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La salute emozionale secondo la prospettiva yogica

(articolo originariamente pubblicato in inglese dal dr. Ananda Balayogi Bhavanani su “Integral Yoga Magazine”, integralyogamagazine.org – integral psychology of yoga)

Traduzione di Diego Bevilacqua
Il dr. Ananda Balayogi Bhavanani è figlio del dr. Swami Gitananda Giri e continua il lavoro scientifico del padre come direttore dell’International Centre for Yoga Education and Research (ICYER) a Pondicherry in India. In questo articolo il dr. Bhavanani offre una bellissima presentazione del modello psico-spirituale e scientifico della psicologia dello Yoga.

Introduzione

L’arte e la scienza dello Yoga, uno dei piu grandi tesori della nostra cultura indiana, hanno davvero tanto da offrire per quanto riguarda la comprensione della mente umana. Lo Yoga considera l’essere umano come un essere consapevole composto da vari strati, che possiede tre corpi (sthulasukshma e kaarana sharira) e che è racchiuso a sua volta in una dimensione composta dai cinque strati dell’esistenza (pancha kosha).

Questa antica scienza del controllo della mente, cosi come codificata da Maharishi Patanjali più di 2.500 anni fa, aiuta a comprendere i nostri processi mentali e le relazioni di causa-effetto dei più svariati problemi con cui l’uomo moderno si confronta oggi.

Gli esseri umani sono vittime dello stress dei tempi moderni e dei problemi da questo causati, problemi che minacciano e distruggono totalmente le nostre vite. Lo Yoga offre una via d’uscita da questo vortice di stress presentandosi come una soluzione olistica; lo stile di vita yogico, l’alimentazione yogica, le attitudini yogiche e le varie pratiche yogiche ci aiutano a rafforzarci e a sviluppare una salute positiva, preparandoci cosí a sopportare meglio lo stress. Questa yogica certezza sulla salute si raggiunge normalizzando la percezione dello stress ed ottimizzado le reazioni allo stress, facendo fuoriuscire le tensioni accumulate attraverso varie pratiche. Lo Yoga è dunque una scienza di vita olistica ed integrale e che ha a che fare con la salute fisica, mentale, emozionale e spirituale dell’individuo e della società.

Lo Yoga può essere definito sia come un percorso, o processo, che come un obiettivo o uno stato da raggiungere. Lo Yoga è la scienza e l’arte di tranquillizzare la mente subconscia, è uno stile di vita, la capacità in azione, l’unione di pensiero, parola ed azione; è l’integrazione della nostra personalità su tutti i livelli, è la scienza dell’evoluzione consapevole ed il metodo per raggiungere uno stato di calma emozionale e mentale.

Lo Yogarudda, colui che ha raggiunto lo stato dello Yoga, è cosí descritto nella Bhagavad Gita: “Colui che non è influenzato dai sensi, né attaccato al frutto delle sue azioni e che ha rinunciato a tutti i desideri”.

La visione yogica della mente

Lo Yoga concepisce la mente come composta da quattro aspetti interni o “antahkarana”: chitta (dove si accumulano le memorie, o subconscio), manas (la mente consapevole), buddhi (l’intelletto capace di scegliere) e ahamkara, il principio dell’ego, che consiste nell’ego impuro che pensa che tutto sia “me” e “mio” e nell’ego puro che sa che “tutto è mio come manifestazione del Divino”. Si dice che in Buddhi vi siano altri tre poteri: il potere di volizione (Iccha Shakti), il potere di azione (Kriya Shakti) e il potere della sapienza (Jnana Shakti). E’ importante che questi tre poteri lavorino insieme in sincronia, in caso contrario vi sarà solo rovina.

Lo Yoga descrive inoltre i chitta bhumi, ovvero gli stati della mente: la mente inetta e non sviluppata e insensibile come pietra (mudha), la mente totalmente distratta (kshipta), la mente parzialmente distratta (vikshita), lo stato di concentrazione mentale (ekagratha) e la mente controllata del vero yogi (niruddha).

I cambiamenti e le fluttuazioni del mentale sono di cinque tipi, cosí come descritti da Maharishi Patanjali nelle Yoga Sutra. Abbiamo dunque pramana (la conoscenza dei fatti), viparyaya (l’errore nella conoscenza dei fatti), vikalpa (l’immaginazione), nidra (il sonno) e smrithi (la memoria). Patanjali dice inoltre che è proprio quando la mente non è sotto controllo che si verifica l’identificazione di noi stessi con queste vritti (fluttuazioni), “vritti sarupyam itarata”. Ed ecco allora che tutto il percorso dello Yoga ha come obiettivo “chitta vritti nirodhah” (la cessazione delle fluttuazioni della mente subconscia), cosí che possiamo stabilirci nel nostro vero essere (swarupevastaanam). Patanjali spiega che chiavi per il successo sono una pratica determinata e convinta (abhyasa) ed una attitudine distaccata verso ogni cosa (vairagya).

La persona mondana e lo Yogi

Ci sono importanti differenze nel modo in cui la persona mondana e lo yogi realizzato concepiscono il mondo e la vita più in generale. In particolare il mondano ritiene che i suoi problemi risiedano sempre da qualche parte “altrove” e che lui sia vittima innocente delle circostanze e del fato. Lo Yoga invece ci insegna che la maggior parte dei nostri problemi dimorano proprio dentro di noi e che siamo noi a dover iniziare una trasformazione consapevole per poterli risolvere. Yogamaharishi dr. Swami Gitananda Giri diceva spesso ai suoi allievi “Tu non hai alcun problema – tu sei il problema!”

Mentre le persone cercano la felicità nel rincorrere esperienze esteriori lo yogi comprende che la felicità suprema (paramanandam) si trova nel nostro essere interiore. Cosí, per essere veramente felici dovremo solo renderci conto di quanto la ricerca del benessere al di fuori di noi sia una follia. Una sincera “contentezza” (santosha), che è anche uno dei pancha niyama (i cinque principi etici dell’Ashtanga Yoga) è la chiave per una felicità che sia incomparabile. Pujya Swamiji diceva: “La felicità e la salute sono vostri diritti naturali, pretendetele! Non datele via in cambio delle plastiche della modernità”.

Mentre in molti temono l’inferno e desiderano un paradiso in cui entrare dopo la morte, lo yogi arriva a comprendere che paradiso e inferno altro non sono che stati della consapevolezza; essi abitano dentro di noi e sta a noi scegliere se fare delle nostre vite un paradiso o un inferno, per noi e per chi ci sta attorno.

La pato-psicologia yogica delle malattie

Lo stress e le malattie a questo collegate sono la rovina dell’epoca moderna e lo Yoga ci offre una interessante prospettiva riguardo le loro cause ed effetti. Il Nirvana Prakarana del Laghu Yoga Vashishta descrive origine e soluzione delle malattie mentali e fisiche. Il Saggio Vashishta insegna al Signore Rama che ci sono due principali tipi di malattie: quelle che sono causate dalla mente sono dette “primarie” (adhija, i problemi psicosomatici e di stress), mentre quelle che colpiscono direttamente il corpo sono “secondarie” (anadhija, infezioni, incidenti, ecc.). A loro volta le “primarie” sono suddivise in “samanya”, ovvero malattie fisiche ordinarie, e “sara”, i problemi dovuti al ciclo della rinascita. Ora, i samanya ci colpiscono fisicamente e possono essere risolti correggendo le disarmonie mente-corpo, ma solo Atma Jnana (la conoscenza dell’Essere) può distruggere i sara.

I Samāna adhija vyādhi sono i moderni problemi psicosomatici come l’ipertensione, il diabete, l’asma bronchiale, le ulcere peptiche, la sindrome dell’intestino irritabile e cosí via. Queste malattie, di natura psicosomatica (adhi-vyadhi) si formano nella seguente maniera: disturbi ai livelli pià alti (adhi) di quello della mente (manomaya kosha) causano agitazioni nel corpo mentale che comporta a sua volta un flusso disordinato di prana ed una instabilità delle nadi nel corpo energetico (pranamaya kosha), il che porta da ultimo alla malattia (vyadhi) nel corpo fisico (annamaya kosha) che si manifesta in attività metaboliche disturbate, “ipo” e “iper”, quali secrezione, digestione, assorbimento ed utilizzo.

Migliaia di anni fa Yogeshwar Krishna nella Bhagavad Gita (che spesso viene chiamata la bibbia dello Yoga) ci ha trasmesso la pato-psicologia yogica dello stress insegnandoci che i nostri mali derivano dalla nostra attrazione verso le cose del mondo percepibili con i sensi. Questi insegnamenti cosí potenti ed antichi si mostrano veri ancora ai giorni d’oggi.

Nel capitolo 2 (Samkhya Yoga) ai versi 62 e 63 si parla di come il modello comportamentale (quindi la risposta allo stress) sia la causa ultima della rovina dell’essere umano. Verso 62: “Fissandosi su ciò che è percepibile con i sensi l’uomo sviluppa un attaccamento nei suoi confronti; dall’attaccamento (sangha o chanuraaga) deriva il desiderio (kama) e dal desiderio non soddisfatto scaturisce la rabbia (krodha)”. Verso 63: “Dalla rabbia viene la delusione (moha) e dalla delusione una memoria confusa (smriti vibramah); dalla confusione della memoria sorge la perdita della ragione e a causa di questa (buddhi naaso) egli muore”. Al verso 64, secondo capitolo, Sri Krishna da un’idea di cosa sia la tranquillità della mente (samatvam) e di come una persona possa stabilirsi in una pace mentale (stitha prajna) che non è più influenzata dall’esistenza degli opposti (dwandwa): “Lo yoghi disciplinato camminando tra le cose percepibili, con i suoi sensi sotto controllo e liberi dall’attrazione (raga) e dalla repulsione (dvesha), ottiene la tranquillità”.

Secondo Maharishi Patanjali la maggior parte dei nostri problemi derivano da cinque afflizioni psicofisiologiche (pancha klesha), innate in ogni essere umano. Queste sono l’ignoranza (avidya), l’egoismo (asmita), il nostro senso di sopravvivenza a tutti i costi (abinivesha), l’attrazione verso le cose esteriori (raga) e la repulsione verso queste (dvesha). L’ignoranza (avidya) insieme all’ego (asmita) sono  in genere l’inizio della maggior parte dei problemi; in seguito, il nostro senso di sopravvivenza ad ogni costo li porta un po’ oltre. Da ultimo, sia l’attrazione (raga) verso le cose esteriori che la repulsione (dvesha) per queste devono essere vanificate per poter raggiungere la tranquillità e la pace delle emozioni e della mente.

Maharishi Patanjali dice inoltre che la pratica di Kriya Yoga (lo Yoga della purificazione mentale), che consiste in tapas (disciplina e impegno), swadhyaya (auto analisi) e Ishwara pranidhana (l’abbandono alla volonta Divina), è lo strumento per vanificare queste cinque afflizioni della mente e per raggiungere lo stato di samadhi, l’unione con l’Essere supremo, il Divino.

Come ci aiuta lo Yoga

I concetti yogici di samatvam (la tranquillità mentale ed emozionale) e di sthitā prajña (l’essere umano equilibrato e con una mente stabile) ci forniscono dei modelli a cui tendere; la conoscenza dei pancha klesha (le cinque afflizioni psicofisiologiche) e il loro ruolo nel provocare lo stess e nella risposta allo stress ci aiutano a conoscere meglio noi stessi e a comprendere le ragioni di ciò che facciamo, i “come” ed i “perché”. Il concetto dei pancha kosha (l’esistenza stratificata nei cinque livelli di cui si parla nella Taittirya Upanishad) ci aiuta a comprendere che noi non esistiamo soltanto nel piano fisico e ci spiega quale sia il ruolo della mente, all’origine dei problemi fisici e psicosomatici. Tutti questi concetti permettono di guardare alla vita secondo una prospettiva differente (Yoga drishti) per poter evolvere in maniera consapevole e riacquistare umanità.

Il concetto di vairagya (distacco emotivo), se compreso e coltivato, ci permette di essere distaccati rispetto alle dwandwas (le coppie di opposti) come lode-rimprovero, caldo-freddo e ogni tipo di situazione piacevole-spiacevole di cui in fondo è fatta questa vita.

La pratica regolare dello Yoga come stile di vita (cosi come insegnato da Yogamaharishi dr. Swami Gitananda Giri Guru Maharaj) consente di ridurre i livelli di stress fisico, mentale ed emotivo. Questo stile di vita yogico enfatizza l’importanza dei giusti pensieri, delle giuste azioni, delle giuste reazioni, delle giuste attitudini; in poche parole, Pujya Swamiji definiva la vita yogica come “il modo giusto di usare corpo, emozioni e mente”, “giustizia”.

La pratica regolare delle asana yoga, delle kriya, dei mudra, dei banda e dei pranayama aiuta a ricostituire il corpo fisico (annamaya) e quello energetico (pranamaya); la pratica di pratyahara e le tecniche di dharana e dhyana permettono di ricostituire il sistema mente-corpo (manomaya kosha). Tutte queste pratiche yogiche favoriscono una più grande comprensione dell’insieme mente-emozioni-corpo portandoli all’unione ed all’armonia: questa giusta (nel senso di “giustizia”) unione è lo Yoga nel suo senso più autentico.

Patanjali suggerisce di coltivare alcune attitudini per poter vivere bene. Queste sono l’amicizia verso coloro che sono felici (maitri-sukha), la compassione verso chi soffre (karuna—dukha), la gioia verso chi è virtuoso (mudhita-punya) e l’indifferenza verso chi è negativo e malvagio (upeksha-apunya).

Lo Yoga ci aiuta ad adottare la giusta attitudine verso i problemi per poterli affrontare in maniera efficace: “avere la volontà (Iccha Shakti) di cambiare (Kriya Shakti) ciò che può essere cambiato, la forza di accettare ciò che non può essere cambiato e la sapienza (Jnana Shakti) di capire la differenza”. Questa attitudine dobbiamo nutrire, la capacità di lasciare andare le preoccupazioni ed i problemi unita alla comprensione dei nostri processi mentali, che porterà armonia nel corpo e nella mente, là dove invece il loro disequilibrio è causa di aadi-vyadhi, i problemi psicosomatici.

In conclusione

Con la costanza nella pratica dello Yoga come stile di vita possiamo divenire esseri umani in autentico equilibrio (sthitha prajna) arricchiti delle qualità descritte nella Bhagavad Gita:

  • L’andare oltre le passioni, la paura e la rabbia (II.56)
  • Non nutrire senso del possesso ed egoismo (II.71)
  • Essere saldi nella comprensione e ben radicati (V.20)
  • Essere impegnati nel fare del bene a tutti gli esseri viventi (V.25)
  • Amichevoli e compassionevoli verso tutti (XII.13)
  • Non nutrire aspettative, essere puri e capaci nell’agire (XII.16)

Gli yoghi desiderano pace e felicità non solo per loro stessi ma per tutti gli esseri viventi su tutte le diverse sfere dell’esistenza; gli yoghi non sono individualisti che aspirano alla salvezza solo del singolo ma, al contrario, cercano di vivere in maniera universalistica al meglio delle proprie capacità verso il giusto processo evolutivo, preoccupandosi e prendendosi cura degli uomini propri fratelli, cosi come di tutti gli altri esseri, su tutti i piani dell’esistenza.

L’autore: Yogacharya Ananda Balayogi Bhavanani nasce da Yogamaharishi Dr. Swami Gitananda Giri e da Yogacharini Meenaskhi Devi Bhavanani. Cresce nel gurukula dell’Ananda Ashram a Pondicherry in India, dove assorbe la conoscenza, l’arte e la scienza dello Yoga in una costante e quotidiana sadhana, ventiquattr’ore su ventiquattro. Ananda si mostra molto interessato alle tradizioni e ai rituali Hindu, ai mantra, allo Yoga e alle arti Carnatiche già in tenerissima età, per esser poi nominato successore del suo Guru e padre a soli quattro anni. Intraprende quindi lo studio e la pratica dello Yoga Ashtanga della Cultura dei Rishi (Gitananda) sotto la guida di suo padre e sueguendone l’esempio diventa medico, cosí da poter arricchire la saggezza orientale del il meglio della scienza occidentale. Il dr. Ananda dirige il Centro Internazionale per l’Educazione e la Ricerca sullo Yoga a Pondicerry in India ed è anche relatore di primo piano nelle conferenze sullo Yoga a livello mondiale.

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