
Celebrazione in onore della Bhagavadgītā. In quest’occasione si recitano i versi (Bhīṣma Parva भीष्मपर्व capitoli 23-40) di questo sacro testo Hindū, parte del Mahābhārata (Mahābhāratam महाभारतम्, grande epopea dell’antica India, tradizionalmente attribuita a Vyāsa. Insieme al Rāmāyaṇa, forma l’Itihāsa, la ‘storia’.)
La Gītā è ambientata in un quadro narrativo di dialogo tra il principe Arjuna ed il Signore Kṛṣṇa.
“Colui che è libero da inimicizia verso tutti gli esseri, colui che a me rende onore, che è libero da attaccamento e desiderio, che mi reputa lo scopo supremo della sua vita, quegli certamente mi raggiunge”
(BG 11.55)
“Uno Yogīn è libero da inimicizia verso tutte le creature, nutre sentimenti gentili e compassionevoli, è libero dall’attaccamento ai beni e dall’ego, è equilibrato nel dolore e nel piacere, ed è tollerante”
(BG 12.13)
Bhagavadgītā, ‘Canto del Beato’, ovvero Śrīmadbhagavadgītā, ‘Meraviglioso Canto del Divino”, è opportuna una presentazione di questa grande Opera, alla quale ci si accosta con grande rispetto, per la comprensione della quale ci si è avvalsi dell’ausilio e delle indicazioni contenute nei commenti di Śrī Svāmī Sivananda e Raphael.
Svāmī Sivananda, introducendo l’Opera, esprime per essa profonda devozione, dato che la Gītā:
“In tutta la letteratura mondiale non c’è un libro con un contenuto di elevazione ed ispirazione come la Gītā…È la sorgente di ogni sapienza. È la vostra grande guida. È il vostro supremo maestro. È un inesauribile tesoro spirituale. È una fontana di beatitudine. È un oceano di conoscenza. È piena di grandioso divino splendore. La Gītā è la crema dei Veda. È l’essenza delle Upaniṣad. È la scrittura universale per tutti i popoli di ogni temperamento e per tutti i tempi. È un libro meraviglioso che contiene pensieri sublimi ed istruzioni pratiche per lo Yoga, la devozione, il Vedānta e l’azione….La Gītā è un oceano sconfinato di nettare.”
Naturalmente, per un’Opera di tale grandezza:
“Esistono centinaia di commentari…Śrī Śaṅkara, Śrī Rāmānuja and Śrī Madhva ne hanno dato le loro interpretazioni e [sulla base della Gītā] consolidato le loro filosofie.”
Siamo pertanto di fronte ad una fonte d’insegnamento molto particolare:
“Gli insegnamenti della Gītā sono ampi, universali e sublimi. I suoi insegnamenti non appartengono a nessun culto, setta, credo, età, luogo o nazione.”
Per questo costituisce da sola uno strumento guida per Svādhyāya:
“Lo studio della Gītā è da solo sufficiente ai fini della Svādhyāya quotidiana (studio delle scritture).”
Affermato ciò, però, Svāmī Sivananda è molto chiaro nelle indicazioni di guida al suo studio, rimarcandone la caratterizzazione di scritto esoterico, da affrontare sotto la guida di un Maestro esperto, condizione in assenza della quale l’insegnamento più profondo non potrà essere realizzato:
“Dato che la Gītā contiene un insegnamento sottile e profondo, dovete studiarla sotto la guida di un insegnante qualificato (un Gurū consolidato nell’Assoluto), con grande ed intensa fede, devozione concentrata e purezza. Solo allora le verità della Gītā vi saranno rivelate….Persone dalla mente aperta, per quante possano essere le loro capacità intellettuali, non potranno afferrare gli insegnamenti essenziali della Gītā…Pertanto, l’aiuto di un maestro è necessario se desiderate conoscere il vero significato dei suoi versi.”
Sono parole profonde, verso le quali è doveroso un profondo rispetto. Avendo ben presente di operare ad un livello di lettura iniziale, c’è di ausilio fare riferimento alla visione di un Adepto della Tradizione quale è Raphael , prendendo in esame il suo inquadramento rispetto alle motivazioni alla genesi della Gītā:
“Due erano gli intenti del compilatore (o dei compilatori) della Gītā: uno era quello di voler risolvere l’esigenza spirituale dei ricercatori, offrendo un Ideale sperimentale di vita dottrinale dell’epoca passata, e l’altro di conciliare le opposte tendenze che cercavano di affermarsi, l’una contro l’altra, all’interno dell’induismo….. Questo inizio di orientamento e di sintesi iniziatica fu più tardi continuato con successo da Śaṅkara. Così, la Gītā contempla la metafisica e l’etica…..scienza del Reale e pratica Yoga; concilia la conoscenza e l’azione, il culto sacrificale vedico, l’insegnamento upaniṣadico….la Bhakti e la concentrazione yogica. Questo meraviglioso capolavoro d’intelligente impostazione del problema e di sintesi dottrinale produsse l’evento più significativo ed incisivo della storia induista dell’epoca.”
Sempre Raphael, nel suo commento al testo, sottolinea più volte il carattere iniziatico del Gītā, considerata a pieno titolo una summa non solo del pensiero Vedico, ma anche “tout court” di quello Tradizionale:
“La Tradizione è rappresentata da un corpus di Conoscenze che si esprime a diversi gradi e comparti dell’operare umano. Conoscenze che con provengono dal pensiero dualistico individuato…..Nel tempo-spazio questa Conoscenza viene adattata ai vari popoli concretizzandosi in ciò che possiamo chiamare i Rami tradizionali dell’unica Conoscenza primordiale.”
Mettendo in risalto i requisiti necessari per poterci avvicinare, requisiti chiaramente descritti negli Yogasūtra e dei quali Yama e Niyama costituiscono parte integrante:
“L’azione iniziatica richiede certe qualificazioni che il neofita deve affermare, esse riguardano: 1) Il dominio delle energie psichiche, in modo da produrre “abilità nell’azione”. 2) Distacco emotivo sensoriale dai frutti dello stesso agire…..”
Ma anche rammentando come la Via tradizionale richieda di essere direttamente sperimentata come processo evolutivo concreto, del quale abbiamo testimonianze precise:
“..vi sono sempre stati e vi sono degli esseri che hanno svelato, in quanto lo vivono, e non teoricamente o illusoriamente, questo asserto di verità tradizionale, cosicché la verità è provata sperimentalmente.”
La grandezza dell’Opera è anche l’essere uno strumento a disposizione di tutti coloro che intraprendono la via dello Yoga:
“L’insegnamento della Gītā può essere valido ed essenziale per tutti: occorre meditarlo profondamente, perché lo Yoga di qualunque forma e grado non può prescindere dalla meditazione. Dalla corretta meditazione nasce il riconoscimento della retta azione.”
Via d’illuminazione dalle molteplici prospettive contenute Tradizione, :
“La Gītā costituisce una Dottrina sintetica (non sincretica) che conduce dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dal divenire all’essere, dall’Avidyā allo Jñāna, dal relativo impermanente all’assoluto incondizionato, dall’apparenza a ciò che é.”
Da cui il sottile ma saldo legame che unisce gli Yogasūtra alla Gītā visibile se ci si pone in modo fattivo nella prospettiva dell’insegnamento tradizionale:
“La Tradizione, con le sue varie scienze, indica la via dell’assoluto e degli universali che va investigata seriamente ed esperita. Lo Yoga è scienza e filosofia, è teoria e pratica, è mente e azione.”
(tratto da: Pātañjala Yogasūtrāṇi Le fondamenta:Yama e Niyama Il ‘punto di vista’ Yoga Vol II – terza edizione, cura di Fabio Milioni. ISBN | 979-12-20306-83-6 pgg. 338-341)
Per un primo approfondimento:
La Bhagavad Gita di Śrī Svāmī Sivananda Sarasvati
edizioniporpora
Meditazioni sulla Gita di Śrī Svāmī Sivananda Sarasvati
edizioniporpora
Edizioni consigliate:
The Bhagavadgītā, (text, word-to- word meaning, translation and commentary by Śrī Svāmī Sivananda, The divine Life Society, Śivanandanagar,2013
Śrī Aurobindo, Lo Yoga della Bhagavadgītā, Mediterranee, Roma, 1999
Śrī Aurobindo, Essays on the Gītā, Vol. 19 The complete works, Śrī Aurobindo Ashram Press, Pondicherry,1997
The Bhagavadgītā, with the commentary of Śrī Śhaṅkarākārya, Samata books, Madras, 1977
Bhagavadgītā, il Canto del Beato, Āśram Vidyā, Roma, 2006
Il Canto del Beato (Bhagavadgītā), a cura di Raniero Gnoli, UTET, Torino, 1976