La grande congiunzione di Giove e Saturno
Quest’anno il Solstizio d’inverno è stato preceduto da un’eclisse totale di Sole, visibile nell’emisfero sud, in particolare in Argentina.

In concomitanza con il Solstizio, che si manifesterà alle 10.02, si verificherà la Grande Congiunzione tra i due più grandi pianeti del sistema solare: Saturno e Giove. Evento raro, che non si verificava dal 1226 (ben 794 anni fa), denso di profondi Significati. La Grande Congiunzione sarà visibile al tramonto.
La Grande Congiunzione, inoltre, sigillerà anche l’ingresso nell’età dell’Acquario (il 2020 è l’ultimo anno dell’età dei Pesci, il 2021 inizierà l’età dell’Acquario).

Con l’augurio di una positiva rigenerazione nel segno dell’Armonia solare, un Auspicio di Pace e Bene per tutti gli esseri viventi.
Nella Tradizione Vedica, ovvero nell’ambito del Sanātana Dharma, il Sole rappresenta forse la simbologia più elevata e complessa a cui fare riferimento. Non a caso è oggetto del più importante di tutti i mantra, la Gāyatrī-Sāvitrī, “basata su un versetto del Ṛgveda Saṃhitā (3.62.10), attribuito al Ṛṣi (Sapiente) Viśvāmitra. Come tutti i mantra vedici, Gāyatrīmantra non è considerato opera di un autore e, come tutti gli altri mantra, si ritiene sia stato rivelato a un Brahmaṛṣi , in questo caso Viśvāmitra.
Il testo, in accordo alla Tradizione vedica, ha il Significato di invocazione alla dea Sāvitrī ; per questo è anche chiamato Sāvitrīmantra.
La recitazione del Gāyatrīmantra è tradizionalmente preceduta da Oṃ e dalla mahāvyāhṛti, composta da Bhūḥ, Bhuvaḥ e Svaḥ.
Le tre espressioni sono prese come i nomi di tre mondi: Bhūḥ, il terrestre; Bhuvaḥ: il mondo che collega la dimensione terrestre a quella celeste; Svaḥ: la dimensione celestiale superiore. Questi sono i nomi dei primi tre dei sette vyāhṛti o mondi superiori della cosmologia Hindū. Da un punto di vista meditativo, Bhūḥ, Bhuvaḥ, Svaḥ hanno il Significato dei livelli di stato dell’Essere. Il mantra è considerato non diverso dall’entità divina che ne forma il contenuto….”[1]
Proponiamo la lettura della sezione dedicata Gāyatrī-Sāvitrī al link:
savitri gayatrimantra
Inoltre, per celebrare questo momento speciale del ciclo vitale, offriamo ai nostri lettori, come spunto di riflessione e concentrazione, il contributo di Kenan Digrazia sulla Gāyatrī.
La mistica della Gāyatrī
“«Non c’è nulla di più sublime della Gāyatrī» affermano le autorevoli ed antiche leggi di Manu (II, 83).
In effetti, se volessimo sintetizzare l’intera costellazione spirituale induista in un solo mantra, sicuramente nessun altro farebbe più al caso nostro della Gāyatrī, che sgorga ogni giorno, mattina e sera senza sosta, dalle labbra di innumerevoli folle di fedeli, di yogin e di asceti sparsi in tutto il mondo, sin da epoche remotissime.
Attraverso questo breve scritto, desideriamo fornire, a chi avrà la pazienza di seguirci nel nostro piccolo ma intenso viaggio, un’introduzione ad uno “scrigno” di conoscenze scarsamente note, soprattutto in Occidente.
In tal modo, ci piace pensare di poter accrescere, anche se di poco, la conoscenza spirituale e, di conseguenza, il grado di consapevolezza del cammino del lettore in relazione a questo mantra importantissimo. Naturalmente, tutto dipenderà dal desiderio del lettore di approfondire e di investigare i testi ed i riferimenti – da noi qui solo accennati per brevità – requisito essenziale per “digerire” la materia proposta.
Cominciamo dal nome. Con gāyatrī (iniziale minuscola, in devanāgarī गायत्री) s’intende un sostantivo femminile sanscrito che indica un antico metro poetico composto da ventiquattro sillabe disposte secondo una terzina di otto sillabe ciascuna.
Con tale metro furono composti numerosi inni vedici, in particolare la stanza del Ṛg Veda [RV] III, 62, 10 (con autore il venerato Mahaṛṣi Viśvāmitra), che sin dalla sua stesura assunse una grande importanza nell’ambito dell’antico fenomeno religioso vedico, prima fase storica dell’unitaria tradizione Hindū.
Questo mantra è quindi appellato con Gāyatrī (iniziale maiuscola), o anche con il nome di Sāvitrī, in quanto dedicato a Savitṛ, che vedremo non essere proprio esattamente il Sole, come invece spesso si trova scritto. Prima di coglierne l’importanza, dobbiamo specificare che un mantra non è una formula magica e neppure una frase puramente logica: esso collega, in modo particolare, attraverso l’unione delle facoltà intellettive, volitive e locutive dell’individuo, la spiritualità del singolo e la realtà presa nel suo insieme.
Mantra deriva da man-, “pensare”, da cui manas, mente e, infatti, si tratta di un atto locutivo, illocutivo e perlocutivo (J. L. Austin), nel quale dalla mente scaturisce la parola, seguita dal respiro vitale: una riproposizione della struttura dell’Essere al livello “interiore”.
In esso scorgiamo la sublimazione del desiderio di trascendere il tempo per mezzo della “ricapitolazione” dello stesso (vedi M. Eliade, Il mito dell’eterno ritorno).
Si tenga presente che l’efficacia di un mantra dipenderà sempre dall’autorità spirituale di colui che lo pronuncia, come ci insegna il famoso exemplum del re Janaka. Janaka, re di Videha, presente in molte Upaniṣad, chiede ad un suo ministro di culto (alcuni dicono lo stesso Viśvāmitra) di insegnarli il suo mantra.
Al rifiuto del ministro, il re insiste. Allora il brahmano ordina ad un paggio che si trova lì vicino di arrestare il re.
Questi non si muove. Il re va su tutte le furie, ordinando al paggio di arrestare il ministro. Alla pronta esecuzione dell’ordine, il ministro scoppia a ridere, esclamando: «i nostri ordini erano gli stessi ed anche colui che li riceveva.
Eppure in un caso il comando non fu eseguito, mentre nell’altro sì!». Volendo significare che un mantra autentico non dipende soltanto dal modo in cui lo si pronuncia, ma anche dalla continuità fisica (dev’essere insegnato da un ācārya qualificato), e soprattutto, da fede e consapevolezza personali del discepolo. Ecco perché quando ci si avvicina alla Gāyatrī è di vitale importanza comprenderne l’efficacia attraverso lo studio del suo significato, iniziando dalle spiegazioni che la stessa Scrittura, la śruti, ne dà, per poi proseguire eventualmente nell’alveo di un insegnante spirituale….”
Il testo completo è liberamente scaricabile in formato pdf al seguente link:
La mistica della Gāyatrī
Sempre in tema, il Sūrya Namaskāra mantra | सूर्य नमस्कार मंत्र |:
ॐ मित्राय नमः Oṃ Mitrāya Namaḥ
ॐ रवये नमः Oṃ Ravaye Namaḥ
ॐ सूर्याय नमः Oṃ Sūryāya Namaḥ
ॐ भानवे नमः Oṃ Bhānave Namaḥ
ॐ खगाय नमः Oṃ Khagāya Namaḥ
ॐ पूष्णे नमः Oṃ Pūṣṇe Namaḥ
ॐ हिरण्यगर्भाय नमः Oṃ Hiraṇyagarbhaya Namaḥ
ॐ मरीचये नमः Oṃ Marīcaye Namaḥ
ॐ आदित्याय नमः Oṃ Ādityāya Namaḥ
ॐ सवित्रे नमः Oṃ Savitre Namaḥ
ॐ अर्काय नमः Oṃ Arkāya Namaḥ
ॐ भास्कराय नमः Oṃ Bhāskarāya Namaḥ
che può essere ascoltato e recitato al link:
youtube
La pratica di Sūrya Namaskāra[2], nell’insegnamento di Śrī Svāmī Sivananda, consultabile al link:
sivanandaonline.or
Alla divinità solare è dedicata la Sūrya Upaniṣad सूर्य उपनिषत्[3] dell’ Atharva Veda. E’ possibile ascoltarla come mantra recitato al link:
youtube
Consigliamo, infine, di prendere visione dell’insegnamento di Yogacharya Ananda Balayogi Bhavanani,
“Scintillating Saturdays”, Session 4 with Dr Ananda on the Vedic Suryanamaskar of Gitananda Yoga , in :
youtube

Fabio Milioni

[1]Tratto da svadhyaya japa e gayatri savitri mantra/ pg. 18
[2]In lingua inglese, ella quale è in preparazione la versione autorizzata in italiano, di prossima pubblicazione.
[3]Testo originale scaricabile al link: sanskritdocuments.org
Traslitterazione IAST e traduzione in inglese a link:
australiancouncilofhinduclergy.com