Nel Sāṃkhya l’olfatto o odorato , elemento sottile, è associato al naso ( organo di senso) e genera la Terra, elemento spesso.
L'olfatto
Dal naso parte la via olfattiva che conduce all’identificazione della molecola chimica che trasporta l’odore.
L’olfatto è stato il primo senso a svilupparsi nell’essere umano primitivo; esso gli ha permesso di conoscere e riconoscere ciò che aveva intorno, dandogli una connotazione positiva o negativa.
È stato uno dei più importanti strumenti di sopravvivenza.
Per gli animali è rimasto un senso fondamentale per orientarsi nell’ambiente, sopravvivere e comunicare: trovare cibo, sfuggire ai predatori, scegliere il compagno/a.
L’essere umano, nella sua evoluzione -soprattutto col passaggio alla stazione eretta- è passato alla preminenza sensoriale della vista e ha dato sempre meno importanza alle informazioni provenienti dall’olfatto, con un conseguente cambiamento anche a livello genetico.
Nonostante il numero di odori percepibili dal naso umano sia elevato, la capacità di discriminazione tra odori simili e la sensibilità necessaria per percepire lievi odori è di molto inferiore a quella di altri animali[1].
Per il neonato invece l’olfatto è un senso fondamentale per orientarsi e consolidare il legame di attaccamento con la madre[2].
Come nasce l’odore?
L’odore di per sé non esiste.
Esso si genera dall’incontro delle molecole odorifere di un fiore, di un cibo o di qualsiasi altra sostanza aromatica con i diversi recettori (proteine) posti sulle ciglia dei milioni di neuroni olfattivi che collegano il naso al cervello[3].
Ogni molecola odorifera (o piccoli gruppi di molecole), raggiunto l’epitelio nasale attraverso le narici, si lega ad uno specifico recettore o, in alcuni casi, a più di un recettore, attivando schemi differenti che, nell’insieme, permettono ai centri cerebrali dell’olfatto il riconoscimento della sostanza odorosa.
Le cellule recettoriali olfattive sono connesse direttamente al cervello.
Per tale motivo percepiamo così intensamente gli aromi degli oli essenziali.
L’informazione raccolta a livello della mucosa nasale, attraverso il nervo olfattivo arriva al bulbo olfattivo, dove esiste una rete di neuroni che permette di effettuare una prima elaborazione dei segnali odorosi, suddividendoli in categorie e convogliandoli nel tratto olfattivo[4].
Quest’ultimo raggiunge poi direttamente[5] le aree del sistema limbico (o cervello viscerale) tra cui l’ippocampo, l’amigdala e l’ipotalamo, coinvolti nel controllo delle emozioni, degli stati d’animo e degli istinti, nel processo di memorizzazione e nelle risposte comportamentali e fisiologiche legate alle sensazioni olfattive.
Dall’area limbica le informazioni arrivano al talamo, e tramite esso ad alcune regioni della neocorteccia frontale cui si deve l’elaborazione cognitiva e quindi cosciente della sensazione olfattiva, che si trasforma perciò nella percezione dell’odore.
La percezione dell’odorante è legata alla durata e alla concentrazione o intensità dello stesso.
Essa è comunque un’esperienza soggettiva che dipende dall’incontro tra la pianta e la sensibilità della persona, le sue esperienze, ricordi e aspettative, nonché dalle emozioni associate.
Un prolungato tempo di esposizione determina un adattamento e un progressivo affievolirsi della percezione olfattiva.
L’essere umano attribuisce sempre una connotazione emotiva agli odori.
Essi sono buoni o cattivi.
Ciò dipende sia dalle esperienze personali che dalla cultura di appartenenza.
Gli oli essenziali - cenni storici
Lo studio degli oli essenziali fa parte del più vasto regno della fitoterapia e si è sviluppato lentamente nell’ambito di questa scienza antica quanto l’essere umano.
Attraverso il riconoscimento degli odori e l’osservazione degli animali l’essere umano primitivo sviluppò una istintiva conoscenza del mondo vegetale imparando a distinguere le piante che poteva mangiare e quelle che doveva evitare, quelle che potevano curarlo o invece ucciderlo.
Imparò ad estrarre da frutti e semi le sostanze grasse, i primi oli vegetali, attraverso la pressione, e ad utilizzarli sia per cuocere, sia per le preparazioni medicinali.
Una conoscenza tramandata oralmente attraverso i secoli.
Le piante e i loro aromi sono stati utilizzati in svariate culture compresa l’area mediterranea e l’antico Oriente: i sacerdoti bruciavano nei templi erbe, legni aromatici e resine preziose come l’incenso, per invocare gli dèi e ottenerne la protezione.
Gli oli estratti dalle piante venivano usati per curare problemi di salute, nelle cerimonie religiose, nella cosmesi.
Trentamila anni fa gli Aborigeni australiani usavano fare fumigazioni con l’albero del tè (tea tre oil, Melaleuca alternifolia), oggi ben conosciuto per i suoi notevoli benefici.
Durante una spedizione archeologica fu rinvenuto in Pakistan un alambicco di terracotta datato dai 3000 ai 5000 anni fa.
La più antica medicina al mondo, l’Ayurveda, appartenente alla cultura Hindu, considerava l’essere umano nella sua interezza e complessità e per la sua cura utilizzava -tra l’altro- un “patrimonio” di centinaia di piante ed estratti vegetali.
Nella Caraka-Saṃhitā̂[7] troviamo scritto “Tra tutte le conoscenze quella delle piante medicinali è la prima”.
Venivano usati per la cura dei pazienti oli vegetali, tra cui cannella, zenzero, mirra, coriandolo e sandalo.
Il basilico (Tulsi o basilico santo) era considerato una pianta sacra in grado di donare chiarezza ed energia al cuore e allo spirito.
Gli Hindu conoscevano il processo della fermentazione e riuscirono ad ottenere anche delle soluzioni alcoliche aromatiche da alcune piante.
Anche nell’antica Cina la conoscenza delle proprietà aromatiche delle piante era molto avanzata; la prima documentazione sembra risalire a circa 5000 anni fa.
Numerose erbe erano descritte per il loro uso sotto forma di oli essenziali.
Probabilmente la famiglia degli agrumi è originaria di questo Paese e arrivò nell’area mediterranea attraverso gli Arabi.
Non si conosce con precisione l’epoca in cui si sviluppò l’arte della distillazione.
In Egitto e in Persia, gli oli essenziali erano ottenuti probabilmente attraverso la macerazione in olio (l’enfleurage a caldo) e l’enfluerage a freddo.
L’enfleurage sfrutta il potere d’assorbimento, da parte di un corpo grasso solido, delle sostanze aromatiche di una pianta; i fiori più delicati, come quelli del gelsomino venivano posti a contatto per vari giorni con la sostanza grassa -animale o vegetale come i semi di sesamo- che si impregnava dell’aroma.
In tal modo Egiziani e Persiani isolarono i profumi da resine, spezie e piante (incenso, mirra, issopo, cannella, rosmarino, etc.).
Presso gli Egiziani era importante la cura del corpo considerato tempio dell’anima; la sua purezza rifletteva la purezza dello spirito stesso[8].
Essi svilupparono l’arte di associare differenti aromi per creare profumi complessi, balsami e composti aromatici, come il Kyphi nella cui preparazione entravano numerose sostanze tra cui cipero, resina, mirra, lentisco, giunco, ginepro, cardamomo, cannella, resina di terebentina (Pistacia terebinthus), miele, etc.
Esso era utilizzato dai sacerdoti per curare i malati, sotto forma di bevanda e balsamo[9].
Il forte potere antisettico degli oli serviva a preservare i morti; gli aromi lasciati nelle tombe avevano inoltre la funzione di donare alla persona il coraggio di affrontare l’ultimo viaggio.
Nella Mezzaluna fertile o Mesopotamia si coltivavano molte piante i cui oli aromatici insieme alle spezie venivano esportati in Egitto.
Queste terre erano un ponte tra l’Oriente e il bacino mediterraneo e contribuirono alla diffusione di piante e spezie dall’Asia al Mediterraneo, passando attraverso l’India e la penisola araba[10].
Nella Bibbia sono presenti vari riferimenti a sostanze aromatiche[11], considerate sacre e probabilmente usate anche come protezione dalle malattie.
Ricordiamo tutti che i re Magi portarono a Gesù Bambino, oltre all’oro, incenso e mirra.
Queste conoscenze furono apprese dagli antichi Greci e successivamente dai Romani e applicate in larga parte in campo medico.
La pratica della fumigazione di una grande varietà di piante divenne durante i secoli un modo per combattere le epidemie.
Ai tempi della peste di Atene, (IV sec. a.C.) Ippocrate fece fare in tutta la città grandi roghi di piante aromatiche e legni odoriferi tra i quali ginepro e cedro.
Egualmente efficaci erano considerate le fumigazioni di piante come i chiodi garofano, la cannella, il rosmarino, la salvia e l’alloro.
Nel I sec d. C. il medico greco Dioscoride, esperto in botanica, riportava l’uso medico delle acque distillate estratte da numerose specie di piante[12].
Il filosofo greco Teofrasto, anch’egli esperto in botanica, scrisse il primo trattato “Sugli odori”[13] contenente la descrizione degli aromi allora conosciuti.
A lui si deve l’osservazione degli effetti interni dell’applicazione cutanea di un olio aromatico.
Dall’altra parte della Terra anche le civiltà Azteche impiegavano balsami vegetali aromatici come medicamenti[14].
Furono gli Arabi ad iniziare lo studio delle proprietà chimiche degli oli essenziali.
Al medico, fisico, alchimista e filosofo arabo Avicenna[15] (X sec d.C.), nato in Persia, è attribuita l’invenzione della “serpentina” che rese il metodo di distillazione più veloce ed efficace.
Ma solo a partire dal XIV secolo si perfezionarono gli apparecchi per la distillazione.
Ad Avicenna è attribuita la prima estrazione dell’olio di Rosa centifolia.
Dalla rosa fu estratta anche la prima acqua floreale.
Nel Medioevo i Crociati importarono dall’Oriente numerose nuove sostanze aromatiche.
Si faceva strada la consapevolezza del grande tesoro offerto dal mondo vegetale e, soprattutto nei Conventi e nei Monasteri, si coltivavano numerose piante medicamentose le cui conoscenze sono state tramandate fino a noi in numerosi testi, tra cui ricordiamo gli scritti di Santa Ildegarda di Bingen[16].
Durante le epidemie di peste, roghi di piante aromatiche e resine come il benzoino, l’incenso, il pino, venivano accesi di notte nelle strade.
Spesso le persone portavano con sé dei bouquet di erbe o dei Pomanders originariamente formati da un arancio con infilati dei chiodi di garofano.
I medici per purificare l’aria che respiravano indossavano una maschera con un lungo naso in cui erano contenute anche numerose erbe aromatiche (lavanda, menta, cannella, chiodi garofano).
Lo studio della botanica nel Rinascimento trovò grande spazio nelle Università di medicina, attraverso la riscoperta degli antichi testi e le osservazioni dirette delle piante.
Spesso i naturalisti erano anche dei medici.
Nello stesso tempo nuove piante e sostanze aromatiche vennero importate a seguito della scoperta di “nuove terre” e la conseguente colonizzazione.
Tra il XV e il XVI secolo l’alchimista e fisico svizzero Paracelso arrivò a isolare in alcune piante i componenti chimici o grossolani dalla parte sottile o quintessenza o olio essenziale: cannella, frankincenso, mirra, rosmarino, salvia, rosa.
La prima opera sulla distillazione venne scritta da G.B. della Porta nel XVI sec.; in essa si distinguono gli oli essenziali dagli oli grassi e si descrive come separare le essenze dalle acque distillate aromatiche.
Dalla fine del ‘600 l’alchimia si mutò nella moderna chimica, dividendosi dalla fisica e dalla professione farmaceutica (l’apotecario), così si perse la relazione tra materia e spirito e tra medicina e psicologia[17].
Gli oli essenziali, tuttavia, rimasero parte integrante della medicina dominante per tutto il 1700, fino a che vennero sostituiti dalle molecole sintetiche, così come i laboratori si sostituirono agli orti di aromatiche.
Nella seconda metà dell’800 iniziò la prima vera ricerca scientifica sulle caratteristiche e gli effetti degli oli essenziali sui microorganismi.
Uno dei punti di partenza fu l’osservazione che coloro che si occupavano della trasformazione dei fiori e delle erbe erano indenni da disordini respiratori.
Ricerche specifiche confermarono poi che gli oli essenziali avevano la capacità di uccidere i microorganismi responsabili della febbre gialla e della mononucleosi.
Con l’avvento della chimica organica nel XIX secolo si iniziarono ad individuare e classificare le sostanze chimiche presenti negli oli essenziali e le principali molecole aromatiche responsabili, per ogni olio essenziale, del suo effetto terapeutico.
Nacque la nozione di chemiotipo (ct), termine con il quale ci si riferisce alle caratteristiche chimiche della o delle molecole aromatiche principali di una pianta. Ad esso sono collegati gli effetti terapeutici che possono essere diversi anche per oli appartenenti alla stessa specie botanica.
Per tale motivo gli oli essenziali vanno correttamente identificati con il nome della principale molecola aromatica: rosmarino cineolo, rosmarino verbenone, rosmarino canfora; timo linalolo, timo timolo, timo tujanolo, etc.
Con lo sviluppo dei nuovi processi chimici divenne sempre più frequente l’isolamento dalla pianta di uno specifico composto chimico e la creazione di copie sintetiche, per la produzione su scala industriale, di preparazioni anche molto potenti, ma con numerosi effetti collaterali.
Una volta, in inverno, nelle case si lasciava evaporare lentamente un decotto di foglie d’eucalipto sulla piastra della stufa o in una pentola per far circolare dei vapori aromatici benefici e insieme riscaldare l’ambiente.
Le proprietà volatili e odorose delle piante facilitano la loro diffusione e le proprietà antisettiche le rendono benefiche.
Molti oli essenziali -tra cui eucalipto radiato, pino silvestre, cipresso, rosmarino cineolo, cedro d’Atlas, limone, maggiorana, lavanda- hanno la virtù di ampliare il ritmo della respirazione, impregnando e disinfettando tutto l’apparato respiratorio, dal naso ai seni nasali, al cavo orale e alle corde vocali, fino ai polmoni.
Per il loro corretto e sicuro utilizzo, inalazione (secca o umida) o diffusione, rivolgersi ad un terapeuta esperto.
La nascita dell'Aromaterapia
L’aromaterapia può essere considerata una disciplina olistica in quanto le sostanze aromatiche agiscono contemporaneamente a tutti i livelli: fisico, mentale, emozionale, energetico e spirituale.
È la disarmonia tra i vari aspetti dell’Essere a determinare la perdita della salute.
L’Aromaterapia va al di là del sintomo -il messaggio del corpo che da voce al suo disagio- per arrivare alle cause che sono all’origine del disequilibrio.
Il termine aromaterapia -riferito all’uso terapeutico di sostanze aromatiche pure- nacque nei primi decenni del XX secolo, ad opera del chimico francese R. Gattefossé[18], che aveva verificato gli effetti antiinfettivi e curativi dell’olio essenziale di lavanda su una sua accidentale ustione.
Agli inizi del ‘900 gli scienziati Italiani R. Cajola e G. Gatti condussero i primi esperimenti sugli effetti degli oli essenziali sulla circolazione, sulla pressione del sangue e sul sistema nervoso, con particolare attenzione gli effetti stimolanti o sedativi sulla frequenza respiratoria.
Essi, inoltre, avviarono i primi studi scientifici sull’azione germicida degli oli essenziali.
Da allora si sono moltiplicate le ricerche intorno agli effetti delle essenze sui disturbi cognitivi e psicologici.
Paolo Rovesti, negli anni ’70, studiò l’azione degli oli essenziali al livello psicologico e usò varie miscele per curare stati di depressione e di ansia[19].
L’approccio clinico all’aromaterapia si sviluppò in Francia grazie all’opera del Dott. Jean Valnet[20], che studiò e sperimentò gli effetti antinfettivi degli oli essenziali per curare, con bende impregnate, i soldati feriti nella guerra in Indocina, e utilizzò oli essenziali anche per la disinfezione degli ambienti.
Egli diede inoltre un grande impulso alla ricerca e alla diffusione in campo medico dell’uso complementare degli oli essenziali.
La biochimica francese Marguerite Maury[21] ne studiò gli effetti sul corpo e sulla mente utilizzandoli a fini terapeutici e cosmetici in via cutanea, sotto forma di massaggio.
Insieme ad un’altra allieva di J. Valnet, Micheline Arcier contribuì alla diffusione dell’aromaterapia anche in Gran Bretagna, dove essa è materia d’insegnamento e viene utilizzata anche in alcune cliniche.
L’aromatogramma fu sviluppato negli anni ’70, per identificare le capacità antimicrobiche degli oli essenziali in relazione a specifici patogeni.
Nacquero in Francia i primi laboratori e le prime scuole: con P. Franchomme e con D. Baudoux.
Fino ad arrivare all’aromaterapia quantica o scientifica del Dr. Penoel.
La Francia si può considerare nell’era modera occidentale la madre dell’utilizzo terapeutico “globale” degli oli essenziali, comprendente anche la via orale e uno dei Paesi dove la loro diffusione è maggiormente capillare[22].

[1]www.lescienze.it/news/2014/03/21/news/1000_miliardi_di_odori_distinguibili_olfatto_umano-2063307/
[2]Il legame tra mamma e bambino nasce quando il neonato si trova ancora nell’utero; egli impara a riconoscere l’odore della madre intorno al 6° mese di gravidanza grazie allo scambio di ferormoni, odori e altri segnali chimici.
[3]Sono stati identificati recettori olfattivi anche in altre parti del corpo;
lalampadina.net – cultura geni recettori olfattivi e gustativi micro bioma un mondo da esplorare
[4treccani.it – olfatto il ruolo dei neuroni olfattivi
[5]Senza la mediazione cognitiva della corteccia cerebrale
[6]Anna d’Errico, Il senso perfetto, Codice, 2019
[7]Uno dei testi fondamentali della tradizione ayurvedica (tra il VI e il II sec. a. C.)
[8]S. Perini, Psicoaromaterapia, Il punto d’Incontro, 2019
[9]wsimag.com – benessere. La sua ricetta è stata trovata nel più antico trattato erboristico, il Papiro di Ebers.
Materia medica I 25, traduzione di G. Squillace, Le lacrime di Mirra. Miti e luoghi del profumo nel mondo antico, Bologna 2015.
[10]www.giuseppefrison.it/wp-content/uploads/2017/10/Piante-nella-Bibbia-3-rid.pdf
[11]Cantico dei Cantici, (Ct. 4,12-14); giuseppefrison.it – Piante nella Bibbia
[12]neroliane.com – la grande histoire
[13]G. Squillace, Il profumo nel mondo antico. Con la prima traduzione italiana del “Sugli odori” di Teofrasto. Biblioteca dell’“Archivum romanicum”. Serie I: Storia, letteratura, paleografia 372, L. S. Olschki ed., 2010.
bmcr.brynmawr.edu/2011/2011.07.33/
[14]ifaroma.org – explore aromatherapy
[15]Nome latinizzato di Abu Ali al-Husain Ibn Sina
[16]Per la raccolta di suoi libri: www.libreriadelsanto.it/reparti/libri/autori-e-personaggi/scritti-di-santi-e-beati/santa-ildegarda-di-bingen/794.html
[17]Ancor oggi purtroppo presente nella teoria e pratica medica.
[18]Gattefosse’s Aromatherapy (Anglais) Broché – 7 mai 1993, de Rene Maurice Gattefosse
[19]S. Fischer-Rizzi, Profumi celestiali, utilizzo degli oli essenziali e loro effetti sul corpo e sulla mente, Tecniche Nuove, 1995
[20]Jean Valnet, Aromathérapie: traitement des maladies par les essences des plantes, 1964
[21]Il suo libro Le capital jeunesse (Il segreto della vita e della giovinezza) fu pubblicato nel 1961.
[22]La grande diffusione di quest’arte ha permesso di offrire una elevata qualità (purezza, coltivazioni biologiche o piante selvatiche) insieme a prezzi contenuti e accessibili a tutti per una vasta gamma di oli essenziali.