I commentatori moderni: Iyengar, Satyananda e Van Lysebeth
Più o meno tutti i commentatori moderni hanno dato un’interpretazione di śīrṣāsana, spesso caratterizzandola in modo personale e arricchendola di una serie di innumerevoli varianti. In questa seconda parte ci occuperemo dei maestri che hanno fatto scuola, particolarmente seguiti nel mondo occidentale: Iyengar, Satyananda e Van Lysebeth.
Contrariamente a quanto fatto nella prima parte, questa volta non siamo in grado di citare in modo esteso le fonti né di riprodurre le immagini (sostituite nel testo da figure di riferimento generico, sostanzialmente valide per tutti e tre gli autori), come nostra abitudine: il motivo è legato all’esistenza del copyright dei testi.
Ci limiteremo quindi ad una semplice esposizione introduttiva, rimandando i lettori che fossero interessati alla consultazione diretta dei testi richiamati, comunque indicati in bibliografia.
In ogni caso, è opportuno ribadirlo, si tratta di una conoscenza teorica; la pratica a nostro parere può essere affrontata solo ed esclusivamente sotto la guida di un Maestro esperto e qualificato per due ordini di motivi: di cautela sul piano fisico-energetico, di adeguato possesso delle qualificazioni richieste sul piano sottile.
B.K.S. Iyengar
I testi
Questo autore, che ha avuto ed ha tutt’ora una vasta influenza nel panorama dello Yoga, ed in particolare dell’Haṭha yoga. Discepolo di Śrī Kṛṣnamācārya, ha descritto in modo completo śīrṣāsana e le sue varianti in due testi principali:
- The illustrated Light on Yoga, Harper Colllins, New Delhi, 2005 (first edition 1966) pgg. 83-90
- The path to holistic Health, DK, London, 2014 (first edition 2001), pgg.138-43
I lettori di lingua italiana possono fare diretto riferimento a:
- Teoria e pratica dello Yoga, Mediterranee, Roma, 2003, ppg.161-184
Peculiarità
Secondo l’autore, che si rifà a testi antichi non meglio precisati, śīrṣāsana è considerato il re di tutte le āsana. A supporto di tale affermazione, ricorda che alla nascita normalmente viene prima la testa e poi il resto del corpo; la testa è la sede dell’anima, del Brahman.
Il cranio racchiude il cervello, sede dell’intelligenza, della conoscenza, della discriminazione, della saggezza che controlla il sistema nervoso e gli organi di senso. Da cui l’importanza per il corpo umano di un cervello sano. Citando la Bhagavadgītā, Iyengar rammenta come le tre qualità, i guṇa[1] dell’armonia (sattva[2]), dell’azione (rajas[3]) e dell’inerzia (tamas[4]), derivano dal cervello, sono in continua trasformazione generando la prevalenza di una sulle altre.
Partendo da tale base, l’autore sviluppa il ragionamento per il quale, essendo la testa è il centro delle qualità di sattva (la discriminazione, il discernimento), il tronco di quelle di rajas (passione, emozioni azioni) e la parte inferiore del corpo sotto il diaframma delle qualità di tamas (sensualità e piaceri profani), la pratica regolare di śīrṣāsana, irrorando con sangue puro le cellule cerebrali, le ringiovanisce.
Iyengar rammenta inoltre gli effetti positivi śīrṣāsana : tonico per le persone la cui mente si stanca rapidamente; aiuta il sistema respiratorio aumentandone le difese rispetto alle variazioni di temperatura climatica, alle condizioni di lavoro, raffreddore, tosse, tonsillite, alitosi; riduce le palpitazioni del sistema cardio-circolatorio al quale fornisce un miglioramento del contenuto di emoglobina nel sangue; è di aiuto per le persone che soffrono di stitichezza.
Tutti elementi a favore di questa pratica che comunque, evidenzia l’autore, è sconsigliata (in analogia alle altre posizioni invertite, come sarvangāsana) quando si soffre di alta o bassa pressione sanguigna.
La tecnica
Per quanto riguarda la tecnica, Iyengar fornisce una descrizione estesa, non ponendo in modo netto il vincolo del suo apprendimento sotto la guida di un Maestro esperto; si limita infatti a consigliare ai principianti deve avere l’assistenza di un amico o eseguire śīrṣāsana contro un muro, per poi approfondire nel descrivere tutte le cautele del caso.
La trattazione, oltre che ai principianti che pratichino senza la guida di un Maestro, si occupa estensivamente delle istruzioni per l’esecuzione di śīrṣāsana. Istruzioni precise e corredate da immagini di riferimento. In particolare, Iyengar raccomanda di:
- Perfezionare preliminarmente sarvangāsana[5], definito la ‘madre’ delle āsana, e halāsana[6] prima di approcciare śīrṣāsana, considerato il ‘padre di tutte le āsana’. Da quest’affermazione discende poi l’indicazione, una volta padroneggiate entrambe, di eseguire śīrṣāsana dopo sarvangāsana.
- Utilizzare una coperta piegata in quattro dove poggiare la testa. Ovviamente la coperta è a sua volta posta sul tappetino.
- Incrociare le dita in modo che i palmi formino una specie di coppa dove sarà posizionata la parte posteriore del capo [fig1].

- Appoggiare gli avambracci al centro della coperta in modo tale che la distanza tra i gomiti sul pavimento non sia più ampia delle spalle.
- Curare il corretto allineamento delle varie parti del corpo, in particolare dei lati superiori e inferiori dei palmi delle mani, dei polsi, della gola, dei gomiti, del mento e delle spalle.
- Raggiungere la posizione finale in modo progressivo con più stadi successivi [fig. 2-6].


- Sollevare le ginocchia dal pavimento avvicinando le dita dei piedi alla testa solo dopo aver fissato la posizione della testa.


- Nella posizione finale il corpo deve essere perpendicolare (tronco dalle spalle al bacino), la regione dorsale spinta in avanti e in alto, evitando che la parte lombare e pelvica siano spinte in avanti.

- All’inizio salire e scendere piegando le gambe, ma una volta acquisita la padronanza della tecnica salire e scendere senza piegare le gambe.
- Espirare mentre si eseguono i movimenti ed inspirare nelle pause di transizione tra un movimento e l’altro.
- Apprendere la tecnica per gestire eventuali cadute.
Per quanto riguarda la durata nella quale restare nella posizione finale , dopo aver inizialmente indicato un tempo generico da uno a cinque minuti, tenuto conto che per un principiante è difficile bilanciarsi per un minuto, più oltre precisa che il limite di tempo per śīrṣāsana dipende dalla capacità individuale, ritenendo che la posizione possa essere tenuta da un principiante da due a cinque minuti. Per coloro che hanno acquisito completamente la tecnica afferma che si possa arrivare comodamente a dieci, quindici minuti.
Benefici
Iyengar elenca i seguenti benefici principali di śīrṣāsana: aumenta la resistenza fisica e mentale, allevia l’insonnia, riduce l’insorgenza di palpitazioni cardiache, del cuore, aiuta a curare l’alitosi, rafforza i polmoni, migliora la funzione delle ghiandole pituitaria e pineale, aumenta il contenuto di emoglobina nel sangue, allevia i sintomi di raffreddore, tosse e tonsillite, porta sollievo al sistema digestivo e ai disturbi dell’evacuazione.
Cautele
Tra i casi nei quali è sconsigliato praticare śīrṣāsana, sono elencati: pressione alta o bassa, cervicale, spondilosi, mal di schiena, mal di testa, emicrania, mestruazioni.
Satyananda
I testi
Analogamente ad Iyengar, l’insegnamento di Satyananda gode di grande diffusione in occidente. Discepolo di Śrī Svāmī Sivananda, ha poi percorso un cammino personale fortemente influenzato dall’Haṭha Yoga. Satyananda tratta diffusamente śīrṣāsana in due testi:
Āsana, Prāṇāyāma, Mudra, Bandha, Yoga Pubblications Trust, Bihar, India, 2008 (prima edizione 1969), disponibile anche l’edizione in italiano.
Yoga and Kriya, Yoga publications Trust, Bhiar, 2004 (prima edizione 1981).:
In questa presentazione faremo riferimento a Yoga and Kriya, purtroppo non disponibile in italiano.
Siamo di fronte ad un testo di grande spessore e profondità, complessità, che raccoglie gli insegnamenti di Satyananda in modo organico, magistralmente sviluppato come percorso yogico che partendo dalle basi, accompagna l’evoluzione dell’allievo nella pratica di śīrṣāsana dalle basi fino ai livelli più elevati.
Etimologia
L’autore introduce la trattazione con l’etimologia del nome: la parola sanscrita śīrṣa significa “testa”, quindi quest’āsana può essere tradotta come la ‘posizione sulla testa’. Rammentando che śīrṣāsana non è menzionato o descritto in nessuno dei testi classici dello yoga, formula due possibili ipotesi.
La prima, che śīrṣāsana è sia stata trasmessa mediante il rapporto diretto dal guru al discepolo, la seconda, citando la Gheraṇḍa Saṃhitā e l’Haṭhayoga Pradīpikā, che sia stata conosciuta come viparītakaraṇī mudrā ” (versetti 3:28, 29, 30).
Rispetto alla seconda ipotesi, comunque, osserva che la descrizione è talmente vaga che potrebbe applicarsi e adattarsi a sarvangāsana e qualsiasi altra posizione invertita, inclusa viparītakaraṇī mudrā come la conosciamo.
Peculiarità
Dopo queste premesse, Satyananda afferma che Śīrṣāsana non è pericoloso se sviluppato in modo graduale per un adeguato periodo di tempo e se le regole di base vengono seguite attentamente.
Sulle motivazioni a favore della pratica, considerata un metodo eccellente per portare calma e concentrazione in preparazione alle pratiche meditative, è interessante quella relativa al fatto che śīrṣāsana è un metodo innaturale per combattere uno stile di vita innaturale.
Nella trattazione, completa sotto tutti i punti di vista, Satyananda evidenzia l’aspetto degli esperimenti scientifici condotti allo scopo di misurare i cambiamenti che si verificano all’interno del corpo durante la pratica di śīrṣāsana: notevole spostamento del diaframma, cambiamenti nelle dimensioni longitudinali e trasversali del cuore, ampliamento delle arterie e delle vene che vanno da e verso i polmoni, specialmente nei lobi superiori; frequenza della respirazione ridotta; incremento dell’ossigenazione del sangue; aumento dei leucociti (globuli bianchi), quindi delle difese immunitarie dell’organismo.
Dopo aver fatto presente che tali risultati sono riscontrabili solo se colui che pratica è in uno stato di completo rilassamento, auspica che nel futuro vengano condotti ulteriori esperimenti attestino i benefici ottenibili con śīrṣāsana sulle onde cerebrali e sui cambiamenti del flusso sanguigno nel cervello, in particolare nell’ipofisi e nella pineale.
La tecnica
- Il luogo
Anche Satyananda raccomanda di praticare śīrṣāsana in un luogo idoneo, completamente libero; l’area in cui si pratica deve avere una superfice liscia, piatta, solida e libera da ostacoli per almeno due metri e mezzo in tutte le direzioni, in modo che in caso di caduta si in grado di atterrare correttamente in piedi e non subire lesioni.
- Il muro.
Per quanto riguarda i principianti, soprattutto gli insicuri, prevede che possano esercitarsi vicino a un muro, con la parte posteriore della testa posizionata a poco più di trenta centimetri dal muro nella posizione iniziale. L’utilizzo del muro comunque dovrebbe essere limitato ad una preliminare presa di confidenza con la pratica e prevenire eventuali squilibri all’indietro. Una volta acquisiste sicurezza e competenza, consiglia di esercitarsi in uno spazio aperto che contribuirà a sviluppare il senso di fiducia.
- Le cadute.
Satyananda evidenzia quindi l’importanza di apprendere le accortezze necessarie in caso di caduta, evento che può capitare anche a praticanti esperti: il corpo dovrebbe essere rilassato. Nella caduta in avanti (stessa direzione viso) , piegare il più possibile ginocchia verso petto., sostenendo l’impatto sul pavimento con i piedi. Nella caduta Se all’indietro (dietro la testa), arcuare il più possibile la schiena; anche in questo caso l’impatto dovrebbe essere sostenuto dai piedi. Fondamentale la raccomandazione che nessuna parte della schiena dovrebbe colpire il pavimento prima dei piedi.
- L’uso della coperta
Passando ai preliminari, l’autore raccomanda che śīrṣāsana dovrebbe essere praticata su una coperta piegata quattro volte, tale da proteggere la parte superiore della testa dalla durezza del pavimento senza che ciò impedisca di prendere una base solida sulle mani e sulla testa.
- La posizione della testa
Per quanto riguarda la corretta posizione della testa, dopo aver evidenziato che sull’argomento ci sono opinioni contrastanti (secondo alcuni sul pavimento deve poggiare la fronte, secondo altri la parte superiore (corona) della testa, spiega che secondo la sua esperienza, la testa dovrebbe essere posizionata in modo che poggi sulla coperta un punto a metà strada tra la fronte e la parte superiore della testa. Ad ogni modo consiglia di sperimentare le varie posizioni della testa, trovando quella nella quale ci si sente a proprio agio.
- La posizione delle mani e delle braccia
Satyananda descrive la base più stabile in grado di supportare il corpo in tutte le direzioni: dita delle mani ben intrecciate dietro la parte posteriore della testa (avvolgendola in modo da sostenerla saldamente); avambracci e gomiti di entrambe le braccia, appoggiati sul pavimento con una distanza tra loro uguale alla distanza tra il gomito e le dita intrecciate nella parte posteriore della testa (modo, gli avambracci formeranno due lati di un triangolo equilatero, con la distanza tra i due gomiti che formano l’altro lato).
- Le sei fasi della pratica
L’autore sviluppa il percorso che condure alla corretta e sicura pratica di śīrṣāsana in sei fasi; le prime tre preliminari e propedeutiche alle seconde. Raccomanda di perfezionare le prime tre fasi prima di procedere alle ultime tre, al fine di sviluppare gradualmente il controllo sul corpo e abituando i muscoli e il cervello.
Nella prima fase [fig.1] descrive la posizione iniziale: inginocchiati di fronte alla coperta con i piedi uniti separati; dita incrociate; avambracci che formano un triangolo equilatero; inclinati in avanti in modo che la testa poggi sulla coperta proprio di fronte alle mani giunte.
Nella seconda, [fig.2]dopo essersi assicurati che la posizione di partenza sia comoda e stabile, si raddrizzano le gambe in modo che il corpo sia sostenuto sulla testa, sulle due braccia e sulle dita dei piedi di entrambi i piedi.
A questo punto si procede avvicinando lentamente le dita dei piedi al viso, spostando così in modo progressivo la schiena verso la posizione verticale, fino a quando diventa impossibile avvicinare i piedi al viso con le gambe dritte, senza spingere e sbilanciare il tronco all’indietro.
In questa posizione finale della seconda fase, gran parte del peso del corpo è supportato dalla testa. Prima di procedere oltre, occorre consolidare la tecnica fino a che diventa stabile e confortevole.
Consolidate le prime due fasi, si passa alla terza [fig.3]: mantenendo il tronco verticale, si piegano lentamente le gambe, avvicinando le cosce il più vicino possibile al petto.
Satyananda raccomanda di non procedere oltre fino a quando il movimento risulta fluido, con il tronco il più verticale possibile e senza la minima tendenza a perdere l’equilibrio e cadere all’indietro.
Consolidato quest’aspetto, si procede trasferendo tutto il peso corporeo sulle braccia e sulla testa, per poi sollevare a una ventina di centimetri da terra prima un piede, quindi entrambi i piedi uniti mantenendo l’equilibrio.
Questa parte della pratica (rendere il tronco verticale e alzare i piedi da terra senza perdere l’equilibrio) è la più difficile per i principianti, la sua padronanza richiede tempo e pratica costante.
Nella quarta fase, prima le gambe prima si sollevano lentamente verso l’alto [fig.4], poi si piegano verso l’alto e all’indietro in modo che i talloni si muovano verso i glutei, facendo attenzione a mantenere all’equilibrio. Alla fine della quarta fase le ginocchia puntano verso il basso.
Nella quinta fase [fig.5], tenendo i talloni vicino ai glutei, si sollevano lentamente le ginocchia verso l’alto, con i piedi rivolti verso il basso.
Nella sesta fase, [fig.6]dopo essersi assicurati che colonna vertebrale e cosce siano allineate, diritte e verticali, si sollevano lentamente i piedi verso l’alto con le gambe siano dritte. Quando il corpo verrà a trovarsi sulla verticale in linea retta, sarà stata raggiunta la posizione finale di śīrṣāsana.
Per tornare alla posizione iniziale le sei fasi vanno ripetute in ordine inverso.
Satyananda, oltre alla descrizione della tecnica, è prodigo di commenti e suggerimenti preziosi utili per l’apprendimento e l’esecuzione delle singole fasi, la respirazione e la consapevolezza.
Per quanto riguarda la durata della posizione finale, i principianti dovrebbero iniziare con non più di trenta secondi, aumentando gradualmente fino a un massimo di cinque minuti; esclusivamente per i praticanti esperti indica un massimo di trenta minuti. Comunque, raccomanda a chiunque voglia fare śīrṣāsana per più di cinque minuti di fare riferimento ad una scuola di yoga o un Ashram.
Consolidata la tecnica di śīrṣāsana, Satyananda illustra le contro-posizioni del caso. Anche qui evidenzia come vi siano diversi pareri: alcuni consigliano tāḍāsana[7], altre śavāsana[8], altri ancora sostengono che il corpo dovrebbe essere massaggiato in posizione eretta. Da parte sua consiglia di rimanere in posizione inginocchiata con la testa a terra per circa trenta secondi, quindi fare tāḍāsana per circa un minuto, infine praticare śavāsana per alcuni minuti.
A completamento della parte tecnica, Satyananda prende in esame l’aspetto della sequenza in cui śīrṣāsana dovrebbe essere fatto, identificando le varie possibilità: śīrṣāsana va fatto all’inizio nel caso in cui lo si pratica senza prāṇāyāma e tecniche meditative; viceversa, se la pratica include prāṇāyāma e o pratiche meditative, śīrṣāsana va fatto per ultimo, dopo le altre āsana. In ogni caso i principianti dovrebbero praticarlo dopo gli altri āsana.
Controindicazioni
Proseguendo nell’insegnamento, Satyananda passa in esame le controindicazioni, sia assolute che temporanee, fornendo una lunga e dettagliata casistica nella quale ricadono varie patologie dei sistemi scheletrico, muscolare, cardiocircolatorio, neurologico; in ogni caso, prima di praticare śīrṣāsana, occorre assicurarsi di non essere una delle persone che non dovrebbero farlo e nell’incertezza di contattare una scuola di yoga o un Ashram per una guida adeguata.
Benefici
La trattazione si conclude con l’evidenziazione dei principali benefici ottenibili dalla pratica regolare di śīrṣāsana. Sul piano fisico, l’aumento del flusso di sangue al cervello rivitalizza tutti i centri nervosi e il sistema endocrino nel suo complesso (ipofisi, pituitaria, tiroide, pancreas).
Sul piano sottile, śīrṣāsana aiuta ad aprire e modificare i percorsi pranici, intensificando l’espansione della capacità cerebrale di ricevere flussi più intensi di energia e consapevolezza. Per questo śīrṣāsana, praticato per brevi periodi, costituisce una preparazione alle tecniche meditative tradizionali.
Van Lysebeth
André Van Lysebeth è indubbiamente il Maestro occidentale che più di ogni altro è riuscito ad interpretare ed insegnare la teoria e la pratica delle āsana in modo magistrale; ne sono testimonianza il largo seguito che ha avuto e continua ad avere.
In questa presentazione cercheremo di fornire una panoramica generale basata sui testi citati, anche qui ricordando che, per rispetto del copyright, non possiamo riportare le fonti nella loro interezza.
Ci sia consentita un’unica osservazione: si tratta di testi che evidentemente sono orientati anche all’auto-apprendimento dello Yoga, come attestato anche dal titolo dell’edizione inglese. Tale approccio, normale per coloro che si richiamano all’Haṭhayoga, non è condivisibile per i ricercatori che seguono la via dello Yoga classico, conforme alla Tradizione. Lo Yoga è parte integrante della Sādhanā e come tale dovrebbe essere appreso in conformità all’insegnamento tradizionale così come consolidato nella Sruti e nella Smrti: ovvero esclusivamente sotto la guida di un Maestro qualificato.
Ovviamente tali riflessioni nulla tolgono alla validità sotto il profilo tecnico dell’insegnamento di Van Lysebeth.
I testi
Troviamo la descrizione di śīrṣāsana nel suo testo fondamentale:
- J’apprends le Yoga, Parigi, 1968
di cui esistono diverse edizioni, tra esse abbiamo fatto riferimento a quella inglese:
- Yoga self taught, Allen-Unwin, New York, 1971
e quella italiana:
- Imparo lo Yoga, Mursia, Milano, 1975
Ulteriori contributi sono riportati in:
- Perfeziono lo Yoga, Mursia, Milano, 1978
- I miei esercizi di Yoga, Mursia, Milano, 1980
Etimologia
Van Lysebeth introduce śīrṣāsana ricordando che nella letteratura Yoga la posizione è nota con diversi nomi e varianti, tra le quale la più nota è kapālāsana[9]. Nella descrizione della tecnica, infatti, farà riferimento a quest’ultima, ritenendola più accessibile ai principianti, per poi descrivere la specificità di śīrṣāsana.
Considerazioni generali
Van Lysebeth considera śīrṣāsana la più celebre e la più importante delle posizioni Yoga, la ‘regina delle āsana, tanto da affermare che “se dovessimo praticare solo un’āsana, sceglieremmo proprio śīrṣāsana”.
A supporto di tali affermazioni, sviluppa interessanti osservazioni di tipo evoluzionistico sulle peculiarità della postura eretta nell’essere umano: le zampe anteriori sono diventate mani, strumento creatore per la materializzazione del pensiero, tanto che nel corso dell’evoluzione, mano e cervello hanno subito uno sviluppo parallelo e reciproco.
D’altro canto, la postura eretta è un adattamento tuttora imperfetto, per quanto riguarda la colonna vertebrale e la circolazione del sangue, specificatamente la circolazione venosa nelle parti al di sotto del cuore. Il sangue venoso, infatti, per ritornare fino al cuore e ai polmoni deve vincere la gravità, aiutato anche dalle contrazioni muscolari che comprimendo le vene.
A questo punto Van Lysebeth osserva che, mente le contrazioni muscolari sono normali per l’uomo che vive una vita naturale, ciò non avviene nell’uomo che vive in città e conduce vita sedentaria.
Le congestioni venose nelle gambe e nell’addome, in cui il sangue ristagna alterando il buon funzionamento degli organi, sono la diretta conseguenza della vita sedentaria.
A ciò, ricorda l’autore, si aggiunge l’altro aspetto negativo: nelle parti al di sopra del cuore la forza di gravitazione facilita il ritorno del sangue venoso, ma ostacola la circolazione arteriosa nel il cervello. Da queste premesse scaturisce la motivazione logica sul perché gli yogi consigliano śīrṣāsana: elimina gli inconvenienti della postura eretta.
Benefici
Van Lysebeth tratta in modo approfondito i benefici derivanti dalla pratica di śīrṣāsana , campionandoli rispetto alle varie componenti del corpo umano:
Colonna vertebrale: la pratica di śīrṣāsana agisce con effetto benefico su tutta la colonna vertebrale, e in modo particolare sull’articolazione della quinta vertebra lombare (che sostiene quasi tutto il peso del corpo) e del sacro sul quale riposa tutto l’edificio dello scheletro; con śīrṣāsana le vertebre lombari si pongono in posizione corretta e sostengono solo il peso delle gambe e del bacino.
Sistema muscolare: i muscoli addominali , della schiena, delle braccia e del collo sono rafforzati durante la fase dinamica.
Circolazione sanguigna: se la posizione verticale favorisce la stasi venosa al di sotto del livello del cuore, e rallenta la circolazione arteriosa mentre nella parte al di sopra del cuore, Śīrṣāsana genera l’opposto: elimina le ipostasi venose delle gambe e degli organi addominali, purifica l’organismo senza affaticare il cuore, il sangue arterioso affluisce in abbondanza nel cervello. Come effetti, Śīrṣāsana previene le varici e le emorroidi; migliora la vista e l’udito; decongestiona i visceri della parte bassa del ventre; da decongestiona la prostata e gli organi genitali; decongestiona il fegato e milza;.
Cervello: Il sangue, durante śīrṣāsana, aiutato dalla forza di gravità, affluisce in abbondanza nel cervello rigenerandolo; restituisce l’elasticità ai capillari, eliminando c la maggior parte delle emicranie e cefalee; favorisce e stimola le funzioni intellettive (memoria e la concentrazione) e la resistenza alla fatica; regola il metabolismo del sistema endocrino (ipofisi e ipotalamo).
Respirazione: facilitando l’espirazione totale con la pressione degli organi sul diaframma, consente di eliminare di aria viziata residua e tossica nei polmoni; svolge un’azione profilattica in quanto la ventilazione della parte alta dei polmoni immunizza dalla tubercolosi.
Effetti: portamento perfetto e andatura naturalmente sciolta; nutre, ringiovanisce e rigenera la pelle del viso; aiuta a vincere l’insonnia e favorisce la circolazione sanguigna nei piedi.
Cautele e raccomandazioni
Tra le cautele, è raccomandato di:
- eseguire prima gli esercizi preparatori che rinforzano la muscolatura decollo e predispongono il sistema vascolare del cervello all’afflusso di sangue
- evitare gli sforzi violenti per raggiungere la posizione;
- evitare l’inconscio arresto del respiro;
- continuare a respirare sempre e normalmente attraverso il naso.
Per quanto riguarda le contro-indicazioni, secondo Van Lysebeth, l’esperienza ha dimostrato che sono rari i casi di divieto assoluto e che il novanta per cento delle persone è in grado di praticare quest’āsana.
A supporto di tale affermazione, ricorda di non aver mai constatato conseguenze dannose alle molte centinaia di persone, anche di età avanzata, che da lui l’hanno appresa e che, in ogni caso, la tecnica indicata nel libro non è accessibile a chi ne potrebbe ricevere nocumento.
Ciò premesso elenca i casi nei quali la pratica è vietata: arteriosclerosi, angiosclerosi, aneurisma, ipertensione accentuata, condizioni fisiologiche non ideali, emicrania, persone minacciate da distacco della retina e quelle affette da congiuntivite, glaucoma, ecc., otiti o altre affezioni infiammatorie dell’orecchio.
La tecnica
Premesso che il testo di Van Lysebeth descrive prima la tecnica di kapālāsana e solo successivamente ed in modo succinto quella di śīrṣāsana, riportiamo qui di seguito una sintesi orientata a quest’ultima.
Osservazioni preliminari:
- La difficoltà maggiore consiste nell’assumere la corretta posizione iniziale e mantenerla per alcuni secondi.
- Aumentare il tempo progressivamente per fortificare il collo e la nuca e abituare il cervello a ricevere un maggior flusso di sangue.
- Curare la corretta posizione della testa e delle mani.
- Utilizzare una coperta piegata non un cuscino.
- Utilizzare il muro come ausilio per conquistare la posizione solo dopo avere imparato bene gli esercizi preparatori al centro della stanza (allo stadio iniziale dell’apprendimento il muro è un alleato fallace perché consente di superare artificiosamente le vostre possibilità).
Per assumere correttamente la posizione iniziale, [partendo da una posizione a terra inginocchiati] porre i gomiti e le mani incrociate ai vertici di un triangolo equilatero.
Porre la testa tra le dita incrociate delle mani, in modo tale che il peso del corpo sia posto in un punto del cranio in prossimità della fronte [fig.1]. Questo è veramente importante, in quanto il posizionamento della testa condiziona la postura della colonna vertebrale quando si sarà assunta la posizione finale; se il punto di appoggio della testa è troppo indietro, quando si tenterà di assumere la posizione finale si rischia di collassare. Le mani con le dita incrociate servono a mantenere la corretta posizione della testa, non a sopportare il peso del corpo: la testa dovrà restare immobile durante tutta la pratica.
Quando testa, mani e braccia sono correttamente posizionate, distendere le gambe trasferendo parte del peso del corso sulla testa [fig.2].
All’inizio restare nella posizione solo per pochi secondi, solo con la pratica i muscoli del collo si rinforzeranno e si potrà incrementare tale durata.
Solo quando si avrà consapevolezza che i muscoli del collo si sono adeguatamente rinforzati….
Mantenendo le gambe tese, avvicinare progressivamente le punta dei piedi al volto [fig.3]. In questo modo il peso del corpo sarà trasferito progressivamente sulla testa (non sulle braccia).
Piegare le ginocchia, avvicinandole e sollevando i piedi da terra, in modo progressivo, con la pratica, in questa posizione sarà stato raggiunto l’80% della postura finale [fig.4].
Prima di raggiungere la posizione verticale, puntare le ginocchia verso l’alto [fig.5]; solo dopo distendere lentamente le ginocchia in modo tale che le gambe siano perfettamente verticali [fig.6]
Assunta la posizione verticale, potrà essere trovata la posizione corretta con bilanciamenti progressivi.
Con la pratica si troverà il ‘punto zero’, ovvero il punto di perfetto bilanciamento, dove non ci sono ulteriori sforzi sulla testa, in una posizione nella quale sarà possibile rilassarsi.
In una posizione perfettamente verticale, tutti i muscoli delle gambe, della schiena, dell’addome e delle braccia sono perfettamente rilassati.
Dopo aver praticato, sia in modo completo che nelle fasi preparatorie, restare in ginocchio a terra, con la fronte poggiata sulle mani chiuse pugno e sovrapposte.
Restare nella posizione per 15-30 secondi per rilassare i muscoli del collo.
Questa descrizione, completa di fotografie illustrative, è quindi completata evidenziando tutti gli errori più comuni nei quali si può incorrere.

[1]guṇa गुण: sostantivo maschile; a seconda del contesto significa attributo ,merito, qualità, virtù, o anche “corda”, “attributo”, “suddivisione”. Nella filosofia hindu del Sāṃkhya il termine è adoperato per indicare i tre componenti ultimi della materia (prakṛti). Sul tema cfr. “Introduzione alla fisiologia della Tradizione Vedica-Hindu in cakra.
[2]sattva सत्त्व ,uno dei tre guṇa dalla radice sat: “esistente”; indica la componente che illumina, che rivela il manifesto; virtuosità, purezza, luminosità, saggezza.
[3]rajas रजस्, uno dei tre guṇa, dalla radice rañj: “colorato”, “dinamico”; indica la componente che mette in moto la manifestazione; instabilità, attività, desiderio.
[4]tamas तमस्, uno dei tre guṇa, “oscurità”; indica la componente che tende a ostacolare il dinamismo della manifestazione; torpore, ignoranza, indolenza.
[5]Cfr: sarvangasana
[9]kapālāsana कपालासन: è un tipo di āsana descritta nel versetto 31 dello Śrītattvanidhi. (trattato in sanscrito XIX secolo che descrive 80 asana primarie).“Metti la testa a terra. Alza i piedi. Questa è la posizione sulla testa, kapālāsana ”. Fonte: Yoga Tradition of the Mysore Palace.