
PRATICA
Preparazione
Scioglimento
Stendersi supini in śavāsana[4], respirare lentamente rilassando la colonna e l’intero corpo.
Allungare una metà del corpo per volta estendendo il braccio e la gamba in direzioni opposte.
Portarsi sull’addome.
Voltare la testa verso sinistra, poggiando la guancia destra sul tappetino.
Il braccio sinistro può essere lasciato lungo il corpo o piegato al gomito, con la mano all’altezza del capo.
Piegare la gamba destra al ginocchio e, afferrando la caviglia con la mano destra, portare lentamente il tallone vicino al gluteo, quanto è possibile; respirando, restare nella posizione, senza forzare, concentrandosi sul graduale allungamento dei muscoli anteriori della coscia.
Dopo alcuni respiri, riportare la gamba a terra e ripetere dall’altra parte.
Dhanurāsana è preceduto, nella serie Rishikesh, da:
Bhujangāsana[5] e śalabhāsana[6], che ne costituiscono la preparazione. Con bhujaṅgāsana si lavora sulla dorsale alta, con salabasana (posizione classica) sulla parte bassa della schiena (lombare) e sulle gambe; dhanurāsana le completa con il piegamento delle gambe all’indietro e le mani che afferrano le caviglie.
Le tre āsana formano un gruppo che andrebbe praticato insieme.
Altre posizioni utili come preparazione: Setu bandhāsana e ushtrāsana.
Saral dhanurāsana, la posizione facile dell’arco, nell’insegnamento di Satyananda
Stendersi sull’addome con gambe e piedi uniti; le braccia sono ai lati del corpo.
Piegare le ginocchia e portare i talloni vicino ai glutei; afferrare le caviglie con le mani.
Le ginocchia e le cosce rimangono a contatto con il pavimento; le braccia sono dritte.
Portare il mento sul pavimento.
Questa è la posizione di partenza.
Inspirare profondamente
Trattenendo il respiro (o respirando normalmente) tendere le gambe e cercare di spingere i piedi all’indietro, mentre si sollevano la testa e il petto quanto possibile dal tappetino.
Il movimento all’indietro delle gambe aiuta il sollevamento del corpo permettendo ai muscoli della schiena di rimanere passivi.
Nella posizione finale la testa è inclinata all’indietro.
Tenere la posizione fino a che è confortevole.
Espirando, abbassare lentamente il petto e la testa sul tappetino per rilasciare le gambe.
Rilassarsi nella posizione prona fino a che la respirazione ritorna normale.
Concentrarsi sul respiro, e sulle zone dell’addome o della schiena.
Tale posizione può essere praticata -secondo l’insegnamento di Satyananda- al posto di dhanurāsana dai principianti e nel caso di rigidità alla schiena.
Essa ha gli stessi benefici di dhanurāsana, anche se in misura minore.
Può essere utilizzata in yoga terapia per dolori lievi alla bassa schiena dovuti a scivolamento dei dischi o per spondilite cervicale, solo se la pratica non comporta disagio o malessere.
Saral dhanurāsana tonifica il cuore e i polmoni ed è utile nel caso di disturbi respiratori.
Uttytha dhanurāsana, l’arco in elevazione, nell’insegnamento di van Lysebeth.
Può essere considerata sia una preparazione a dhanurāsana, sia una variante.
Nel primo caso si parte da biḍālāsana[7], nel secondo, da dhanurāsana classico ci si porta in biḍālāsana.
Allungare la gamba sinistra toccando terra con le dita, piegate, del piede.
Piegare il braccio sinistro al gomito; portare l’avambraccio a terra sotto la linea delle spalle e parallelo alla loro proiezione al suolo; il palmo della mano è aperto sul tappetino.
Braccio e avambraccio formano un angolo retto; il peso del corpo grava solo sul gomito, non sull’avambraccio.
Rivolgere lo sguardo a terra.
Il busto, in questo momento, è quasi parallelo al suolo.
Piegare la gamba sinistra, afferrarne la caviglia con la mano destra, portando tutte le dita della mano sul dorso del piede.
Il peso del corpo è diviso tra il ginocchio destro e il gomito sinistro.
Respirare lentamente, rilassando i muscoli della schiena.
Spingere il piede sinistro in alto contraendo i muscoli della gamba; la schiena rimane rilassata e il braccio destro è dritto e passivo; esso è un collegamento tra la caviglia e la spalla.
Portare lo sguardo verso l’alto, incurvando la zona cervicale e dorsale alta; il mento è quasi parallelo al tappetino e la testa perpendicolare al suolo.
Mentre si assume la posizione respirare normalmente.
Una volta realizzata l’āsana fare alcune respirazioni profonde (da 5 a 10), allungando i tempi delle fasi respiratorie.
Tornare in biḍālāsana e cambiare la posizione delle braccia e delle gambe.
In questa posizione i muscoli della schiena (dorsali obliqui) lavorano diagonalmente, come avviene nelle torsioni.
I benefici sono gli stessi della posizione classica[8], ma l’addome non è compresso; per tale motivo può essere praticata durante il ciclo e in gravidanza.
Nell’arco in elevazione sono attivi anche i muscoli dorsali obliqui (come avviene nelle torsioni), che sono distesi e allungati. Si apprende inoltre a rilassare la muscolatura della schiena, elemento importante per una corretta esecuzione dell’āsana classico.
Ardha dhanurāsana, il semi-arco, nell’insegnamento di Van Lysebeth.
1. In parallelo
Nella posizione di partenza distesi sull’addome, allungare il braccio sinistro davanti a sé, espirando estendere la metà sinistra del corpo; rilassarsi all’inspiro.
Ripetere per alcune volte fino a che i muscoli posteriori del corpo sono rilassati.
Piegare la gamba destra verso l’alto, tenendo la coscia a terra, portare il tallone verso il centro dei glutei; allungando dietro il braccio destro, afferrare con quattro dita della mano destra la caviglia; il pollice circonda la caviglia dall’altra parte. I muscoli del braccio destro sono rilassati, come quelli della schiena e rimangono tali per tutta l’esecuzione dell’āsana.
Spingere il piede destro verso l’alto, sollevando la coscia da terra.
I muscoli della coscia sono i soli ad essere attivi.
Contemporaneamente, sollevare di poco da terra il braccio sinistro e la gamba sinistra, mantenendoli tesi e paralleli al suolo.
Respirare nella posizione: metà del corpo s’incurva quanto possibile e l’altra metà si allunga.
Distendere il corpo a terra.
Rilassarsi e ripetere l’intera sequenza dall’altra parte.
2. In diagonale
In questo caso varia la posizione delle braccia e delle gambe.
La mano sinistra afferra la caviglia destra; il braccio destro e la gamba sinistra sono:
- sollevati di poco da terra e paralleli a essa;
- ben tesi e diretti lontano dal corpo per avere il massimo allungamento.
Sciogliere la posizione distendendo il corpo a terra. Rilassarsi e ripetere dall’altra parte.
In questa variante s’intensifica il lavoro sulla colonna soprattutto a livello dorsale.
Durante l’esecuzione dell’āsana può essere mantenuta la respirazione normale oppure si può inspirare, quando si solleva la gamba ed espirare, quando si scioglie la posizione distendendosi.
Esecuzione
Nell’insegnamento di Satyananda e A. Van Lysebeth
E’ un āsana non facile, che va praticato gradualmente, con pazienza, senza forzare i movimenti.
Distendersi sull’addome con le braccia lungo il corpo.
Le gambe possono essere unite oppure si possono allargare le ginocchia tenendo però gli alluci sempre uniti. Quest’ultima posizione rende l’esecuzione più facile, mantenendone l’efficacia.
Il mento è poggiato sul tappetino.
Rilassare la schiena e fare alcuni respiri nella posizione di partenza. Inspirare profondamente.
Durante l’esecuzione le gambe sono attive, come le dita delle mani.
Le braccia rimangono passive, servendo solo a collegare le spalle alle caviglie.
La colonna è rilassata; la sua contrazione impedirebbe l’esecuzione dell’āsana.
Mentre il corpo si solleva, si può trattenere il respiro o respirare normalmente.
Contraendo le cosce e i polpacci, spingere i piedi in alto.
Sollevare di poco il mento in modo che il peso del corpo gravi sulla zona epigastrica o sull’addome.
Sollevare le spalle e inarcare la schiena, afferrando le caviglie con le mani.
Le braccia sono dritte.
Le dita circondano dall’esterno lo spazio tra la caviglia e il dorso del piede.
Le ginocchia, all’inizio della pratica, possono sollevarsi di poco e potrebbe verificarsi un fastidio alle fasce muscolari delle cosce. Non forzare e sciogliere la posizione, rispettando i propri limiti.
Se le ginocchia sono più in basso del mento, il pube rimane a terra e una parte del peso grava sul bacino.
La pressione interna all’addome è così inferiore rispetto all’āsana classico.
Con la pratica costante e la corretta preparazione, le ginocchia potranno arrivare più in alto del mento, fino al livello della testa, salvo limiti intrinseci al praticante.
La testa è leggermente inclinata all’indietro.
Questa è la posizione finale dove il peso del corpo è concentrato nella zona epigastrica o addominale e il pube è sollevato da terra. Solo le gambe sono contratte mentre schiena e braccia rimangono rilassate.
Tenere la posizione fino a che è confortevole, poi, respirando lentamente e profondamente in sincronia col movimento, rilasciare i muscoli e abbassare le gambe, il petto e la testa, tornando alla posizione di partenza.
Espirare, mentre si ritorna nella posizione prona.
Concentrarsi sulla schiena o sulla sincronizzazione tra la respirazione lenta e profonda e il movimento dell’addome.
Respirare normalmente nella fase statica, per 5-10 respirazioni. Si può ripetere da 3 a 5 volte.
La fase dinamica consiste, una volta assunta la posizione finale, nel dondolarsi leggermente sull’addome, avanti e indietro, spingendo l’addome sul tappetino ad ogni inspiro, per poi intensificare e ampliare il movimento fino a interessare anche il torace e le cosce.
Si esegue così un benefico massaggio addominale.
Durante la fase dinamica si può continuare a respirare normalmente.
Durante il dondolio la schiena non sarà più rilassata.
Nell’insegnamento di Iyengar
Sdraiarsi ben distesi sul tappetino a faccia in giù.
Espirando piegare le ginocchia, allungare le braccia dietro e prendere le caviglie destra e sinistra circondandole con le dita delle rispettive mani.
Fare due respiri completi.
Espirare e portare le gambe verso l’alto, sollevando le ginocchia dal tappetino; contemporaneamente alzare il petto.
Possiamo immaginare le braccia e le mani come la corda di un arco che tende il corpo.
Sollevare la testa o portarla all’indietro per quanto è possibile.
Né le costole, né il pavimento pelvico devono rimanere sul pavimento.
Mentre si sollevano, le gambe non devono essere unite; ciò impedirebbe il movimento.
Solo dopo aver raggiunto la propria estensione massima (senza forzare) si possono unire le cosce, le ginocchia e le caviglie.
Il respiro avrà un ritmo veloce a causa dell’estensione dell’addome.
Tenere la posizione solo fino a che è confortevole.
Il mantenimento di posizioni così impegnative -per precauzione- non va oltre i 20-30 secondi.
Espirando, rilasciare le caviglie, allungare le gambe e portare, insieme al petto e alla testa, di nuovo sul tappetino per rilassarsi.
Respirare fino a che il ritmo del respiro ritorna normale.
Respirazione
Durante la fase statica la respirazione è normale, anche se, a causa della posizione, il respiro tende a essere un po’ più accelerato.
Con il tempo si può raggiungere la stessa durata nelle fasi dell’inspirazione e dell’espirazione.
Durante la fase dinamica, in alternativa, si può:
- inspirare sollevando la testa ed espirare abbassandola;
- trattenere il respiro a polmoni pieni. Solo in caso di una precedente lunga pratica, all’indietro delle spalle e delle braccia.
I praticanti avanzati possono introdurre la respirazione Ujjāyī.
Benefici
La posizione contribuisce all’allineamento della colonna e all’elasticità della spina dorsale e possono trarre beneficio dalla sua pratica, unita a quella di śalabhāsana, le persone con scivolamento dei dischi (Satyananda), sempre in assenza di dolore e solo nel caso in cui la posizione sia confortevole.
La stimolazione dei centri nervosi della colonna e, in particolare dei gangli nervosi del sistema simpatico, stimola il sistema nervoso, rendendo attivi e donando vitalità e dinamicità.
Il massaggio della zona addominale, tonifica gli organi interni e aumenta la circolazione del sangue nell’intero apparato digerente[9]; il fegato e il plesso solare[10] si decongestionano; la digestione migliora; essendo facilitati i movimenti intestinali, si riduce la costipazione.
Si può ridurre anche l’eccesso di peso sull’addome.
Aumenta la funzionalità dei reni e l’eliminazione delle tossine.
Tra i benefici riscontrati sulle ghiandole endocrine:
- un aumento della secrezione di adrenalina da parte delle surrenali che influenza positivamente il tono e la vitalità;
- il riequilibrio della produzione di cortisone interno;
- la normalizzazione delle funzioni del pancreas (produzione d’insulina);
- un’azione benefica sulla tiroide.
La compressione dorsale e lo stiramento della parte anteriore del collo favoriscono la flessibilità delle articolazioni vertebrali, prevenendone la calcificazione, e correggono le schiene curvate per errate posture.
Il massaggio dei centri nervosi del plesso solare insieme alla respirazione profonda migliora gli stati d’ansia che si ripercuotono -in un circolo chiuso- su questa parte del torace.
In yoga terapia (Satyananda) dhanurasana è raccomandata per il trattamento di diabete, incontinenza, colite e alterazioni del ciclo femminile. Può aiutare anche in caso di problemi respiratori, asma, blocchi fisici ed energetici a livello cervicale e toracico (sistema simpatico), migliorando la respirazione.
Cautele
In caso di rigidità della colonna, non forzare.
All’inizio della pratica si può verificare un indolenzimento dei muscoli delle cosce.
Procedere per gradi.
Controindicazioni
Problemi cardiaci, pressione alta, ernia, colite, ulcera.
Mai praticarla la sera.
Aspetti anatomici
Estensione della colonna, dell’anca (con rotazione mediale e adduzione o avvicinamento), dell’articolazione scapolo-omerale (con adduzione), della scapola (con elevazione), del gomito.
Retroversione del bacino con contro-nutazione del sacro.
Flessione del ginocchio e della pianta del piede; delle mani e delle dita.
Pronazione dell’avambraccio.
A livello muscolare:
- sottoscapolare, grande rotondo, deltoide posteriore, romboide, elevatore della scapola e tricipite stabilizzano la posizione della scapola e del braccio; il deltoide e il tricipite posteriori, tendendo i gomiti, permettono alle mani di afferrare le caviglie;
- pettorali, deltoide e serrato anteriori si contraggono in modo eccentrico[11];
- i muscoli posteriori della coscia (in particolare semitendinoso e semi membranoso), un parte del grande adduttore e le fibre del grande gluteo (interne e mediali), estendono le articolazioni dell’anca;
- vasto laterale, mediale e intermedio e la parte inferiore del retto del femore estendono le ginocchia, mentre gli ischio-crurali le piegano, portando le caviglie verso le mani.
Nell’insegnamento classico si mette l’accento sul lavoro delle gambe (anca e ginocchio), mentre braccia e colonna rimangono passive.
La maggiore attivazione dei muscoli posteriori della coscia o, in alternativa, dei quadricipiti, influenza l’equilibrio tra anche e ginocchia.
E’ importante:
- proteggere le ginocchia da un’eccessiva sollecitazione, mantenendo l’allineamento di gambe e anche e attivando i piedi, nonché trovando la corretta posizione delle braccia;
- proteggere da un’eccessiva tensione l’articolazione scapolo-omerale e il sottoscapolare, portando in adduzione (avvicinamento) ed elevazione le scapole.
La leggera attivazione del retto addominale, comprimendo gli organi contro la spina dorsale, alleggerisce l’inarcamento a livello lombare.


Varianti
Richiedono tutte un notevole grado di flessibilità della colonna e sono indirizzate a praticanti esperti e costanti nella pratica.
Uttytha Dhanurāsana, nell’insegnamento di van Lysebeth
Descritta nella Preparazione. Se praticata con cautela e senza forzare, può essere una preparazione a dhanurāsana.
Purna Dhanurāsana, la piena posizione dell’arco nell’insegnamento di Satyananda
Stendersi sull’addome e piegare le ginocchia.
Agganciare i piedi con le mani, le dita dovrebbero essere a contatto con la punta del piede, con il pollice sulla pianta, oppure possono afferrare l’alluce.
Inspirando (o trattenendo il respiro), prendere la posizione: sollevare la testa, il petto e le cosce, portando i piedi in alto quanto è possibile.
I gomiti sono rivolti verso l’alto.
Il corpo assume la forma di un arco molto tirato.
Tenere la posizione fino a che è confortevole, respirando lentamente e profondamente (o trattenendo il respiro).
Espirando, rilasciare lentamente le gambe e tornare alla posizione di partenza.
Rilassarsi fino a riprendere una respirazione normale.
Urdhva Dhanurāsana, nell’insegnamento di Iyengar
Dhanurāsana verso l’alto. In questa posizione il corpo è disteso supino e la colonna fa un arco verso l’alto. Il supporto a terra è costituito dai palmi delle mani e dalle piante dei piedi.
Fa parte delle posizioni avanzate di flessione della schiena all’indietro con elevato grado di difficoltà.
Stendersi sulla schiena e allungare il corpo prima di iniziare.
Sollevare le braccia verso la testa, piegando i gomiti, in modo che puntino verso l’alto.
Allungando gli avambracci, portare le braccia indietro cosicché i palmi delle mani -piegando i polsi, senza ruotarli- arrivino a poggiare a terra, sotto la rispettiva spalla, per quanto possibile.
La distanza tra i palmi non deve essere maggiore delle spalle stesse e le dita delle mani sono orientate verso i piedi.
Piegare e sollevare le ginocchia, portando i piedi sul tappetino, con i talloni vicini alle anche, quanto possibile, senza forzare.
Espirando, sollevare il busto e lasciare solo la sommità della testa sul tappetino.
Fare due lunghi respiri.
Espirando, allungare il busto e la testa e fare un arco con la schiena in modo che il peso gravi sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi.
In un primo momento le braccia sono piegate al gomito e braccio e avambraccio formano un angolo retto.
Allungare poi le braccia a partire dalle spalle fino a raddrizzare i gomiti; nello stesso tempo spingere in alto i muscoli delle cosce.
Per migliorare la posizione espirare e aiutare l’allungamento verso l’alto delle cosce, sollevando i talloni dal tappetino.
Estendere il petto, allungare la zona sacrale della spina dorsale fino a che l’addome sia teso (come un tamburo); poi abbassare i talloni mantenendo l’allungamento della spina dorsale.
Rimanere nella posizione fino a che è confortevole (Iyengar: da ½ minuto a 1 minuto), respirando normalmente.
Espirando, abbassare lentamente il corpo a terra, piegando le ginocchia e i gomiti.
Rilassarsi in śvānāsana, con respiri lenti e profondi.
E’ una posizione tonificante, che rende ancora più flessibile la spina dorsale[12].
Rafforza la schiena, le braccia e i polsi.
Ha un effetto rilassante a livello mentale.
Conferisce vitalità, energia e un senso di leggerezza.
Nome asana per pratica di compensazione
Paścimottānāsana[13], halāsana[14], ardha matsyendrāsana, apānāsana (pavanamuktāsana o bastrikāsana), biḍālāsana, adho mukha śvānāsana[15], makarāsana[16].
Nome sequenza in cui si trova inserita: nome della serie, es. Rishikesh
Segue śalabhāsana nella serie Rishikesh.
Riferimenti bibliografici
Svāmī Satyananda Saraswati, Āsana, Prāṇāyāma, Mudra, Bandha, Yoga Pubblications Trust, Bihar, India, 2008.
Svāmī Satyananda Saraswati, Yoga and Kriya, Yoga Pubblications Trust, Bihar, India, 2004.
A. Van Lysebeth, Imparo lo Yoga, Mursia, 2012
D. e A. Van Lysebeth, I miei esercizi di Yoga, Mursia 1980.
A. Van Lysebeth, Perfeziono lo Yoga, Mursia, 1978.
Iyengar, B. K. S., Teoria e pratica dello Yoga, Mediterranee, 2006.
Iyengar, B. K. S., Illustrated Light On Yoga, HarperCollins, 2011.
L. Kaminoff, Yoga Anatomy, Calzetti &Mariucci, 2010.
R. Long, The key poses of Hatha Yoga, OM ed., Bologna, 2013.
J. A. Staugaard-Jones The Concise Book of Yoga Anatomy: An Illustrated Guide to the Science of Motion, Lotus Publishing and North Atlantic Books, 2015

[1]E’ descritta in Haṭhayoga Pradīpikā e Gheraṇḍa Saṃhitā.
[3]fonte: http://www.dlshq.org/
[5]Cfr: bhujangasana
[6]Cfr: salabhasana
[7]Cfr: bidalasana
[8]tranne quelli collegati alla compressione dell’addome che caratterizza l’āsana classico.
[9]Con conseguente possibile sensazione di calore generalizzata, che si presenta soprattutto durante la fase dinamica.
[10]La rete nervosa situata nella zona epigastrica.
[11]Le contrazioni muscolari possono dividersi in statiche e dinamiche. Nelle prime, il muscolo sviluppa tensione, ma non cambia la sua lunghezza e non produce lavoro; nelle contrazione dinamiche il muscolo sviluppa tensione e varia la propria lunghezza, producendo lavoro. Tra le contrazioni dinamiche abbiamo, tra le altre, le contrazioni eccentriche e concentriche.
Nel lavoro eccentrico o contrazione eccentrica il muscolo produce forza allungandosi e le inserzioni si allontanano, mentre nel lavoro concentrico esso produce forza accorciandosi e le inserzioni si avvicinano.
[12]Ricordiamo che, per eseguirla, bisogna aver raggiunto già un grado notevole di elasticità della spina dorsale e di rafforzamento dei muscoli di braccia, polsi e gambe. Con una lunga e costante pratica e adeguati scioglimenti propedeutici.
[13]Cfr: pascimottanasana
[16]Cfr: makarasana