Antaryoga अन्तर्
La parte finale del percorso yogico, lo Yoga interno (antaryoga अन्तर्), è costituito dalla triade dhāraṇā- concentrazione (fissare l’attenzione su un singolo oggetto), dhyāna-meditazione (intensa e prolungata contemplazione della natura dell’oggetto della meditazione), samādhi– enstasi (fusione della coscienza con l’oggetto della meditazione).
Triade che costituisce l’ausilio, lo strumento interno (antaraṅga अन्तरङ्ग).
Nel loro legame sono definiti come samyama संयम, processo che conduce dalla concentrazione alla beatitudine/enstasi.
Negli Yogasūtra Patañjali introduce dhāraṇā, dhyāna, samādhi nel secondo pāda, dedicato alla Sādhana:
Sādhanapāda साधनपाद (sūtra 29)
यमनियमासनप्राणायामप्रत्याहारधारणाध्यानसमाधयोऽष्टावङ्गानि॥२९॥
yamaniyamāsanaprāṇāyāmapratyāhāradhāraṇādhyānasamādhayo‘ṣṭāvaṅgāni||29||
Prendendo in esame i sūtra nei quali sono descritti, iniziamo con l’osservare che dhāraṇā, la concentrazione è introdotta con il sūtra 53, subito dopo il prāṇāyāma, prima del pratyāhāra (sūtra 54-55), con il quale si conclude il Sādhanapāda :
तस्मिन्सति श्वासप्रश्वासयोर्गतिविच्छेदः प्राणायामः॥४९॥
Tasminsati śvāsapraśvāsayorgativicchedaḥ prāṇāyāmaḥ||49||
वाह्याभ्यन्तरस्तम्भवृत्तिः देशकालसङ्ख्याभिः परिदृष्टो दीर्घसूक्ष्मः॥५०॥
Vāhyābhyantarastambhavṛttirdeśakālasaṅkhyābhiḥ paridṛṣṭo dīrghasūkṣmaḥ||50||
वाह्याभ्यन्तरविषयाक्षेपी चतुर्थः॥५१॥
Vāhyābhyantaraviṣayākṣepī caturthaḥ||51||
ततः क्षीयते प्रकाशावरणम्॥५२॥
Tataḥ kṣīyate prakāśāvaraṇam||52||
धारणासु च योग्यता मनसः॥५३॥
Dhāraṇāsu ca yogyatā manasaḥ||53||
Evidenziando così la funzione di preparazione del prāṇāyāma:
“Dopo aver padroneggiato l’āsana, il prāṇāyāma è l’arresto del movimento dell’inspiro e dell’espiro. Il prāṇāyāma è esterno, interno o sospeso, regolato da luogo, tempo, numero, divenendo prolungato e sottile. Il quarto prāṇāyāma è quello che trascende sia l’oggetto interno sia quello esterno. In tal modo si dissolve ciò che copre la Luce. Rendendo la mente idonea per la concentrazione.”(sūtra 49-53).
Il Sādhanapāda si conclude poi con pratyāhāra (sūtra 54-55):
In tal modo, mediante pratyāhāra, si realizza il più elevato controllo sugli organi di senso.
Possiamo osservare che, così come pratyāhāra costituisce il punto di snodo tra yoga esterno e yoga interno, dhāraṇā è il ponte tra Sādhanapāda e Vibhūtipāda dove sono descritti dhyāna, samādhi.
Solo ritirando l’attenzione dai sensi e dall’ambiente esterno la mente può volgersi verso l’interno, al processo meditativo che conduce allo scopo vero ed ultimo dello yoga, che non dobbiamo perdere di vista:
योगश्चित्तवृत्तिनिरोधः॥२॥
yogaścittavṛttinirodhaḥ||2||
Di cui rammentiamo alcune, traduzioni:
“Bloccare le fluttuazioni della coscienza è Yoga”
“Lo Yoga è la capacità di dirigere la mente verso un unico oggetto, mantenendosi in quella direzione senza distrazioni.”
“Lo Yoga è la soppressione delle modificazioni della coscienza”
“Lo Yoga è la sospensione delle modificazioni della mente (cittavṛtti).”
“ Lo Yoga è la soppressione delle modificazioni della mente.”
Secondo l’insegnamento Tradizionale, dobbiamo affrontare un passaggio fondamentale del percorso che richiede la preliminare realizzazione di un livello adeguato dello yoga esterno (bahiryoga), ovvero di yama, niyama, āsana, prāṇāyāma e pratyāhāra.
Da cui scaturisce la domanda, basata sulla realtà che ci circonda e nella quale (soprattutto in Occidente) siamo immersi:
illudersi di essere nelle condizioni di praticare la meditazione-dhyāna (nel migliore dei casi come complemento diretto ad āsana e un po’di prāṇāyāma) avendo omesso yama, niyama e pratyāhāra e dhāraṇā, ha un legittimo fondamento ovvero è l’origine di un equivoco dagli esiti potenzialmente negativi?

dhāraṇā, dhyāna, samādhi
Fatte queste considerazioni preliminari, prendiamo in esame il Vibhūtipāda, dedicato allo yoga interno, (antaryoga). Qui troviamo descritti dhāraṇā, dhyāna e samādhi
Sūtra 1: dhāraṇā
देशफन्धश्चित्तस्म धायणा॥१॥
Deśabandhaścittasya dhāraṇā||1||
Concentrazione (dhāraṇā) è la fissazione (bandhaḥ) della mente (cittasya) su un punto (deśa) || 1 ||
La concentrazione è vincolare la psiche in un punto.
Sūtra 2: dhyāna
तत्र प्रत्ममैकतानता ध्मानभ्॥२॥
Tatra pratyayaikatānatā dhyānam||2||
In questo(tatra) [in Dhāraṇā], il flusso continuo di simili (ekatānatā) modifiche mentali (pratyaya) è la Meditazione (dhyānam) || 2 ||
In ciò, meditazione è la continuità, senza interruzioni, del flusso di coscienza.
Sūtra 3: samādhi
तदेवाथयभात्रननबायसां स्वरूऩशून्ममभव सभाधध्॥३॥
Tadevārthamātranirbhāsaṁ svarūpaśūnyamiva samādhiḥ||3||
La perfetta concentrazione/enstasi (samādhi) è solo (eva) quella (condizione) (tad) in cui solo (mātra) l’oggetto (di concentrazione) (artha) risplende (nirbhāsam), e il sé (sva-rūpa) è assente (śūnyam), per così dire (iva) || 3 ||
Quando il Sé cessa di essere presente e risplende esclusivamente l’oggetto della concentrazione, quello stato dell’Essere diviene enstasi.
Unificati nel processo meditativo, in saṃyama,
Sūtra 4: saṃyama
त्रमभेकत्र सांमभ्॥४॥
Trayamekatra saṃyamaḥ||4||
La triade (trayam) [Dhāraṇā, Dhyāna e Samādhi] unificata (ekatra) è Saṃyama (saṃyamaḥ) || 4
I tre, fusi in uno, sono saṃyama
Da cui l’esito:
Sūtra 5
तज्जयात्प्रज्ञालोकः॥५॥
Tajjayātprajñālokaḥ||5||
Attraverso la conquista (jayāt) di quello [ Saṁyama] (tad), la luce (ālokaḥ) della Sapienza (prajñā) || 5 ||
Da quella maestria deriva lo splendore della Coscienza Suprema/ Sapienza.
Sūtra 6-7
तस्म बूमभषु त्तवननमोग्॥६॥
Tasya bhūmiṣu viniyogaḥ||6||
(Ci deve essere) applicazione (viniyogaḥ) di quello (tasya) alle fasi (degli stati sottili della pratica) (bhūmiṣu) || 6 ||
La Luce della Sapienza dovrà essere utilizzata negli stati sottili dell’Essere.
त्र
मभन्तयङ्गां ऩूवेभ्म्॥७॥
Trayamantaraṅgaṁ pūrvebhyaḥ||7||
La triade (trayam) [Dhāraṇā, Dhyāna e Samādhi] (costituisce la pratica) interna (antaraṅgam) rispetto alle precedenti [Yama, Niyama, Āsana, Prāṇāyāma e Pratyāhāra] (pūrvebhyaḥ) || 7 ||
Dhāraṇā, Dhyāna e Samādhi rappresentano la pratica interna, rispetto a Yama, Niyama, Āsana, Prāṇāyāma e Pratyāhāra.
La Via, comunque, non si esaurisce, in quanto:
तदत्तऩ वदहयङ्गां ननवीजस्म॥८॥
Tadapi vahiraṅgaṁ nirbījasya||8||
(A sua volta,) quella stessa triade (tad api) è esterna (vahiraṅgam) rispetto alla Nirbīja o meditazione senza semi (nirbījasya) [Asamprajñātayoga]|| 8 ||
Anche il flusso meditativo costituito dalla triade Dhāraṇā, Dhyāna e Samādhi è esterno rispetto alla meditazione senza ’semi’ (priva di qualsiasi supporto, oggetto).

Prima di proseguire, riteniamo utile soffermarci sulle possibili traduzioni dei termini saṃyama e vibhūti, che, al di là del significato letterale, vanno compresi a livello esperienziale ed esistenziale.
saṃyama संयम m.: legame, legatura, controllo, sforzo, autocontrollo, controllo dei sensi, tenere insieme, concentrazione della mente, incatenamento, chiusura, contenimento, trattenimento, soppressione.
Riferimenti negli Yogasūtra: capitolo3, sūtra 4 , 16 , 17 , 21 , 22 , 26 , 35 , 41 , 42 , 44 , 47 , 52.
vibhūti विभूति f.: grandezza, ricchezza, prosperità, cenere santa, presiedere, penetrare, possente, potente, abbondante, pervasivo, grande potenza, gloria, splendore, potenza di un re o grande signore, abbondanza, fortuna, potere sovrano, manifestazione di potenza, benessere, espansione, opulenza, magnificenza, potere sovrumano, sviluppo, moltiplicazione.
Riferimenti negli Yogasūtra: capitolo3, titolo, Vibhūtipādaḥ विभूतिपादः: sezione sulla manifestazione speciale (vibhūti: manifestazione speciale, pāda: sezione; un quarto, una quarta parte; piede, gamba);
sūtra conclusivo[1], iti pātañjala yoga darśane vibhūti-pādaḥ इति पतञ्जल योग दर्षने विभूतिपाद: così la visione di Patañjali dello Yoga nella sezione sulla Manifestazione Speciale (iti: così, in questo modo; Patañjali: compilatore degli yogasūtra; darśana: vista; visione; vibhūti: manifestazione speciale; pāda: sezione, un quarto, una quarta parte, piede, gamba).

L’insieme dei sūtra
Possiamo ora leggere l’insieme dei sūtra, con la consapevolezza che la traduzione è solo un’approssimazione del loro Significato profondo:
“Dopo aver padroneggiato l’āsana, il prāṇāyāma è l’arresto del movimento dell’inspiro e dell’espiro. Il prāṇāyāma è esterno, interno o sospeso, regolato da luogo, tempo, numero, divenendo prolungato e sottile. Il quarto prāṇāyāma è quello che trascende sia l’oggetto interno sia quello esterno. In tal modo si dissolve ciò che copre la Luce. Rendendo la mente idonea per la concentrazione. In tal modo, mediante pratyāhāra, si realizza il più elevato controllo sugli organi di senso.
La concentrazione è vincolare la psiche in un punto.
In ciò, meditazione è la continuità, senza interruzioni, del flusso di coscienza.
Quando il Sé cessa di essere presente e risplende esclusivamente l’oggetto della concentrazione, quello stato dell’Essere diviene enstasi (samādhi) .
I tre, fusi in uno, sono saṃyama .
Da quella maestria deriva lo splendore della Coscienza Suprema/ Sapienza.
La Luce della Sapienza dovrà essere utilizzata negli stati sottili dell’Essere.
Dhāraṇā, Dhyāna e Samādhi rappresentano la pratica interna, rispetto a Yama, Niyama, Āsana, Prāṇāyāma e Pratyāhāra.
Anche il flusso meditativo costituito dalla triade Dhāraṇā, Dhyāna e Samādhi è esterno rispetto alla meditazione senza ’semi’ (priva di qualsiasi supporto, oggetto).
A questo punto possiamo porci alcune domande:
- Volendo percorrere la Via nella sua integrità, per affrontare con successo la pratica di samyama, il processo meditativo (lo Yoga interno costituito da dhāraṇā, dhyāna, samādhi), possiamo escludere la necessità di un preventivo avanzamento rispetto a Yama, Niyama, Āsana, Prāṇāyāma e Pratyāhāra?
- Desiderando acquisire la capacità di meditare, siamo in grado di realizzare la concentrazione, ovvero mantenere la mente focalizzata su un singolo ed esclusivo oggetto, senza distrazioni?
Nel caso in cui le risposte fossero, anche in parte, negative dovremmo identificare il metodo operativo che possa essere di aiuto. In questo caso la lettura dell’insegnamento dei grandi Maestri realizzati costituisce un ausilio importante.
Come punto di partenza, diamo per acquisito un sufficiente livello di avanzamento rispetto ad Yama, Niyama, Āsana, Prāṇāyāma, escludendo per ora Pratyāhāra.
Infatti si tratta di una pratica particolarmente potente e complessa, che interviene nella sfera più profonda dell’individuo, cui avvicinarsi con estrema cautela.
Non è probabilmente a caso che Patañjali abbia introdotto la concentrazione (dhāraṇā nel sūtra 53) prima del distacco dai sensi (pratyāhāra nei sūtra 54-55).
Vorremmo porre in rilievo come dalla lettura dei sutra di Patañjali emergano i vari aspetti di Dhāraṇā, la concentrazione:
- frutto della pratica del Prāṇāyāma;
- preparazione indispensabile al Pratyāhāra;
- preparazione indispensabile a Dhyāna, la meditazione.


Bibliografia di riferimento
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Svāmī Hariharānanda Āranya, Yoga Philosophy of Patañjali with Bhāsvatī, State University press, New York, 1985 (first edition 1963).
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Georg Feuerstein, The Yoga Tradition. It’s History, Literature, Philosophy and Practice, Hohm press, Chino Valley, 2008 (3rd edition).

[1]Nell’originale sanscrito il sutra conclusivo si trova al termine di ogni capitolo o pada. Cfr: yogastudies.org.
Nelle traduzioni spesso viene omesso.