Quasi una perla preziosa, incastonata al centro del Mahābhārata, la Bhagavad Gītā è uno dei testi sapienziali più elevati dell’Umanità, attribuito al Saggio Vyasa. I suoi insegnamenti, fuori dal tempo e dallo spazio, rappresentano una Luce cristallina che illumina la via.

Di seguito riportiamo alcuni stralci, tratti da
“La Baghavad Gītā di Svami Sivananda Saraswati, Dicembre 2010 . Il volume contiene la traduzione di questo importante testo senza commento, utile ai ricercatori per avere a portata di mano il dialogo tra il Signore Krishna e Arjuna.” [1]
dal secondo discorso
IL SANKHYA YOGA
48. ….Serenità di mente è chiamata Yoga.
50. .. lo Yoga è abilità in azione.
56. Colui la cui mente non è scossa dalle avversità, che non ha bramosie per i piaceri e che è libero da attaccamento, paura ed ira, è chiamato un saggio dalla stabile saggezza.
57. Colui che da ogni lato è senza attaccamento nel fronteggiare cose buone o cattive, che né gioisce né odia, stabile è la sua saggezza.
70. Raggiunge la pace colui nel quale tutti i desideri entrano come le acque entrano nell’oceano e che, riempito da tutti i lati, rimane immobile; ma non l’uomo che è pieno di desideri.
71. Raggiunge la pace quell’uomo che abbandonando tutti i desideri si muove intorno senza brame, senza il senso del mio e senza egoismo.
dal terzo discorso
LO YOGA DELL’AZIONE
4. Non con l’astenersi dalle azioni raggiunge un uomo la libertà da esse, né con la mera rinuncia raggiunge egli la perfezione.
5. In verità nessuno può rimanere nemmeno per un momento senza eseguire azioni; perché, ognuno è costretto ad agire, in verità, senza speranza, dalle qualità nate dalla Natura.
9. Il mondo è legato alle azioni,.. tu quindi… esegui le azioni … libero dall’attaccamento.
17. Ma per quell’uomo che gioisce solo nel Sé, che è soddisfatto nel Sé, che è contento nel Sé soltanto, in verità non c’è nulla da fare.
18. Per lui non c’è interesse alcuno per quello che è fatto o non è fatto; né egli dipende da alcuno per un qualsiasi oggetto.
19. Quindi, senza attaccamento, esegui sempre le azioni che dovrebbero essere fatte; perché, eseguendo le azioni senza attaccamento, l’uomo raggiunge il Supremo.
42. Essi affermano che i sensi sono superiori (al corpo); superiori ai sensi è la mente; superiore alla mente è l’intelletto; e uno che è superiore anche all’intelletto è il Sé.
dal quarto discorso
LO YOGA DELLA DIVISIONE DELLA SAGGEZZA
18. Colui che vede l’inazione nell’ azione e l’azione nell’ inazione, è un saggio tra gli uomini; egli è uno Yogi ed un esecutore di tutte le azioni.
19. Colui le cui imprese sono prive di desideri e di scopi (egoistici), e le cui azioni sono state bruciate dal fuoco della conoscenza – lui – i savi chiamano un saggio.
20. Avendo abbandonato l’attaccamento ai frutti delle azioni, sempre contento, da nulla dipendendo, egli non fa nulla sebbene impegnato in attività.
21. Senza speranze e con la mente ed il sé controllato, avendo abbandonato ogni cupidigia, compiendo azioni semplicemente per il corpo, egli non incorre in nessun peccato.
22. Contento con quello che gli viene senza sforzo, libero da invidia e dalle coppie di opposti, equilibrato in successo e fallimento, sebbene opera, egli non è vincolato.
38. In verità non c’è in questo mondo un purificatore come la conoscenza. Colui che è perfetto nello Yoga, nel tempo la troverà nel Sé.
39. L’uomo che è pieno di fede, che è devoto ad essa e che ha soggiogato i sensi, ottiene (questa) conoscenza; e avendo ottenuto la conoscenza, raggiunge immediatamente la pace suprema.
dal quinto discorso
LO YOGA DELLA RINUNCIA ALL’AZIONE
Arjuna disse:
1. La rinuncia alle azioni, Oh Krishna, Tu lodasti, e di nuovo lo Yoga. Dimmi definitivamente qual è il migliore tra i due.
Il Beato Signore disse:
2. La rinuncia e lo Yoga dell’azione, ambedue portano alla più alta beatitudine; Ma dei due lo Yoga dell’azione è superiore alla rinuncia all’azione.
7. Colui che è devoto al sentiero dell’azione, la cui mente è completamente pura, che ha conquistato il Sé, che ha dominato i suoi sensi, e che realizza il suo Sé come il Sé in tutti gli esseri, sebbene agisca non è macchiato.
22. I godimenti che sono nati dai contatti, sono soltanto generatori di dolore, in quanto essi hanno un inizio ed una fine, Oh Arjuna. Il saggio non gioisce in essi.
23. Colui che è capace, mentre è ancora qui (in questo mondo) di resistere, prima della liberazione dal corpo, agli impulsi nati dal desiderio e dall’ira, è uno Yogi, è un uomo felice.
dal sesto discorso
LO YOGA DELLA MEDITAZIONE
3. Per un saggio che desidera raggiungere lo Yoga, l’azione è detta essere il mezzo; per lo stesso saggio che ha raggiunto lo Yoga, l’inazione (la quiete) è detta essere il mezzo.
4. Quando un uomo non è attaccato agli oggetti dei sensi o alle azioni, avendo rinunciato a tutti i pensieri, allora si dice che egli ha raggiunto lo Yoga.
5. Che l’uomo sollevi se stesso soltanto con il suo proprio Sé; che egli non abbassi se stesso, perché questo Sé soltanto è l’amico di se stesso e questo Sé soltanto è il nemico di se stesso.
6. Il Sé è l’amico del sé per colui che ha conquistato se stesso con il Sé, ma per l’inconquistato sé, questo Sé sta nella posizione di un nemico come (l’esterno) avversario.
7. Il Supremo Sé di colui che è autocontrollato e pacifico, è equilibrato in caldo e freddo, piacere e dolore, ed anche in onore e disonore.
8. Lo Yogi che è soddisfatto con la conoscenza e la saggezza (del Sé), che ha conquistato i sensi, e a cui una zolla di terra, un pezzo di pietra o d’oro sono lo stesso, è detto essere armonizzato.
9. Colui che ha lo stesso atteggiamento verso gli amici, i nemici, i generosi, gli indifferenti, i neutrali, gli odiosi, i parenti, i giusti e gli ingiusti, eccelle.
16. In verità lo Yoga non è possibile per chi mangia troppo, né per chi non mangia affatto; né per chi dorme troppo, né per chi è (sempre) sveglio, Oh Arjuna.
17. Lo Yoga diventa il distruttore del dolore per chi è moderato nel mangiare e nella ricreazione (come camminare, ecc.), che è moderato nello sforzo durante l’azione, che è moderato nel sonno e nella veglia.
20. Quando la mente, controllata dalla pratica dello Yoga, raggiunge la tranquillità, e quando, vedendo il Sé con il sé, allora egli è soddisfatto nel suo proprio sé,
23. Che questo venga conosciuto con il nome di Yoga: la separazione dall’unione con il dolore. Questo Yoga dovrebbe essere praticato con determinazione e con una mente gioiosa.
35. Indubbiamente, Oh potente Arjuna, la mente è irrequieta e difficile da controllare; ma con il distacco e con la pratica può essere dominata.
36. Io penso che questo Yoga sia difficile da raggiungere da uno dall’incontrollato sé, ma chi ha controllato il sé e si sforza, lo raggiunge con i mezzi (adatti).
dal settimo discorso
LO YOGA DELLA SAGGEZZA E DELLA REALIZZAZIONE
16. Quattro tipi di uomini virtuosi adorano Me, Oh Arjuna. Essi sono l’afflitto, il ricercatore della conoscenza, il ricercatore della ricchezza ed il saggio, Oh signore dei Bharata.
17. Tra questi, il saggio, sempre stabile e devoto all’Uno, eccelle (è il migliore); perché Io sono estremamente caro al saggio, ed egli è caro a Me.
18. Nobili in verità sono tutti questi; ma Io considero il saggio come il Mio vero Sé; perché, stabile di mente, egli si è stabilito in Me soltanto come suo supremo obiettivo.
27. Dalla delusione delle coppie di opposti che sorge dal desiderio e dall’avversione, Oh Bharata, tutti gli esseri, dalla nascita, sono soggetti all’illusione, Oh Parantapa.
28. Ma quegli uomini di virtuose azioni i cui peccati sono giunti ad un termine, e che sono liberi dall’illusione delle coppie di opposti, stabili nei loro voti, adorano Me.
dal dodicesimo discorso
LO YOGA DELLA DEVOZIONE
12. In verità migliore è la conoscenza della pratica; della conoscenza migliore è la meditazione; della meditazione la rinuncia ai frutti delle azioni; la pace immediatamente segue alla rinuncia.
13. Colui che non odia nessuna creatura, che è amico e compassionevole verso tutti, che è libero da attaccamento ed egoismo, equilibrato nel piacere e nel dolore, e misericordioso,
14. Sempre contento, stabile nella meditazione, fermo nella determinazione, padrone di sé, con la mente e l’intelletto dedicati a Me, egli, il Mio devoto, è caro a Me.
15. Colui da cui il mondo non è turbato, e che non può essere turbato dal mondo, che è libero da gioia, ira, paura ed ansietà – è caro a Me.
16. Colui che è libero dai desideri, che è puro, abile, libero da attaccamento e da preoccupazioni, libero da dolore, che rinuncia ad ogni impresa o principio, egli che è (così) devoto a Me, è caro a Me.
17. Colui che né gioisce, né odia, né si affligge, né desidera, rinunciando al bene e al male, e che è pieno di devozione, è caro a Me.
18. Colui che è uguale verso amico e nemico, ed anche in onore e disonore, che è lo stesso nel freddo e nel caldo, e nel piacere e nel dolore, che è libero da ogni attaccamento,
19. Quello a cui censura e lode sono uguali, che è silenzioso, contento di ogni cosa, senza dimora, dalla mente stabile e pieno di devozione – quell’uomo è caro a Me.
20. Veramente coloro che seguono questo immortale Dharma (dottrina o legge) come prima descritta, dotati di fede, considerando Me come loro meta suprema, essi, i devoti sono estremamente cari a Me.
dal tredicesimo discorso
LO YOGA DELLA DISTINZIONE TRA IL CAMPO E IL CONOSCITORE DEL CAMPO
6. Desiderio, odio, piacere, dolore, l’aggregato (il corpo), fortezza e intelligenza – il Campo è stato così brevemente descritto con le sue modificazioni.
7. Umiltà, semplicità, innocuità, tolleranza, rettitudine, servizio al Maestro, purezza, costanza, autocontrollo,
8. Indifferenza per gli oggetti dei sensi ed anche assenza di egoismo, percezione del (o riflessione sul) male in nascita, morte, vecchiaia, malattia e dolore,
9. Non attaccamento, non identificazione del Sé, con figlio, moglie, casa e per il resto, e il costante equilibrio nell’ottenimento del desiderabile e dell’indesiderabile,
20. Nella produzione dell’effetto e della causa, la Natura (materia) si dice essere la causa; nell’esperienza di piacere e dolore, l’anima si dice essere la causa.
21.L’anima, stabilita nella Natura, sperimenta le qualità nate dalla Natura; l’attaccamento alle qualità è la causa della sua nascita in buoni o cattivi grembi.
22. Lo Spirito Supremo in questo corpo è anche chiamato lo spettatore, colui che permette, che sostiene, che gode, il grande Signore ed il Supremo Sé.
24. Alcuni con la meditazione osservano il Sé nel sé con il sé, altri con lo Yoga della conoscenza, ed altri ancora con lo Yoga dell’azione.
29. Vede, chi vede che tutte le azioni sono eseguite soltanto dalla Natura, e che il Sé è privo di azione.
30. Quando un uomo vede che la totale varietà degli esseri riposa nell’Uno e che deriva da Quello soltanto, egli allora diventa Brahman.
dal quattordicesimo discorso
LO YOGA DELLA DIVISIONE DEI TRE GUNA
5. Purezza, passione ed inerzia – queste qualità, Oh Arjuna, nate dalla Natura, legano saldamente nel corpo, l’Indistruttibile che ha preso corpo.
24. Equanime nella gioia e nel dolore, colui che dimora nel Sé, per il quale un pezzo di terra, una pietra o l’oro sono la stessa cosa, per il quale l’amico ed il nemico sono uguali, stabile, è lo stesso nel biasimo e nella lode,
25. Uguale nell’onore e nel disonore, lo stesso verso amici e nemici, abbandonando ogni impresa – si dice che egli ha trasceso le qualità.
dal quindicesimo discorso
LO YOGA DEL SUPREMO SPIRITO
5. Libero da orgoglio e illusione, vittorioso sul male dell’attaccamento, dimorante costantemente nel Sé, avendo completamente abbandonato i suoi desideri, liberato dalle coppie di opposti conosciute come piacere e dolore, l’immune dall’ illusione raggiunge la mèta eterna.
20. Così, questa segretissima scienza ti è stata insegnata da Me, Oh senza peccato. Conoscendo questa, un uomo diventa saggio, e tutti i suoi doveri sono compiuti, Oh Arjuna.
dal diciassettesimo discorso
LO YOGA DELLA DIVISIONE DEI TRE TIPI DI FEDE
14. Adorazione degli dei, dei nati due volte, dei maestri e dei saggi, purezza, rettitudine, continenza e inoffensività, queste sono chiamate le austerità del corpo.
15. Il discorso che non causa turbamento, che è verace, piacevole e benefico, la pratica dello studio dei Veda, sono chiamate austerità della parola.
16. Serenità di mente, mitezza, purezza di natura, autocontrollo – tutto questo è chiamato austerità di mente.
17. Questa triplice austerità, praticata da uomini forti con perfetta fede, che non desiderano alcuna ricompensa, è chiamata Sattwica.
20. Quel dono dato ad uno che non dà nulla in ritorno, sapendo che è un dovere darlo, in un luogo ed in un tempo adatto ad una persona degna, quel dono è considerato Sattwico.
dal diciottesimo discorso
LO YOGA DELLA LIBERAZIONE TRAMITE LA RINUNCIA
9. Qualsiasi azione obbligatoria sia compiuta, Oh Arjuna, semplicemente perché deve essere fatta, abbandonando l’attaccamento ed anche il desiderio per la ricompensa, tale rinuncia è considerata Sattwica (pura).
10. L’uomo di rinuncia pervaso di purezza, intelligente e con i suoi dubbi estirpati, non odia l’azione spiacevole né è attaccato a quella piacevole.
11. In realtà non è possibile per l’essere incarnato abbandonare completamente le azioni; ma colui che abbandona il frutto delle azioni è chiamato in verità un uomo di rinuncia.
18. La conoscenza, il conoscibile ed il conoscitore formano il triplice impulso all’azione; l’organo, l’azione e l’agente formano la triplice base dell’azione.
19. Conoscenza, azione ed attore sono dichiarati nella scienza dei Guna (la filosofia Sankhya) essere di tre tipi soltanto, in accordo alla distinzione dei Guna. Ascolta di essi con attenzione.
20. Quella per cui uno vede l’unica indistruttibile Realtà in tutti gli esseri, non separata in tutti i separati esseri, sappi tu che quella conoscenza è Sattwica.
23. Un’azione che è stata prescritta, che è libera da attaccamento, che è fatta senza amore o odio da uno che non è desideroso di alcuna ricompensa, quell’azione è considerata Sattwica.
26. Un agente che è libero da attaccamento, non egoista, dotato di fermezza ed entusiasmo e non influenzato da successo o fallimento, è chiamato Sattwico (puro).
33. La risoluta fermezza con cui, attraverso lo Yoga, le funzioni della mente, la forza vitale ed i sensi sono controllati, quella fermezza, Oh Arjuna, è Sattwica (pura).
37. Quello che è come veleno all’inizio, ma alla fine come nettare, quel piacere è considerato essere Sattwico, nato dalla purezza della propria mente dovuto alla realizzazione del Sé
53. Avendo abbandonato egoismo, forza, arroganza, desiderio, ira e bramosia, libero dalla nozione di “mio” e pieno di pace, egli è adatto per diventare Brahman.
72. Hai ascoltato tutto ciò, Oh Arjuna, con una mente concentrata? E’ stata distrutta l’illusione della tua ignoranza, Oh Dhananjaya?
Arjuna disse:
73. Distrutta è la mia illusione, perché io ho ritrovato la mia conoscenza (memoria) attraverso la Tua Grazia, Oh Krishna. I miei dubbi si sono dileguati. Agirò in accordo alla Tua parola.
Sanjaya disse:
74. Cosi ho udito questo meraviglioso dialogo tra Krishna e la grande anima Arjuna, che fa rizzare i capelli.
75. Attraverso la Grazia di Vyasa ho udito questo supremo e segretissimo Yoga direttamente da Krishna, il Signore dello Yoga, dichiarato da Lui stesso.

La Bhagavad Gida commentata
Per chi desiderasse approfondire lo studio e la meditazione operativa della Gītā, e quindi dello Yoga, consigliamo l’opera edita da Asram Vidyā.
È un’edizione molto particolare, tradotta e commentata da Raphael, indirizzata a coloro che hanno intrapreso la Via o stanno decidendo di farlo. L’approccio è “operativo”, scevro da qualsiasi forma di semplice erudizione.
I singoli passi della Gītā sono corredati di approfondimenti sui vari aspetti trattati, con citazioni da Patanjali, dalle Upaniṣad e dalla Tradizione greco-romana.
Il testo è corredato dall’originale in sanscrito e da un utile glossario.
Certamente è un testo impegnativo, anche perché ci stimola concretamente ad un lavoro su noi stessi, fornendo strumenti per una sperimentazione attiva; stimolo alla riflessione da trasferire sul piano dell’azione.
Vorremmo sottolineare come questa casa editrice ed i suoi collaboratori hanno rinunciato ai diritti di autore destinando il ricavato alla ristampa dei testi.
Onorando il principio secondo cui la Tradizione non può essere oggetto di mercificazione.
Fabio Milioni
