando avvenire per sé, è a vantaggio di un altro,.

Āryā 57: 
वत्सविवृद्धिनिमित्तं क्षीरस्य यथा प्रवृत्तिरज्ञस्य ।
पुरुषविमोक्षनिमित्तं तथा प्रवृत्तिः प्रधानस्य ॥ ५७॥
Così come il latte non-senziente opera in funzione della crescita del vitello, analogamente opera la Natura in funzione della liberazione dell’Anima/Spirito.

Āryā 58: 
औत्सुक्यनिवृत्त्यर्थं यथा क्रियासु प्रवर्तते लोकः ।
पुरुषस्य विमोक्षार्थं प्रवर्तते तद्वदव्यक्तम् ॥ ५८॥
Il non manifestato agisce per liberare l’anima in modo non difforme da quello dalla gente comune che si adopera per soddisfare il desiderio.

Āryā 59: 
रङ्गस्य दर्शयित्वा निवर्तते नर्तकी यथा नृत्यात् ।
पुरुषस्य तथात्मानं प्रकाश्य विनिवर्तते प्रकृतिः ॥ ५९॥
Così come la danzatrice smette di danzare dopo essersi esibita al pubblico, cosi la Natura cessa la sua attività una volta che si è manifestata all’anima.

Āryā 60: 
नानाविधैरुपायैरु पकारिण्यनुपकारिणः पुंसः ।
गुणवत्यगुणस्य सतस्तस्यार्थमपार्थकं चरति ॥ ६०॥
La Natura, generosa e dotata degli attributi [elementi costitutivi], con strumenti diversi e senza alcun beneficio per sé, opera a beneficio dell’Anima/Spirito che è sprovvista degli elementi costitutivi e che in nulla contraccambia.

Āryā 61: 
प्रकृतेः सुकुमारतरं न किञ्चिदस्तीति मे मतिर्भवति ।
या दृष्टास्मीति पुनर्न दर्शनमुपैति पुरुषस्य ॥ ६१॥
A mio avviso, nulla è più modesto della Natura, la quale [pensando] “sono stata vista”, non si espone mai più alla visione dell’Anima/Spirito.

Āryā 62: 
तस्मान् न बध्यतेऽद्धा न मुच्यते नापि संसरति कश्चित् ।
संसरति बध्यते मुच्यते च नानाश्रया प्रकृतिः ॥ ६२॥
Pertanto, nessuno [Anima/Spirito] è vincolato o liberato, né alcuno migra. È la Natura che dimorando in molteplici forme, migra o è vincolata o liberata.

Āryā 63: 
रूपैः सप्तभिरेव तु बध्नात्यात्मानमात्मना प्रकृतिः ।
सैव च पुरुषार्थं प्रति विमोचयत्येकरूपेण ॥ ६३॥
La Natura si lega da sola mediante sette forme; la stessa Natura, per il fine dell’ Anima/Spirito, si libera attraverso una forma.

Āryā 64: 
एवं तत्त्वाभ्यासान् नास्मि न मे नाहमित्यपरिशेषम् ।
अविपर्ययाद् विशुद्धं केवलमुत्पद्यते ज्ञानम् ॥ ६४॥
Mettendo in pratica in questo modo i principi, si manifesta la Sapienza, ovvero: “Io non sono, nulla è mio, non c’è Ego”; [Sapienza] che è completa, assoluta e pura, non rimanendo alcun dubbio.

Āryā 65: 
तेन निवृत्तप्रसवामर्थवशात् सप्तरूपविनिवृत्ताम् ।
प्रकृतिं पश्यति पुरुषः प्रेक्षकवदवस्थितः सुस्थः ॥ ६५॥
Mediante questa Sapienza, l’Anima/Spirito, seduta distaccata come uno spettatore, percepisce la Natura; [quest’ultima] avendo cessato di essere produttiva, risulta svincolata dalle sette forme.

Āryā 66: 
दृष्टा मयेत्युपेक्षकैको दृष्टाहमित्युपरतान्या ।
सति संयोगेऽपि तयोः प्रयोजनं नास्ति सर्गस्य ॥ ६६॥
L’uno [Anima/Spirito] è indifferente come uno spettatore dello spettacolo; l’altro [la Natura] desiste, [riconoscendo] che sono stato visto. Adesso, malgrado il loro contatto, cessa il movente per la creazione.

Āryā 67: 
सम्यग्ज्ञानाधिगमाद् धर्मादीनामकारणप्राप्तौ ।
तिष्ठति संस्कारवशाच्चक्रभ्रमवद् धृतशरीरः ॥ ६७॥
Sebbene la Virtù e il resto, grazie al raggiungimento della perfetta Sapienza, cessano di essere produttivi, [ciò nonostante] l’Anima/ Spirito rimane investita di un corpo così come [accade] al tornio da vasaio con il vortice; ciò a causa delle impressioni passate.

Āryā 68: 
प्राप्ते शरीरभेदे चरितार्थत्वात् प्रधानविनिवृत्तौ ।
ऐकान्तिकमात्यन्तिकमुभयं कैवल्यमाप्नोति ॥ ६८॥
Avvenuta la separazione dal corpo, avendo la Natura cessato l’attività, poiché il suo fine è compiuto, l’Anima/Spirito perviene all’isolamento [Illuminazione-Liberazione] assoluto e definitivo.

Āryā 69: 
पुरुषार्थ ज्ञानमिदं गुह्यं परमर्षिणा समाख्यातम् ।
स्थित्युत्पत्तिप्रलया श्चिन्त्यन्ते यत्र भूतानाम् ॥ ६९॥
La Sapienza [esoterica] conoscenza dello scopo dell’Anima/Spirito, in cui sono prese in considerazione l’esistenza, l’origine e la dissoluzione degli esseri, è stata trasmessa dal grande Sapiente [Kapila].

Āryā 70:
एतत् पवित्रमग्र्यं मुनिरासुरयेऽनुकम्पया प्रददौ ।
आसुरिरपि पञ्चशिखाय तेन बहुधा कृतं तन्त्रम् ॥ ७०॥
Questa sacra e suprema [Sapienza], è stata trasmessa, per compassione, dal  Sapiente [Kapila] ad Āsuri. Āsuri [l’ha trasmessa] a Pañcaśikha, che ha elaborato la dottrina.

Āryā 71:
शिष्य परम्परयागतमीश्वरकृष्णेन चैतदार्याभिः ।
सङ्क्षिप्तमार्यमतिना सम्यग्विज्ञाय सिद्धान्तम् ॥ ७१॥
Trasmessa secondo la Tradizione [da Maestro a discepolo, continuità della catena iniziatica] dai discepoli, questa è stata sintetizzata nei versi [in metrica] Āryā da Īśvarakṛṣṇa, [il quale è] di mente nobile, avendo pienamente compreso la verità dimostrata.

Āryā 72:
सप्तत्यां किल येऽर्थास्तेऽर्थाः कृत्स्नस्य सृष्टितन्त्रस्य ।
आख्यायिका विरहिताः परवादविवर्जिताश्चाऽपि ॥ ७२॥
Gli argomenti di questi settanta versetti sono quelli dell’intero Ṣaṣṭitantra; sono privi di aneddoti e omettono anche discussioni di opinioni rivali.

divisore fantasia geometrica

[1]Cfr: https://loyogadellatradizione.com/yoga-tradizione-vivente/

[2]Dasgupta, A History of Indian Philosophy, Motilal Banarsidass, Delhi 2015, vol. I pgg. 50/51.

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