La concezione della realtà dell’Ayurveda riflette molti aspetti della concezione vedica del mondo.
Brahman è l’Uno, il fondamento dell’Universo, l’unica realtà, che, pur manifestandosi in una pluralità di forme, ha una unica matrice originaria.
Tutto è Brahman e l’Essenza dell’uomo è identica al Brahman. [1]
Da questa concezione discende:
- la fondamentale unità di tutti gli esseri e il rispetto dovuto a ogni essere animato o inanimato, considerati tutti sacri;
- la corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo e l’importanza di mantenersi in armonia con il resto della natura.
Il modello ayurvedico riprende dal Samkya l’enumerazione delle fasi di sviluppo dell’Universo, dal non manifesto al manifesto, che, dai due elementi primigeni Purusha e Prakriti portano alla molteplicità della manifestazione.
Purusa è la matrice incorporea di tutto l’Universo, pura coscienza, l’Osservatore immutabile.
Prakriti è la materia primordiale, attiva, ma non cosciente; essa contiene in sé tutte le forme e le qualità della realtà manifesta.
Nel suo stato non manifestato, è costituita dai tre guna, i mahaguna o grandi guna in stato di equilibrio.
I guna: sattva, rajas e tamas, possono essere definiti come tre principi o qualità della coscienza che regolano e governano le forze cosmiche, i processi ambientali e quelli biologici, pervadendo tutto l’universo.
Sattva, è espansivo, luminoso, si esprime come purezza, armonia, chiarezza, equilibrio;
Rajas è attivo, energia, movimento, agitazione, desiderio e competizione, cambiamento;
Tamas è inerzia, solidità e materialità.
La rottura dell’equilibrio dei guna causa il passaggio dallo Avyakta (lo stato non manifesto) allo stato manifestato o Vyakta della Natura-Prakrti.
La prima manifestazione di Prakriti, quasi ancora a metà strada col mondo spirituale è considerata Mahat o buddhi[2] l’intelligenza cosmica o mente divina, nella quale prevale Sattva.
Ahamkara è il principio di individuazione da cui discende la differenziazione dell’unità nelle singole individualità.
La prevalenza di rajas (sempre presente in quanto movimento) genera,
quando sattva è prevalente su tamas:
- manas, la mente
- gli organi di senso e di azione (jnanaindriya e karmanindriya);
quando tamas è prevalente su sattva:
- i tanmatra (elementi sottili)
- i maha-bhuta (elementi spessi).
Attraverso le azioni degli elementi sottili si producono le cinque influenze primarie, i pancha mahabhuta o elementi alla base dell’Universo: etere, aria, fuoco, acqua e terra.
Essi sono parte costitutiva di ogni materia e contribuiscono alla costruzione dei tessuti e dell’intero organismo e alla sua funzionalità. In particolare ogni elemento è legato a un senso specifico (cioè ogni bhuta è collegato ad un tanmatra):
- l’etere all’udito,
- l’aria al tatto,
- il fuoco alla vista,
- l’acqua al gusto,
- la terra all’olfatto.
Dai maha-guna si sviluppano i gurvadi-guna principi più grossolani legati alla materialità della sostanza e percepibili con i cinque sensi, (sono coppie di opposti come caldo-freddo, secco-umido, etc.); essi sono presenti in ogni sostanza e dunque anche in ogni cibo.
Guna e Dosha;
Ogni anima o essere ha in sé la predominanza di uno o più guna e la loro combinazione cambia con il tempo e il luogo, determinando differenti effetti.
Quando prevale sattva l’uomo è felice, appagato e sereno;
quando si muove rajas, sopprimendo sattva e tamas egli è colmo di passione e sempre in movimento;
quando la tendenza prevalente naturale è tamas, egli sprofonda nell’inerzia.
Lo stile di vita, il cibo, le pratiche spirituali, le relazioni sociali, le impressioni (samskara) della vita passata, sono responsabili della presenza di un particolare sistema di guna nell’individuo.
Dall’interazione tra i tre maha-guna e le influenze diversamente combinate degli elementi, scaturiscono i 3 dosha:
- vata “ciò che muove le cose”,
- pitta, “ciò che digerisce le cose”
- kapha “ciò che tiene unite le cose”.
Come i guna pervadono a ogni livello la natura (Prakrti), così i dosha pervadono tutto il corpo, anche se sono prevalentemente localizzati in alcune sue parti:
il vento (vata) nella vescica, nel retto, nella pelvi, nelle cosce, nelle gambe, nelle ossa e in particolare nel colon;
la bile (pitta) nel sudore, nel rasa (‘succo’ o chilo, elemento acquoso dell’organismo), nella linfa, nel sangue e in particolare nell’intestino tenue;
il flegma (kapha) nella testa, nel collo, nelle giunture, nello stomaco, nel grasso e in particolare nel torace.
Vagbatha il vecchio, uno dei commentatori più noti della Charaka Samitha, considera i dosha come le radici del corpo, indipendenti da altre parti o funzioni dello stesso.
Come l’universo molteplice è il prodotto della modificazione dei guna, così tutte le malattie sono frutto della modificazione dei dosha e come i 3 guna cooperano insieme per la produzione del mondo in tutta la sua diversità, nonostante la mutua opposizione che esiste tra di loro, così i 3 dosha cooperano insieme, nonostante la loro naturale opposizione per la produzione delle diverse malattie.
Egli arriva a identificare i 3 dosha con i 3 guna:
vayu (come talora è chiamato vata) è identificato con rajas pitta con sattva kapha con tamas.
L’azione distruttiva e costruttiva di vayu, pitta e kapha si manifesta all’unisono con il karma dell’individuo e con la sua mente[3].
Mentre tutti e tre i dosha sono elementi patogeni, tra i Guna gli elementi che provocano alterazioni della mente sono soltanto due:
rajas e tamas.
Anche se apparentemente tamas può creare alterazioni più gravi di rajas, esso non può attivarsi se non è accompagnato da rajas stesso, il movimento.
La distribuzione dei dosha in ogni specifico organismo dà origine alla costituzione individuale o prakrti; essa è generalmente caratterizzata dalla prevalenza di 2 dosha, ma in tutti gli individui sono presenti tutti e 3 i dosha in misura diversa e variabile a seconda dell’età, del ciclo di vita, della stagione, di situazioni particolari.
Prakrti (“ natura” o “forma originale”) è dunque la costituzione di base dovuta alla proporzione dei dosha che possediamo al momento della nascita (il “ terreno” dell’omeopatia); essa è determinata in parte dai genitori al concepimento e considerata immutabile.
La malattia compare quando ci si discosta da questa forma originale a livello psicologico o fisiologico.
La costituzione individuale differisce sia a seconda della predominanza dei tre guna, sia in dipendenza dai dosha predominanti.
La Vikruti è l’elemento variabile, formato dall’influenza di ambiente, clima, stile ed igiene di vita, relazioni, lavoro, alimentazione, emozioni insieme alle variazioni collegate agli specifici momenti dell’esistenza che si attraversano, come età e ciclo di vita, stagioni, avvenimenti specifici.
L’alterazione dell’equilibrio di uno dei dosha – che dà luogo a una semplice disfunzione organica – può essere eliminato:
- calmando i sintomi con rimedi naturali
- purificandosi per eliminare gli eccessi del dosha – attraverso il digiuno o il panchakarma (solo sotto la guida di un medico esperto).
Vata è il più importante dei dosha perché muove e controlla gli altri due dosha, i dhatu o tessuti e i mala o escrezioni (Vata dosha è
composto di akasha, spazio, e vayu, aria).
Questo concetto si manifesta nell’importanza fondamentale del Pranayama.
Ogni funzione di dosha, dhatu e mala è possibile solo quando essi si muovono nel corpo.
Oggi la maggior parte delle attività e lo stile di vita sedentario tendono a squilibrare vata.
Ogni Dosha possiede cinque sub-dosha che ne specificano le caratteristiche.
Ogni dosha ha un aspetto materiale in quanto, risiedendo nel corpo Fisico, opera attraverso i processi fisiologici, e un aspetto sottile o energetico.

Bibliografia
F.J. Ninivaggi, Ayurveda, Ubaldini, Roma 2002
A.Comba, Scienza indiana: periodo classico. La medicina ayurvedica (Storia della Scienza -2001) – La medicina ayurvedica, treccani.it Carakasahitā, Sūtrasthāna, XX, 8-9°.
S. Dasgupta, A history of Indian philosophy, Vol.II, pg 327 e ss., Charakasamitha, I.12.13.
S. Dasgupta A history of Indian philosophy, Vol.II
S. Dasgupta, ibidem , Asthanga-samgraha, I. 22
S. Dasgupta, ibidem, Dalhana on Susruta, Uttara tantra, 66.9
S.Dasgupta, A history of Indian philosophy, Vol.II, pg 333-339
A. Comba, Scienza indiana: periodo classico. La medicina ayurvedica (Storia della Scienza -2001), Carakasahitā, Sūtrasthāna, I, 57 commento di Cakrapāidatta. La medicina ayurvedica, in treccani.it
M. Bergonzi, Filosofia, il Samkhya, Ottobre 2015
B. K. Gupta, Saggezza senza tempo dall‘antica India, Laksmi, 2014, XIV
R. E. Svoboda, Prakriti, la struttura fisica dell‘uomo, Mediterranee, Roma, 1996

[1]Nella Tradizione Occidentale troviamo più volte l’invito a guardare dentro di sé -alla propria natura divina- per arrivare a conoscere se stessi. Giovanni Reale, Socrate. Alla scoperta della sapienza umana, Milano, Rizzoli, 2001
[2] Nello Yoga la buddhi si riferisce anche all’ intelligenza superiore o capacità di discriminare del singolo individuo
[3]Nell’intero sistema di Charaka la mente corrisponde al corpo e il corpo alla mente.