
Eminente rappresentante della Società teosofica di Adyar in India, professore di chimica presso l’Università di Allahābād, vegetariano convinto, I.K.Taimni[1] ha scritto numerosi testi sulla filosofia Hindū, tra i quali quello sugli Yogasūtra di Patañjali.
Si tratta, anche in questo caso, di un testo basilare la cui lettura è fonte di spunti di riflessione e meditazione di grande respiro. Molti dei Significati più complessi degli Yogasūtra sono indagati in profondità, descritti in modo chiaro e incisivo. Abbiamo pertanto ritenuto doveroso sviluppare un contributo adeguato, facendo riferimento diretto all’edizione originale in lingua inglese.[2]
Nella traduzione delle citazioni, riportata in nota, si è cercato di restare aderenti al testo originale, inserendo tra parentesi quadra chiarimenti ritenuti utili, indirizzati soprattutto a chi presta attenzione alla Via iniziatica tradizionale. Ci si è sentiti autorizzati a praticare tale metodo da quanto scritto da Taimni nell’introduzione dove, dopo aver rammentato le recenti scoperte scientifiche e la loro coerenza con i principi già enunciati dallo Yoga nell’antichità, fa un richiamo al concetto ermetico “Come in alto così in basso”.
La lettura integrale del testo di Taimni, che confidiamo i lettori siano stimolati a compiere, si ritiene particolarmente fruttifera per ogni ricercatore che ha intrapreso la Via Tradizionale, specificatamente quella del ramo Occidentale. E’ una lettura istruttiva che, pur nel rispetto integrale delle peculiarità e scevra da ogni facile suggestione di sincretismo, pone domande profonde su molti degli aspetti maggiormente critici dell’attuale situazione di diffuso degrado.
Concentrandoci nuovamente sul testo, sempre nell’introduzione, troviamo una riflessione sulle modalità con le quali lo Yoga si è largamente diffuso in Occidente:
Riconosciuto a Patañjali un ruolo preminente nell’ambito dello Yoga:
Dopo aver posto l’accento sul fatto che il testo non intende presentare lo Yoga secondo uno specifico punto di vista:
Evidenzia in modo esplicito, come la maggior parte dei commentatori, le difficoltà strutturali, in molti casi irresolubili, della traduzione dal Sanscrito all’ inglese:
Da cui deriva il suggerimento operativo, diretto ai sinceri ricercatori:
La realizzazione dello Yoga è una Via ardua, lunga che richiede un impegno costante, priva di scorciatoie:
Via che può essere intrapresa anche da coloro i quali, pur non avendo già acquisito le necessarie qualificazioni, possiedono la determinazione di sperimentare il processo di purificazione:
Prima di affrontare il commento sui Significati di Yama e Niyama, è interessante rilevare l’interpretazione, per molti aspetti originale e comunque efficace, che Taimni propone del Sādhanāpāda, commentandone i primi due Sūtra. In particolare merita profonda riflessione l’interpretazione data al Kriyāyoga, considerato come percorso ‘preliminare’. Il lettore potrà confrontarla con le altre interpretazioni e valutarne il fondamento. Le osservazioni riguardanti le qualificazioni richieste per accedere alla Via dello Yoga, appaiono efficaci e degne di attenzione.
Passiamo ora al commento della triade dei Niyama (Tapas, Svādhyāya e Īśvarapranidhāna) posti in apertura del secondo capitolo degli Yogasūtra, definiti nel loro insieme come “Kriyāyoga”. Si tratta di uno degli argomenti ricorrenti oggetto di varie interpretazioni. Dopo aver introdotto la tematica:
“Austerity, self-study and resignation to Īśvara constitute preliminary Yoga. The last three of the five elements of Niyama enumerated in II-32 have been placed in the above Sūtra under the title of Kriyāyoga. This is rather an unusual procedure and we should try to grasp the significance of this repetition in a book which attempts to condense knowledge to the utmost limit. Obviously, the reason why Tapas, Svādhyāya and Īśvarapranidhāna are mentioned in two different contexts lies in the fact that they serve two different purposes. And since the development of the subject of self-culture in Section II of the Yoga-Sutras is progressive in character it follows that the purpose of these three elements in II-1 is of a more preliminary nature than that in II-32. Their purpose in II-32 is the same as that of the other elements of Niyama and has been discussed at the proper place. What is the purpose in the context of II-1?
Taimni approfondisce la riflessione, sottolineando quando sia arduo l’impegno richiesto da parte di coloro che intendono intraprendere la Via dello Yoga:
Let us see. Anyone who is familiar with the goal of Yogic life and the kind of effort it involves for its attainment will realize tha Kleśas to plunge all at once into the regular practice of Yoga. If he is sufficiently interested in the Yogic philosophy and wants to enter the path which leads to its goal he should first accustom himself to discipline, should acquire the necessary knowledge of the Dharma-Śāstras and especially of the Yoga-Śāstras and should reduce the intensity of his egoism and all the other Kleśas which are derived from it. The difference between the outlook and the life of the ordinary worldly man and the life which the Yogī is required to live is so great that a sudden change from the one to the other is not possible and if attempted may produce a violent reaction in the mind of the aspirant, throwing him back with still greater force into the life of the world.
Motivi per i quali, prima di intraprendere la Via occorre passare attraverso un periodo di transizione e preparazione:
A preparatory period of self-training in which he gradually assimilates the Yogic philosophy and its technique and accustoms himself to self-discipline makes the transition from the one life to the other easier and safer. It also incidentally enables the mere student to find out whether he is sufficiently keen to adopt the Yogic life and make a serious attempt to realize the Yogic ideal.
Quello che appare requisito di scarsa importanza, costituisce nella realtà operativa un paradigma essenziale; la mancata osservanza è spesso il preludio ad un fallimento annunciato, troppo spesso confermato dagli sviluppi successivi, ben noti anche nell’ambito della Tradizione occidentale:
There are too many cases of enthusiastic aspirants who for no apparent reason cool off, or finding the Yogic discipline too irksome, give it up. They are not yet ready for the Yogic life. Even where there is present the required earnestness and the determination to tread the path of Yoga it is necessary to establish a permanent mood and habit of pursuing its ideal. Mere wishing or willing is not enough. All the mental powers and desires of the Sādhaka should be polarized and aligned with the Yogic ideal.
Sono pre-condizioni operativamente significative, il loro mancato rispetto genera rischi di confusione o errata comprensione dello Yoga; sono rischi reali che possono condurre a risultati nulli, se non dannosi:
Many aspirants have very confused and sometimes totally wrong ideas with regard to the object and technique of Yoga. Many of them have very exaggerated notions with regard to their earnestness and capacity to tread the path of Yoga. Their ideas become clarified and their capacity and earnestness are tested severely in trying to practise Kriyāyoga. They either emerge from the preliminary self-discipline with a clearly defined aim and a determination and capacity to pursue it to the end with vigour and single-minded devotion, or they gradually realize that they are not yet ready for the practice of Yoga and decide to tune their aspiration to the lower key of mere intellectual study.
Arriviamo così alla formulazione del concetto interpretativo, che lega il periodo di preparazione e transizione al significato della triade che sintetizza il Kriyāyoga:
Concetti forti, sui quali proponiamo una riflessione adeguata, che sono ulteriormente approfonditi nel commento al secondo Sūtra:
Acquisito il quadro di riferimento ed i concetti di base dell’approccio di Taimni, possiamo ora concentrarci sulla traduzione ed il commento di Yama e Niyama. Particolarmente utile la scelta di riportare oltre al testo in Sanscrito e la relativa traslitterazione, anche le possibili e molteplici traduzioni di ogni singola parola.
“II.29 Yama: Self-restraints; vows of abstention; Niyama: fixed observances, binding rules which must be observed; Āsana: posture; Prāṇāyāma: regulation of breath; Pratyāhāra: abstraction; Dhāraṇā: concentration, holding on to one idea or object in the mind or by the mind; Dhyāna: meditation, contemplation (‘con-templa-tion’ which means working out an area, a templum for observation fits in with the definition of Dhāraṇā in the text and ‘con-centra-tion’ which means confining to a centre fits in with the definition of Dhyāna as given in the text. Yet, on the whole, considering the conventional uses of the two words it seems best to render Dhāraṇā by concentration and Dhyāna by contemplation); Samādhi: trance, (are) the eight āṅga: limbs, constituent parts.”[12]
Nel relativo commento, altra riflessione efficace è rappresentata dall’analisi di Taimni rispetto alle modalità di realizzazione delle otto parti dello Yoga, se esse siano da intendersi sequenziali ovvero autonome:
“The only point which is worth considering in this Sūtra is whether the eight Aṅgas in this system are to be taken as independent parts or as stages which follow each other in natural sequence. The use of the word Aṅgas which means limbs implies that they are to be taken as related but non-sequential parts, but the manner in which Patañjali has dealt with them in the text shows that they have a certain sequential relationship. Anyone who examines carefully the nature of these parts cannot fail to see that they are related to one another in a definite manner and follow one another in a natural manner in the order in which they are given above. In systematic practice of higher Yoga, therefore, they have to be taken in the sense of stages and the order in which they are given has to be adhered to, as far as possible. But, as a Sādhaka can take up for practice any of the Aṅgas without adhering to this sequence these parts may be considered independent also to some extent.”[13]
Si tratta di un’interpretazione particolarmente efficace, soprattutto se inquadrata in una prospettiva ‘operativa’ piuttosto che teorica.
Altrettanto degno di attenzione il commento interpretativo di Yama e Niyama, in cui è proposta l’esistenza di due livelli dello Yoga. Si tratta di un altro passaggio di profondo spessore, del quale possiamo citare solo alcuni stralci. Consapevoli della limitazione, suggeriamo al lettore interessato di accedere al testo integrale; da una sua attenta lettura e rilettura potranno scaturire elementi di forte impatto:
“Yama and Niyama the first two Aṅgas of Yoga are meant to provide an adequate moral foundation for the Yogic training. ….There are two kinds of Yoga—lower and higher. The lower has for its object the development of certain psychic faculties and supernormal powers and for this the transcendent morality implied in Yama-Niyama is not at all necessary; in fact, it acts as a hindrance because it causes inner conflict and prevents the Yogī from going ahead with his pursuit of personal power and ambitions……… Some of these men are good people, self-centered or vain but harmless. Others, of another class, cannot be considered innocent and harmless…..
Soprattutto laddove identifica in modo inequivocabile le caratteristiche della contro-iniziazione operante ed attiva, vera e propria controparte speculare degli Adepti Illuminati:
There is a third class of Yogis who definitely tread the Left-hand path and are called Brothers of the Shadow. They have powers of various kinds developed to a high degree, are unscrupulous and dangerous, though outwardly they may adopt a mode of life which makes them appear religious……
contro-iniziazione che non va presa alla leggera, bensì identificata in quanto tale, utilizzando gli strumenti della Vigilanza (secondo la Tradizione Occidentale) ovvero del Distacco e della Discriminazione (Vairāgya e Viveka), così come descritti diffusamente da Patañjali negli Yogasūtra:
The higher Yoga which is expounded in the Yogasūtras should be distinguished very carefully from the lower Yoga referred to above. …….. On the path of higher Yoga morality of a high order is essential and it is a morality not of the conventional type, not even of ordinary religious type. It is a transcendent morality based on the higher laws of Nature and organized with a view to bring about the liberation of the individual from the bonds of illusion and ignorance.
Diventa così prioritario e non eludibile il compito di fare chiarezza, da un lato sgomberando il campo da comode semplificazioni:
…….This is a point which must be clearly understood because to many students of Yogic philosophy Yogic morality appears to be unnecessarily harsh and forbidding. …..According to some, Brahmacarya should be compatible with moderate sexual indulgence. Ahiṃsā should allow one to defend oneself against attacks from others. Such compromises with the demands of Yogic morality seem quite reasonable from the worldly standpoint, but anyone who studies the philosophy of Yoga carefully will see the utter futility of trying to keep a hold on this world while trying to conquer the Great Illusion. That doesn’t means it is not possible at all to practise Yoga without giving up these things entirely but the progress of the Sādhaka is bound to stop at one stage or another if he tries to make these compromises. …..
dall’altro lato, ribadire i Significati profondi che permeano gli Yama ed i Niyama è atto doveroso ed istruttivo, di grande aiuto per tutti i sinceri ricercatori che intraprendono la Via:
“Where is then the high standard of morality which is demanded by higher Yoga? In order to remove this doubt it is necessary to remember, as has been pointed out above, that each virtue is more comprehensive in its meaning than what it is generally considered to be. Thus Ahiṃsā does not mean merely abstaining from murder but not willfully inflicting any injury, suffering or pain on any living creature, by word, thought or action. Ahiṃsā thus stands for the highest degree of harmlessness which is found only among saints and sages and any ordinary person trying to practise it seriously in his life will soon begin to feel that perfect harmlessness is an unrealizable ideal. …..The main object of this relentless ethical code is to eliminate completely all mental and emotional disturbances which characterize the life of an ordinary human being. ………And, as long as these disturbances continue to affect the mind it is useless to undertake the more systematic and advanced practice of Yoga.”[14]
La successiva trattazione analitica dei singoli Yama e Niyama, altrettanto profonda, non è riportata per esigenze di spazio e rispetto del copyright. Confidando di essere riusciti a comunicare l’importanza di quest’Opera, si suggerisce al lettore di prendere in considerazione l’opportunità di passare alla lettura diretta ed integrale del testo, disponibile anche in lingua italiana.[15]
Fabio Milioni

[1]tratta dal testo: Dall’Uno della Tradizione ai Sistemi Aperti, Patañjali Yogasūtra. Il “punto di vista” dello Yoga Vol I -Yama e Niyama, delle astensioni e delle osservanze.
[2]Iqbal Kishen Taimni The science of Yoga, The Yoga-sutras of Patañjali in Sanskrit with transliteration, The Theosophical Publishing House, Adyar, 1961 (10th reprint 2001). Ndc: si è scelto di prendere a riferimento il testo originale in adesione al criterio metodologico di lavorare per quanto possibile sulle fonti dirette; la traduzione dei passi citati è stata curata direttamente; ci si assume l’esclusiva responsabilità di ogni eventuale imprecisione. In ogni caso il lettore potrà fare riferimento diretto all’edizione in lingua italiana, indicata in chiusura del capitolo.
[3]Ibidem, pg. vi (“Le scoperte fatte nel campo scientifico sono particolarmente utili per consentire allo studente di capire alcuni elementi della vita yogica. Ciò perché da tali scoperte emergono relazioni di omogeneità tra le leggi che regolano gli aspetti superiori e quelli sul piano fisico della vita. Relazione celata nella massima ‘Così in alto, così in basso’. Alcuni insegnanti di Yoga hanno tentato di far fronte a questa difficoltà [comprendere e far comprendere il Significato della massima] estrapolando dalla filosofia e tecnica dello Yoga [considerata nella sua completezza ed inscindibile unità] le pratiche più facilmente comprensibili ed eseguibili, presentando le stesse al pubblico come ‘insegnamenti yogici’. Molte di queste pratiche, come Āsana, Prāṇāyāma ecc. sono di natura puramente fisica. Quando sono separate dai loro più elevati ed essenziali insegnamenti dello Yoga, [queste pratiche ridotte e limitate] riducono i loro sistemi ad una scienza di cultura fisica, analoghi ad altri sistemi con le stesse caratteristiche. Questa eccessiva semplificazione del problema della vita yogica, sebbene abbia portato alcuni benefici ed aiutato qualcuno a vivere una vita fisica più sana e salutare, ha [d’altro canto] enormemente volgarizzato il movimento verso la cultura yogica, producendo false idee, soprattutto in Occidente, sul reale Significato ed il fine della tecnica dello Yoga.”).
[4]Ibidem pg. viii (“Nella letteratura di base dello Yoga, gli Yogasūtra di Patañjali costituiscono il testo più autorevole ed utile. Nei suoi 196 Sūtra l’autore ha condensato l’essenza della filosofia e della tecnica dello Yoga, tale da costituire una meravigliosa esposizione sintetica e sistematica.”).
[5]Ibidem pg. vii (“Questo libro intende fornire a chi intenda studiare con serietà lo Yoga, un’idea chiara degli insegnamenti fondamentali dello Yoga, utilizzando a tal fine un linguaggio comprensibile. Questo libro non presenta lo Yoga sotto nessuna specifica prospettiva ne basandosi su visioni filosofiche specifiche di una scuola di pensiero.”).
[6]Ibidem pg. xi (“Un’altra difficoltà nello scrivere un commentario in inglese è rappresentata dall’impossibilità di trovare equivalenti precisi di molte parole in Sanscrito….non esistono in inglese gli equivalenti di molti termini del Sanscrito, termini che identificano precisi [Significati] concetti filosofici. Inoltre, in molti casi, le parole inglesi con significati approssimati [a quelli in Sanscrito], sono responsabili di fornire una visione totalmente errata……come rilevato in precedenza, l’equivalente esatto in inglese di molte parole del Sanscrito non esiste. ”).
[7]Ibidem (“Il ricercatore della Verità deve interessarsi essenzialmente dei fatti e della Verità evidenti, senza farsi coinvolgere nelle controversie sul significato delle parole. Lasciando questo passatempo [gioco, svago, divertimento riguardante le controversie sul significato delle parole] a coloro che sono nient’altro che degli studiosi.”).
[8]Ibidem pg. xii (“Non c’è dubbio che seguire seriamente l’ideale dello Yoga comporta un impegno difficile, che non può essere assunto come semplice passatempo o per fuggire dallo stress e dalla tensione della vita ordinaria.”).
[9]Ibidem (“Coloro che non si sentono adeguati per questo impegno non sono obbligati ad affrontarlo in modo diretto. Possono continuare lo studio teorico dello Yoga, meditando costantemente sui problemi più profondi dell’esistenza, cercando di purificare la mente e rafforzare il carattere, fino a quando il loro potere di discriminazione sia divenuto sufficientemente forte da rompere il velo delle illusioni comuni e vedere la vita nella sua nuda realtà. Questo, di fatto, è l’obiettivo del Kriyā Yoga al quale Patañjali si riferisce in apertura della seconda sezione [Sādhanā pāda]” ).
[10]Ibidem, pgg. 127-129 (“Austerità [disciplina, ma anche calore che genera ‘il fuoco che non brucia’ del processo di trasmutazione] studio di se stessi [‘nosce te ipsum’, processo conoscitivo del ‘io chi sono?’] e confidare in Īśvara [l’Essere Supremo] costituiscono lo Yoga preliminare. Dei cinque Niyama descritti nel Sūtra II.32, gli ultimi tre sono riportati in questo Sūtra [II.1] sotto il titolo di Kriyāyoga. Essendo una procedura inusuale, cercheremo di cogliere quale sia il Significato [profondo] di questa ripetizione, [tenuto conto che siamo in presenza di] un testo che tenta di condensare al massimo la conoscenza [i Significati e l’operatività]. Naturalmente, il motivo per il quale Tapas, Svādhyāya e Īśvarapranidhāna sono menzionati in due contesti differenti è motivato dal fatto che essi sono utilizzati per due finalità differenti. Tenuto conto che lo sviluppo della seconda sezione degli Yogasūtra [Sādhanā pāda] è caratterizzato dalla progressività dell’insegnamento, ne deriva che lo scopo dei tre elementi [Tapas, Svādhyāya e Īśvarapranidhāna] nel Sūtra II-1 ha un carattere preliminare rispetto a quanto sarà illustrato e commentato successivamente in merito al Sūtra II-32. [Siamo perciò di fronte alla domanda:] Qual è lo scopo [il Significato] di tali elementi nel contesto del Sūtra II-1? Cerchiamo ora di comprenderlo. Chiunque abbia familiarità con l’obiettivo della vita yogica e della tipologia di impegno necessario per la sua realizzazione comprenderà che non è possibile né consigliabile, per chiunque sia assorbito dalla vita del mondo [dimensione exoterica della profanità] e completamente sotto l’influenza dei Kleśa [le dinamiche profane che generano afflizioni] immergersi direttamente nella pratica regolare dello Yoga. [Colui che desidera sinceramente intraprendere la Via] Se è sufficientemente interessato alla filosofia yogica e vuole entrare nel sentiero che conduce al suo obiettivo, dovrebbe come prima cosa abituarsi alla disciplina, acquisire la necessaria conoscenza dei Dharma-Śāstra e in modo particolare degli Yoga-Śāstra, controllando [in tal modo] l’intensità del suo egoismo e di tutti gli altri Kleśas che da esso derivano. La differenza tra la prospettiva e la vita dell’uomo ordinario [profano] e lo stile di vita richiesto ad uno Yogī è così grande che un cambiamento improvviso dall’uno all’altro [stile di vita] è impossibile; ove lo si tentasse [senza adeguata preparazione] nella mente dell’apprendista può prodursi una reazione violenta, [tale da farlo regredire] respingendolo con forza ancora maggiore nella [profanità della] vita del mondo. Un periodo preparatorio di auto-disciplina, durante il quale assimilare in modo graduale la filosofia yogica e la sua tecnica, abituandosi all’autodisciplina, rende più facile e più sicuro il passaggio da una vita all’altra [dalla dimensione dell’Essere profana a quella iniziatica]. [Tale approccio graduale] Consente anche al semplice neofita di scoprire se è sufficientemente motivato ad adottare lo stile di vita dello Yoga, quindi a tentare in modo consapevole di realizzarne l’ideale.
Ci sono troppi casi di aspiranti entusiasti che, senza apparente ragione, si raffreddano o trovano troppo [impegnativa, se non addirittura] fastidiosa la disciplina [richiesta a chi intende praticare nella sua pienezza l’operatività dello] Yoga, abbandonandola. [Costoro] Non sono ancora pronti per [assumere l’impegno richiesto dallo Stile del] la vita Yogica. Anche laddove sono presenti la serietà e la determinazione necessarie per percorrere la via dello Yoga, è necessario consolidare uno stato dell’Essere e un’abitudine permanente, [imprescindibili] per perseguire [con successo] il suo ideale. Il semplice desiderio o la volontà non sono sufficienti. Il Sādhaka [colui che segue la disciplina spirituale della Sādhanā साधना] dovrebbe polarizzare e rendere conforme all’ideale dello Yoga tutte le sue capacità e aspirazioni. Molti neofiti hanno idee decisamente confuse, a volte totalmente sbagliate rispetto all’oggetto e alla tecnica dello Yoga. Molti di loro hanno convinzioni eccessive circa la loro serietà e capacità di percorrere la via dello Yoga. [Infatti] nel tentativo di praticare il Kriyāyoga, le idee [errate] di costoro sono chiarite, mettendo alla prova in modo severo la loro capacità e serietà. Entrambi [capacità e serietà] emergono dall’autodisciplina preliminare, finalizzata verso [il conseguimento ] un obiettivo definito con chiarezza, [unito a] una determinazione e una capacità di perseverare fino alla fine con vigore e devozione univoca; ovvero [quando ciò non avvenga] si rendono progressivamente conto di non essere ancora pronti per la pratica dello Yoga [nella sua integralità] e decidono di sintonizzare la loro aspirazione verso il livello inferiore [ovvero] del solo studio intellettuale.
Questa auto-disciplina preparatoria è di triplice natura, corrispondente alla triplice natura dell’essere umano. [Costituita da] Tapas, che è legato alla volontà, Svādhyāya all’intelletto e Iśvarapraṇidhāna alle emozioni. Questa disciplina [Sādhanā], infatti, mette alla prova e sviluppa tutti e tre gli aspetti della natura, producendo una crescita a tutto tondo ed armonica dell’individualità, così essenziale per il raggiungimento di qualsiasi ideale elevato. Questo aspetto diventerà chiaro quando prenderemo in considerazione il Significato di queste tre componenti del Kriyāyoga nella trattazione del Sūtra II-32. Esiste una certa confusione riguardo al Significato della parola Saṃskṛta Kriyā, alcuni commentatori preferiscono tradurlo come ‘preliminare’, altri come ‘pratico’. In realtà Kriyāyoga è sia pratico sia preliminare. È preliminare perché deve essere attuato nelle fasi iniziali della pratica dello Yoga ed è pratico perché mette operativamente alla prova le aspirazioni e la serietà del Sādhaka, facendogli sviluppare la capacità di intraprendere la pratica dello Yoga come percorso diverso dal suo semplice studio teorico, per quanto profondo [quest’ultimo] possa essere. “).
[11]Ibidem, pgg. 129-130 (“2. (Kriyāyoga) è praticato per attenuare i Kleśas e realizzare il Samādhi.
Sebbene la pratica dei tre elementi del Kriyāyoga costituisca l’apprendistato preparatorio del neofita, non si dovrebbe da ciò presumere che [Tapas, Svādhyāya e Īśvarapranidhāna] siano di secondaria importanza ed abbiano un ruolo limitato nella vita del Sādhaka. Quanto sia efficace questa disciplina [seguita con Vigilanza e Perseveranza] ed a quale elevato stato dell’Essere è capace di condurre l’apprendista è chiarito dal secondo Sūtra che stiamo prendendo in considerazione; esso dichiara gli esiti della pratica del Kriyāyoga, che non solo attenua i Kleśa, ponendo le fondamenta dello Stile di vita Yoga, ma inoltre conduce l’apprendista verso il Samādhi [l’Illuminazione], tecnica essenziale e scopo finale dello Yoga. Il Kriyāyoga è perciò in grado anche di costruire in larga misura la struttura superiore dello Stile di vita Yoga. L’importanza del Kriyāyoga, nonché dello Stato dell’Essere superiore a cui può condurre il Sādhaka, saranno chiari quando avremo preso in considerazione gli esiti ultimi della pratica di Tapas, Svādhyāya e Īśvarapranidhāna [descritti nel Sūtra] in II-43-45. Lo stadio finale del Samādhi è, naturalmente, raggiunto attraverso la pratica di Īśvarapraṇidhāna come indicato in I-23 e II-45. Sebbene i due risultati della pratica del Kriyāyoga enumerati in II-2 siano correlati agli stadi iniziali e finali della pratica yogica, in realtà sono strettamente connessi e in un certo senso complementari. Quanto più i Kleśa sono attenuati, tanto più grande diventa la capacità del Sādhaka di praticare Samādhi, avvicinandosi sempre più al suo obiettivo [finale costituito dalla Liberazione] il Kaivalya. Quando i Kleśa sono stati praticamente annullati, egli si stabilisce [in modo continuativo] nel Samādhi (Sahaja-Samādhi), alle soglie del Kaivalya. Riprenderemo la discussione di questi tre elementi del Kriyāyoga come parte di Niyama nel II.32. “).
[12]Ibidem, pg. 205 (“II.29 Yama: le auto-discipline; i voti di astensione; Niyama: le osservanze, regole [doveri] vincolanti che devono essere osservate; Āsana: postura; Prāṇāyāma: controllo del respiro; Pratyāhāra: astrazione; Dhāraṇā: concentrazione, fissità su una singola idea o oggetto nella mente o dalla mente; Dhyāna: meditazione, contemplazione (“con-templa-zione” che significa lavorare su un’area, un Templum per l’osservazione è [una definizione] calzante rispetto alla definizione nel testo di Dhāraṇā; “confinamento” che significa confinare a un centro, si adatta con la definizione di Dhyāna come data nel testo;[ciò premesso] , considerando nel loro complesso l’utilizzo convenzionale delle due parole, meglio rendere il Significato di Dhāraṇā con ‘concentrazione’ e quello di Dhyāna con ‘contemplazione’); Samādhi: trance, (sono) gli otto āṅga: arti, parti costitutive. “ ).
[13]Ibidem, pgg 205-206 (“In questo Sūtra, l’unico punto degno di considerazione è se gli otto Aṅga del sistema dello Yoga devono essere considerati parti tra loro indipendenti oppure come stadi/livelli che si susseguono secondo una sequenza naturale. [Da un lato] L’uso della parola Aṅga, che significa arti, implica che devono essere presi come parti correlate ma non sequenziali; ma [d’altro canto] il modo in cui Patañjali li ha trattati negli Yogasūtra, mostra che esiste tra di loro una certa relazione sequenziale. Chiunque esamini con attenzione la natura di queste parti, non può non vedere come esse sono in relazione l’una con l’altra in modo preciso, dove si susseguono in modo naturale secondo l’ordine con il quale sono state formulate. Nella pratica sistematica dello Yoga nella sua accezione integrale, devono essere pertanto considerate come fasi, rispettando il più possibile l’ordine con il quale sono state descritte. D’altro canto, tenuto conto che un Sādhaka può riprendere a praticare qualsiasi Aṅga senza aderire a questa sequenza, queste parti, in una certa misura, possono anche essere considerate indipendenti [tra di loro]. “).
[14]Ibidem pgg.206-209 (“I primi due Aṅga dello Yoga, Yama e Niyama, hanno lo scopo di fornire un fondamento morale adeguato al livello dell’operatività richiesto dallo Yoga. Il fatto stesso che siano posizionati prima degli altri Aṅga mostra il loro carattere basilare. …..Esistono due tipi di Yoga: inferiore e superiore. L’inferiore ha per oggetto lo sviluppo di alcune facoltà psichiche e di poteri sopranormali: a questo livello la morale trascendente richiesta in Yama-Niyama non è per niente necessaria; tale morale agisce come ostacolo [perché il suo mancato rispetto] causa conflitti interiori, impedendo allo Yogī [che pratica lo Yoga di livello inferiore] di andare avanti con la ricerca del potere personale e del soddisfacimento delle ambizioni [essendo costoro succubi dell’ego]. …Alcuni di questi uomini [che praticano lo Yoga inferiore] sono brave persone, egocentrici o vanitosi ma innocui. Altri, di un altro livello, non possono essere considerati né innocenti né innocui [ovvero sono da considerarsi colpevoli e dannosi]……
Esiste [inoltre] una terza classe di Yogī [Ndc: che da parte nostra abbiamo grande difficoltà a riconoscere con tale appellativo dei ‘lupi travestiti da agnelli’] che sicuramente percorrono il sentiero della mano sinistra e sono chiamati Fratelli dell’ombra. Hanno poteri di vario genere sviluppati in alto grado, sono senza scrupoli e pericolosi, anche se esteriormente possono adottare un modo di vivere che li fa sembrare religiosi …. )……
Lo Yoga di ordine superiore [Ndc: che per noi altro non è che l’unico e vero Yoga] esposto negli Yogasūtra dovrebbe essere differenziato con grande attenzione dallo Yoga inferiore di cui sopra. …… .. Lungo il sentiero dello Yoga di ordine elevato è essenziale una moralità assoluta, di tipo non convenzionale, che va oltre quella religiosa o ordinaria. È una morale trascendente, fondata sulle superiori leggi della Natura, organizzata al fine di realizzare la liberazione dell’individuo dai legami dell’illusione e dell’ignoranza….
……. Occorre comprendere con chiarezza questo concetto, perché per molti studenti della filosofia yogica la moralità yogica sembra essere inutilmente dura e proibitiva. … .. Secondo alcuni, Brahmacarya dovrebbe essere compatibile con una moderata indulgenza sessuale. Ahiṃsā dovrebbe consentire di permettere di difendersi dalle aggressioni degli altri. Tali compromessi rispetto ai requisiti posti dalla moralità yogica appaiono sufficientemente ragionevoli [se considerati] dal punto di vista terreno [profano], ma chiunque studi con attenzione la filosofia dello Yoga potrà constatare l’inutilità assoluta [di un approccio] che tenti di mantenere un legame con questo mondo [della dimensione profana] mentre cerca di vincere la Grande Illusione [Maya, la dimensione delle apparenze che vela la Realtà ultima]. Il che non significa che non sia possibile praticare [inizialmente] lo Yoga senza rinunciare [da subito e] completamente a queste cose [che appartengono alla profanità], ma il progresso del Sādhaka è destinato prima o poi ad interrompersi se si cerca di rendere possibili questi compromessi. …
Qual è, allora, l’elevato livello di moralità richiesto dallo Yoga superiore? Per rimuovere questo dubbio è necessario ricordare, come è stato sottolineato sopra, che ogni Virtù racchiude un Significato più complesso di quello normalmente assegnatole. Quindi Ahiṃsā non significa semplicemente l’astenersi dall’omicidio, ma [anche] non infliggere volontariamente ferite, sofferenze o dolore a nessuna creatura vivente, con parole, pensieri o azioni. Ahiṃsā rappresenta quindi la non nocività al grado più elevato, riscontrabile solo tra Santi e Sapienti; chiunque cerchi di praticare seriamente questa Virtù, acquisirà presto la Consapevolezza che la perfetta innocuità è un ideale irrealizzabile. … .. L’obiettivo principale di questo codice etico è quello eliminare completamente tutti i disturbi mentali ed emotivi che caratterizzano la vita di un essere umano ordinario……. Fino a quando questi disturbi continueranno a influenzare la mente, è inutile intraprendere la pratica più sistematica e avanzata dello Yoga “.
[15]I. K. Taimni, La scienza dello Yoga. Commento agli Yogasūtra di Patañjali, Ubaldini, Roma, 1978.